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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Girovagando in rete, casualmente sono entrata nel blog “L’ECCEZIONE… DI GENERE FEMMINILE!” dove, fra altri post interessanti, mi sono imbattuta in questo “editoriale” scritto dalla sua moderatrice. Il testo, ricco d’informazioni e immagini, mi è parso particolarmente significativo perché non solo parla del fenomeno della violenza che le persone LGBT* subiscono in tutto il mondo ma, sorprendentemente, “ricorda” l’aggressione che ci ha personalmente coinvolte il 18 Aprile 2004, giustamente menzionandola tra i fatti più gravi degli ultimi anni. Non tutti hanno la memoria corta. Grazie a loro, e a lei, continuare a lottare ha ancora senso.

 

"La Bibbia contiene 6 ammonimenti agli omosessuali e 362 agli eterosessuali. Questo non significa che Dio non ama gli eterosessuali, è solo che loro hanno bisogno di maggiore supervisione".

(Lynn Lavner)

23 Agosto 2005

 

“LOVE IN ACTION”: QUANDO “L’AMORE” ENTRA IN AZIONE - LA STORIA DI ZACH NELLA CLINICA “REFUGE”

 

Spesso si racconta, sui giornali, in tv, nei media in genere, del poco amore di certi figli nei confronti dei loro genitori, del loro precoce malessere di vivere. La storia di Zach Stark è l’esempio più eclatante che invece a volte sono proprio i genitori a non amare i propri figli, chiamando “amore” il loro “non amore”.

Zach è un sedicenne americano che frequenta una scuola superiore in un piccolo paese nel Tennessee. I suoi problemi con i genitori iniziano quando rivela loro la propria omosessualità. I genitori gli “propongono” di iscriverlo ad un corso per la “riabilitazione di omosessuali” in una “clinica” cristiana americana antigay, “Refuge”, gestita dall’associazione religiosa “Love in Action” (“Amore in Azione”). Se Zach avesse seguito in silenzio la strada di tanti suoi coetanei, forse nessuno avrebbe saputo nulla della sua storia. Invece, il 29 maggio 2005, lancia un grido d’aiuto dal suo blog “Myspace”, una specie di diario personale on-line.

Ecco alcune parti del suo ultimo post: «Ho avuto un lungo colloquio con mia madre e mio padre. Mi hanno annunciato di avermi iscritto ad un programma organizzato dagli integralisti cristiani per i gay. Mi hanno detto che sono una grande delusione per loro, e che la strada su cui mi sono messo non è quella che Dio ha tracciato per me. Perciò sono qui in lacrime». Zach continua: «Sì, ero sconvolto ieri… ma ho trovato una mail sulle regole e i regolamenti del programma. I miei genitori mi hanno mentito. Mi hanno detto che non sapevano com’erano esattamente le regole, e invece questa mail è stata ricevuta ben prima (del 29 maggio, quando scrive, ndr). Ora capisco perché hanno detto di non sapere che regole fossero… È come un campo militare… ma peggio. Ovviamente io non dovevo essere a conoscenza di questo… Vedere in basso dove dice “Regole per i genitori da non darsi al Cliente” (cioè a me, Zach). Anche se dovessi venirne fuori etero, sarei talmente depresso e instabile che non sarebbe servito a nulla. Prego perché tutto questo finisca presto… non sono uno che si toglierebbe la vita, non sono uno da suicidio, credo sia stupido, ma al momento non riesco proprio a pensare ad altro - no non mi voglio uccidere - ma non faccio altro che pensare ad ammazzare me e mia madre». E poi: «Non vi preoccupate, ce la farò. Hanno detto che le cose andranno meglio, sia che il programma funzioni o no. Speriamo solo che non stiano mentendo».

Questa vignetta di Mikhaela Reid per il Boston Phoenix, sintetizza in modo sorprendente come alcuni genitori abbiano a cuore la felicità dei propri figli.

“Dopo sei eccitanti settimane al campo di terapia riparativa, il piccolo Jimmy si è ucciso, salvando i suoi genitori dalla vergogna di avere un figlio gay!”

