Home Page di ethanricci.cloud - Collegamento a sito esterno Clicca per accedere alla sezione...
Clicca per accedere alla sezione...
Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione...
Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione...
Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca per accedere alla sezione... Clicca Clicca per accedere alla sezione...
Contattaci!
Aggiornato Giovedì 31-Ago-2006

RAGAZZE IN UNIFORME
Titolo originale:
Mädchen in Uniform
Genere:
Drammatico
Sezione nel sito:
A proposito di... Cinématographe
Provenienza, anno, durata, ecc.:
Germania, 1931, 95-88’, b/n
Regia:

Interpreti principali:
Hertha Thiele, Dorothea Wiech, Ellen Schwannecke, Emilia Unda e Hedwig Schlichter

 

 

LA TRAMA DELLA VERSIONE ORIGINALE...

(Liberamente tratta dal sito Donne e conoscenza storica)

 

Il film è diviso in tre parti.

Nella prima parte c’è la vita del collegio prussiano di Potsdam dove sono ospitate le figlie di ufficiali dell’esercito prussiano. Come dice la direttrice: “il compito dell’istituto è educare le giovani a diventare madri di soldati”.

Arriva Manuela von Meinhardis (Thiele) che ha appena perduto la madre e il padre non si può occupare di lei. La ragazza impara a conoscere la rigida disciplina del collegio.

I capelli delle giovani devono essere tirati dietro la nuca o tagliati sotto le orecchie, i vestiti spariscono sotto l’uniforme a righe che copre metà polpaccio, è proibito ricevere i cibi da casa, non si possono inviare lettere attraverso la posta esterna.

Tuttavia, in questo clima soffocante attraverso il quale si vorrebbe proprio impedire l'affermazione di una socialità collaborativa e solidale ma anche lo svilupparsi autonomo delle singole individualità, nascono amicizie, le ragazze scherzano, ridono, vi è accordo, sostegno reciproco. Manuela si affeziona alle compagne ma la mancanza della madre la rende inconsolabile.

La ragazza è assegnata alla camerata di un’insegnante molto speciale: Fräulein Von Bernburg (Wieck); eccitate le compagne le raccontano che è una donna meravigliosa e che tutte sono innamorate di lei.

Nella seconda parte Manuela incontra la signorina von Bernburg e alla sera, quando la camerata è pronta per la notte, scopre che saluta le ragazze una ad una con un bacio del quale tutte sono in attesa. Arrivia il suo turno ed Manuela l'abbraccia quasi rifugiandosi fra le sue braccia. Uno scambio di battute e la signorina viene a sapere che la ragazza è senza madre. È in quel momento che la bacia teneramente sulla bocca. In Manuela rinasce la felicità, esplode l'amore.

Prosegue la scuola. Insegnante e allieva si vedono in classe durante l’ora di religione, materia insegnata dalla signorina von Bernburg. Sguardi e turbamenti, Manuela è sempre impreparata.

Manuela è convocata dall’insegnante che la rimprovera per la gonna stracciata trovata nel suo guardaroba. Manuela le confessa che in famiglia non potevano permettersi altro. La signorina le regala una gonna e le chiede se ha nostalgia di casa. Manuela risponde e, a poco a poco, le confessa il suo amore, si getta ai suoi piedi e accorata lamenta la gelosia per le ragazze che la sostituiranno. L’insegnante la fa alzare dicendole che è troppo emotiva e prima di congedarla le dice che anche lei la pensa.

Nella terza parte, il collegio organizza una recita teatrale: va in scena il “Don Carlos” di Schiller. Manuela viene scelta per la parte del principe ereditario al trono di Spagna, figlio di Filippo II, che attraverso le sublimazioni del drammaturgo diventa eroe tragico accusato ingiustamente e condannato a morte dal padre per avere amato la quarta e giovane moglie di lui.

La recita si conclude benissimo con riconoscimenti delle insegnanti e della direttrice. Per festeggiare, Manuela, resa euforica dal successo, beve il pessimo punch offerto dal collegio che le altre si rifiutano di bere. Un’amica le mostra sul braccio un cuoricino intrecciato con le iniziali del nome della signorina von Bernburg, in Manuela, ubriaca, scatta l’impulso a confessare pubblicamente il suo amore per l’insegnante, l’amore speciale che l’altra forse ha per lei, prova ne sia la gonna che ha ricevuto in dono! Cade il gelo fra le ragazze e in quel momento entra la direttrice che le chiede se è impazzita. Manuela ancora di più proclama il suo amore per l’insegnante.

Manuela sparisce dopo un colloquio con la signorina che le spiega che lei non può amarla “così tanto”. Mentre la signorina von Bernburg è costretta a difendersi dalla direttrice (le dice: “Quello che voi chiamate peccato, Preside, io lo chiamo il grande spirito dell’amore che ha mille sfaccettature”), le ragazze cercano Manuela e la trovano appoggiata alla ringhiera dell’ultimo piano, le ragazze riescono ad afferrarla prima che si lanci nel vuoto.

Il film si conclude sul commento che i fatti avrebbero potuto essere peggiori, la direttrice è ripresa mentre si allontana sconfitta, anche l’andatura esprime la perdita dell’autorità.


“IL FINALE”


Due distributori americani acquistarono la pellicola e d’accordo con l’Hays Office ne cambiarono il finale che in USA corrispose al suicidio di Manuela. La storia vera e il dramma teatrale dal quale “Ragazze in uniforme” è tratto, finivano tragicamente. Léontine Sagan, pur non avendo intenzione di usarle, girò ugualmente le scene che in seguito furono utilizzate per modificare la versione americana del film.

 

 

Da “Lo schermo velato” di Vito Russo

 

Nel 1931 due giovani produttori, Gifford Cochran e John Krimsky, videro in un cinema di Parigi il film di Léontine Sagan e subito ne comprarono i diritti per l’America. Due settimane dopo seppero che i censori avevano visto il film a New York e avevano rifiutato il visto, e immediatamente Krimsky s’imbarcò per New York, deciso a difendere la loro proprietà. “Ragazze in uniforme”, adattato da un dramma anti-autoritario di Christa Winsloe (alias baronessa von Hatvany) “Gestern und heute” (“Ieri e oggi”), tratta dell’amore di una sensibile studentessa (Herta Thiele) per la sua comprensiva insegnante, Fräulein von Bernbourg (Dorothea Wieck), in un collegio di Potsdam per le figlie di ufficiali prussiani impoveriti. Manuela rivela la sua passione in un momento di ubriachezza dopo lo spettacolo della scuola, ed è costretta a rimanere isolata dalla preside della scuola che grida “ein Scandale!” e confina Manuela nell’infermeria dell’istituto. Nella versione teatrale, Manuela si getta dalla finestra del secondo piano e muore. La preside, all’annuncio della notizia, dice fra sé e sé tranquillamente: “Che incidente disgraziato. Dobbiamo subito avvertire la polizia...” e il sipario si chiude. Il film venne presentato in due versioni. Nella maggior parte dei paesi “Ragazze in uniforme” finiva con il salvataggio di Manuela da parte delle compagne di scuola, mentre la ragazza era sul punto di gettarsi dalla tromba delle scale, una sorta di spirale al centro dell’edificio che la Sagan usa come un elemento centrale del film, fin dall’inizio una sorta di simbolo del destino. Ma come sottolinea Margaret Kennedy in The Mechanized Muse, “la versione di Ragazze in uniforme proiettata ovunque negli Stati Uniti finiva con una ragazza psicologicamente distrutta che si buttava dall’alto dell’istituto, morendo sfracellata ai piedi della preside malvagia”.

L’amore lesbico è uno degli argomenti chiave della vicenda. La Winsloe, poetessa molto famosa in Germania, era stata l’amante della giornalista Dorothy Thompson; nel 1944 fu uccisa a Vichy, in Francia, dopo una vita trascorsa a scrivere sul fascismo e a combatterlo. “Ragazze in uniforme” attaccava il conformismo e la tirannia sulle menti e sugli affetti delle persone, e usava il lesbismo come un mezzo di ribellione contro l’autoritarismo, proprio come Lillian Hellman lo usava nel suo dramma “La calunnia” per attaccare l’uso di calunnie distruttive come vere e proprie armi. Eppure il lesbismo sta alla base di “Ragazze in uniforme” con molta maggiore naturalezza di quanto avvenga nel melodramma della Hellman. Ed oltre ad essere uno dei pochi film ad avere una sensibilità intimamente gay, è anche uno dei pochi ad essere stato scritto, prodotto e diretto da donne. In questo modo il film mostra una comprensione - assente dalla maggior parte dei film che toccano l’amore lesbico - della dinamica dei rapporti fra donne. E proprio come “La calunnia” di Lillian Hellman venne in un primo tempo utilizzato da Hollywood privo dell’elemento centrale della storia, i censori americani dapprima condannarono completamente “Ragazze in uniforme” e poi accettarono una versione che rendeva il lesbismo un fatto di interpretazione soggettiva.

La prima relazione del censore su “Ragazze in uniforme”, che porta la data del 24 maggio 1932, negava al film il visto perché “Manuela viene salvata dalle compagne, la maggior parte delle quali si sono abbandonate a questi eccessi o provano comprensione per i suoi desideri repressi. Molte scene intime che descrivono la vita in collegio rivelano la prevalenza delle relazioni anormali...; queste, insieme alla particolare vicenda dell’affinità di Manuela con la sua insegnante, rendono il film assolutamente disadatto ad una visione in qualsiasi cinematografo”. Quando John Krimsky arrivò a New York da Parigi, incontrò i membri dell'Hays Office e concordò alcuni tagli che avrebbero messo in ombra la sensualità della relazione fra Manuela e l’insegnante. Il film venne approvato nell’agosto del 1932 con questi tagli:

Bobina quattro: eliminare tutti i primi piani del volto di Manuela, che guarda Miss von Bernbourg in classe.

Bobina cinque: eliminare la frase di Manuela: “La sera, quando lei mi da la buona notte ed esce dal mio letto e chiude la porta, devo sempre fissare la porta nell’oscurità, e poi mi piacerebbe alzarmi e venire da lei, ma questo non mi è permesso. E poi penso che diventerò grande e dovrò lasciare la scuola e lei invece resterà qui e ogni notte darà il bacio della buona notte ad altre ragazze”.

Venne anche eliminata, dalla bobina nove, in cui la preside definisce l’affetto di Manuela “un peccato”, la replica della von Bernbourg: “Quelli che voi chiamate peccati, preside, io li chiamo il grande spirito dell’amore, che ha migliaia di forme”. Eliminando questo, con un atto di natura politica, si riusciva a cancellare ogni difesa di queste emozioni e perciò si distorcevano le intenzioni della Winsloe e della Sagan. La parola lesbismo venne usata pochissime volte nella polemica che seguì. In un’intervista al “New York Herald Tribune” nel settembre 1932, Krimsky disse: “Non credo che ci sia nulla dello spirito di The Captive nel nostro film, dal momento che tratta esclusivamente dei problemi dell’adolescenza. Se voi dite che ha un taglio simile a quello di The Captive, dovrete arrivare alla conclusione che in ogni scuola femminile del mondo è presente il tema di The Captive”. Questa possibilità impensabile offre lo spunto di base ai servizi giornalistici sulla vicenda, molti dei quali ripresero il punto di vista deliberatamente distorto di Krimsky, secondo cui solo gli omosessuali avrebbero trovato l’omosessualità in “Ragazze in uniforme”.

Bland Johnson sul “Mirror” di New York scrisse: “Alcuni spiriti originali della nostra comunità avevano sparso la voce che Ragazze in uniforme fosse una specie di versione cinematografica di Well of Loneliness. Così tutti gli sperimentalisti nostrani sono corsi a vederlo l’altra sera, ma sono rimasti sorpresi. Questa è una piccola storia semplice, pulita e sana di cotte da ragazzine”. Al Sherman, il critico cinematografico del “Telegraph” di New York, scrisse: “Ci sono alcuni che sostengono di vedere, nella vicenda del film, un accenno alla nevrosi che sta alla base di The Captive. Se questo è vero, ogni amicizia adorante di un ragazzo per chi è più grande di lui, diventa perversione, mentre le folli cotte di ragazzine adolescenti si dimostrano niente di meno che una discesa freudiana nel lesbismo”. Finalmente, la parola!

Ma negare uno dei temi centrali del film era fin troppo facile: dopo tutto i censori, con l’aiuto di Krimsky, avevano già eliminato dal film le prove più evidenti di lesbismo. “Ragazze in uniforme” è un classico esempio di come la società americana ha volutamente rimosso l’esistenza del comportamento omosessuale, raddrizzando le eventuali “storture” per dormire sonni più tranquilli. I censori eliminarono il lesbismo, i critici dissero “Guarda un po’, qui non c’è” e chiunque continuò a vederlo venne etichettato come pervertito. Nei tardi anni Settanta John Krimsky continuava a controllare i diritti di “Ragazze in uniforme” e non permetteva che il film venisse proiettato in qualsiasi situazione in cui avrebbe potuto essere pubblicizzato come film sul lesbismo impedendo perciò che venisse presentato ai festival cinematografici lesbici e in altre manifestazioni di donne.

 

 

Da “Dolci sorelle di rabbia – Cento anni di cinemadonna” di Pino Bertelli

 

È un film abbastanza grezzo, incerto nell’attorialità (approssimativo nel montaggio e fotografato male, che sfodera un notevole coraggio nell’affrontare alla gola la sofferta omosessualità di una studentessa, Manuela von Meinhards (Herta Thiele) con la sua insegnante, la signorina von Bernburg (Dorothea Wieck). La storia si svolge in un collegio di Potsdam per figlie di ufficiali prussiani decaduti.

La Sagan non tradisce lo spirito antiautoritario del dramma di Christa Winsloe, “Gestern und Heute”, sotto un certo taglio lo amplifica e in qualche modo annuncia l’imminenza del totalitarismo nazista. Nella copia più vista, dopo aver dichiarato il suo amore alla signorina von Bernburg, Manuela tenterà il suicidio ma sarà salvata dalle compagne che si contrappongono minacciosamente alla direttrice (negli Stati Uniti circola una copia di “Ragazze in uniforme” dove la ragazza si getta da una finestra del collegio e si schianta ai piedi della perfida direttrice). Intanto nel cortile della caserma vicina, squilli di tromba riassettano i soldati nei ranghi. L’ordine prima di tutto e soprattutto. È la facciata del nazionalsocialismo che non è solo il passo dell’oca, efficienza della burocrazia, gaiezza della gioventù ariana; ma è sopra ogni cosa tollerabilità del ruolo, difesa a oltranza dei valori - Dio, Patria, Esercito, Famiglia - come boccascena/alveo della politica del restauro e del riscatto dell’ordine duro.

“Ragazze in uniforme” non è solo la descrizione pulita di un amore senza tabù, è anche un atto di accusa contro ogni autorità. La direttrice della scuola è il vecchio spirito guerrafondaio prussiano... nel collegio di Potsdam gira sempre con un bastone e dirama ordini del giorno che ricordano i gloriosi tempi della guerra dei sette anni. Irritata, ad esempio, dalle lamentele per la scarsezza del cibo, proclama: «ci risolleveremo attraverso la disciplina e la fame, la fame e la disciplina». Di lì a poco, l’ombra schizoide di Hitler farà del mondo carne da cannone.

La critica su “Ragazze in uniforme” è piuttosto variegata e superficiale. Dall’apoteosi della perfezione tecnica (che non c’è!), si passa alla citazione approssimativa, confezionata su moduli del linguaggio teatrale, e se è vero che il film della Sagan è una delle poche opere del cinema europeo (prima del diluvio bellico) ad avere una sensibilità intimamente gay, occorre dire che “Ragazze in uniforme” non è stato “scritto, prodotto e diretto da donne”, soltanto. La grandezza del film ci pare essere nella trattazione indiretta, nell’assemblaggio di atmosfere anelanti la libertà e voglia di vivere la propria vita. L’interezza della propria sessualità. L’epicità del dettaglio, la significazione ironica di certe sottolineature antiautoritarie, l’estrema secchezza della storia evidenziano il carattere della produzione indipendente e questa provvisorietà artistica è anche l’intimo, profondo valore del cinema irregolare.

Il realismo nudo e antipatriottico di “Ragazze in uniforme” non sfuggì ai censori nazisti e la Sagan fu costretta all’esilio. Si rifugiò in Francia e cercò di adattare per il cinema il dramma di Jean Cocteau, “La voix humaine”. Poi si recò in Inghilterra e realizzò un film su tematiche simili a “Ragazze in uniforme”, andò a scrutare i costumi e le “devianze” degli studenti di Oxford con “Men of tomorrow” (Uomini di domani, 1932). Un lavoro incolore. Senza lo smalto né i furori polemici che avevano accompagnato la sua opera prima. L’insuccesso fu di quelli pesanti e la Sagan si ritirò in Sudafrica. Lì curò la regia teatrale di alcuni testi di G .E. Shaw e morì quasi dimenticata nel 1974, a Pretoria (Sudafrica). Forse perché aveva portato sulla tela puttana del cinema l’umanità dei corpi in amore che venivano schiacciati nella disumanità dell’ideologia.

 

 

Sul già citato ed illuminante “I grandi libri del cinema: storia completa del cinema mondiale dal 1895 al 1977” (2 volumi - Rizzoli Editore) apprendiamo che il film «è sopravvalutato forse perché il regista è una donna, ma comunque interessante per il modo come descrive gli ambigui rapporti fra una professoressa e la sua allieva, con una rappresentazione della sessualità velata ma penetrante. Le interpreti, attirate da una passione innaturale l’una verso l’altra, sono Dorothea Wiech ed Herta Thiele».

Una volta di più è lecito domandarsi: ma dagli anni Settanta ad ora, in fondo, cos’è cambiato in Italia?

 

 

Adattato dal dramma di Christa Winsloe (alias baronessa von Hatvany) “Gestern und heute” (“Ieri e oggi”).

 

 

È il primo ed unico film tedesco di Léontine Sagan che aveva già curato un’edizione teatrale di “Ragazze in uniforme”.

I sottotitoli per la versione francese del film furono tradotti da Colette.

La pellicola che si trova attualmente in commercio è quella originale nella quale Manuela è salvata.

Remake di Géza I. von Radványi nel 1958, con il medesimo titolo.

La regista e scrittrice Katherine Brooks, ha realizzato di questo film un remake, "Loving Annabelle", con Erin Kelly e Diane Gaidry.
Rispetto all'originale, sia la storia che il finale sono attualizzati. Annabelle, figlia ribelle di una senatrice americana che aspira a diventare la prima donna presidente, viene messa dalla madre in una scuola cattolica. Qui si innamora della sua insegnante di poesia e affronta le derisioni delle sue compagne, ma non rinuncia a flirtare con lei. Simone, l'insegnante, esita ad accettare la relazione proibita non solo dall'etica scolastica, ma anche dalla legge, che definisce stupro i rapporti sessuali tra una donna di 35 anni e una ragazza di 17.
La regista confessa di essersi fatta prendere un po' la mano e la pellicola, girata in appena 18 giorni, alla fine ha dovuto subire una riduzione di ben 20 minuti. L'edizione integrale, comunque, sarà disponibile in Dvd a Settembre.
Sulla programmazione del film, che sarà proiettato al Festival di Cinema Lesbico di Parigi del 27-30 Ottobre 2006, vedi: http://www.lovingannabelle.com/.

 

Le immagini di fiLmES sono tratte prevalentemente da materiali fotografici e grafici preesistenti, cartacei o web, modificati e riadattati dall'autrice. La riproduzione parziale e non a scopo commerciale del materiale pubblicato (immagini e testi) è consentita citando la fonte (indirizzo web) e l’autore (Cinzia Ricci o altri), diversamente tutti i diritti sono riservati.

by www.cinziaricci.it oggi ethanricci.cloud

Questo sito, testato principalmente con Firefox, Internet Explorer e Safari, è privo di contenuti dannosi per i computer. On-line dal 2003, nel 2015 diviene antologico, da allora non viene aggiornato. Gli odierni Browers non supportano più gran parte dei materiali multimediali prodotti prima di tale anno, le numerose pagine che sembrano vuote in realtà contengono tali contenuti ormai non più fruibili - ne siamo dispiaciuti. Risoluzione schermo consigliata: 1024x768.