Le regole dettate dall’associazione “Love in Action”, inserite da Zach sul suo blog in “Myspace”, sono assurde. Si passa dal divieto di ascoltare Madonna, Britney Spears, Bach e Beethoven, al divieto di indossare indumenti di Calvin Klein (per citare una marca tra quelle proibite). Di notte non si può dormire indossando magliette con maniche corte, ma solo con maniche lunghe; ai ragazzi è concesso di portare soltanto l’orologio, mentre per le ragazze sono leciti gli orecchini, ma uno solo per ciascun orecchio. Le ragazze devono indossare gonne lunghe o sotto al ginocchio, ed è obbligatorio radersi gambe e ascelle due volte alla settimana. Sono concesse soltanto strette di mano: è vietato ogni genere di contatto fisico, tranne una pacca sulla spalla che però non può assomigliare ad una carezza. Ogni ragazzo è obbligato a tenere un diario personale (chiamato “inventario morale”) su ciò che fa durante la giornata, in cui deve annotare anche la propria lotta contro le tentazioni per persone dello stesso sesso nel corso degli anni. Questo diario deve poi essere letto durante gli incontri di gruppo all’interno di “Refuge”. Non si può chiudere nessuna porta e non si può restare in bagno più di 15 minuti. Divieto assoluto di parlare delle regole del Campo (di concentramento?) con gli altri ragazzi e ragazze, divieto assoluto di instaurare rapporti d’amicizia. Proibiti Internet e la Tv. Ogni ragazzo è tenuto a riferire (è nazismo, a dir poco) se un altro ragazzo abbia comportamenti contrari alle regole citate e “anche a quelle non citate” (!). I “clienti” sono obbligati a partecipare alle funzioni religiose e a mantenere un atteggiamento positivo e grato, sempre. Ogni mattina tutti i ragazzi devono sottoporsi ad una ispezione di quella che viene definita “falsa immagine” (l’immagine di sé gay/lesbica), nel corso della quale vengono ispezionati libri, borse, appunti. etc. Se si è in possesso di oggetti definiti “irregolari” (che riconducono ad un’immagine gay/lesbica), il materiale viene sequestrato.

Un'altra vignetta anti-gay.

Questo messaggio disperato è stato raccolto dagli utenti che frequentavano il blog di Zazh (che ha più di 213 blog amici linkati): da link in link, da blog in blog, il suo “spazio” virtuale in pochi giorni ha ricevuto migliaia di visite. Al messaggio del ragazzo hanno risposto oltre duemila persone, esprimendogli il loro appoggio e la loro solidarietà. Alcuni, che hanno sperimentato il campo “Refuge”, ribattezzato “Camp Hetero Horror”, raccontano su Dailykos.com le pressioni e le vessazioni subite. Le denunce hanno indotto la polizia del Tennessee ad aprire un’indagine sulla cosiddetta clinica “Refuge”, gestita senza licenza.

Dopo l’interesse che il messaggio del figlio aveva suscitato, sia on-line che sui giornali (New York Times, Washington Post, etc.) e sulle televisioni nazionali ed internazionali, il padre di Zach, Joe Stark, è apparso sull’emittente cattolica CBN (Christian Broadcasting Network). Ha sostenuto: «Finchè Zach non compierà 18 anni, secondo la legge del Tennessee io sono responsabile della sua tutela, e voglio che si renda conto delle conseguenze che dovrà subire se continuerà con il suo distruttivo stile di vita omosessuale. Voglio offrigli una possibilità di recupero».

Reverendo John Smid

La Clinica “Refuge” è diretta dal Reverendo John Smid, che ha dichiarato di essere stato anche lui gay, oggi felicemente sposato con una donna, ammette di essere ancora attirato dai giovani ma assicura di aver per sempre rinunciato allo stile di vita gay. Dopo aver ricevuto circa 80 mila e-mail di protesta in favore di Zach, ha dichiarato che «Ha deciso di essere liberato. Ma forse neppure lui lo vuole, forse non ha la personalità adatta per sopportare tutto questo». La polizia però lo accusa di praticare terapie psichiatriche senza la qualifica professionale necessaria. Ovviamente a difendere il reverendo si sono schierati una marea di avvocati reclutati (è proprio il caso di scriverlo) dalle organizzazioni cristiane. Love in Action, modificando una parte del suo sito, ha sostenuto che il reverendo fa solo il suo “lavoro” di pastore e che i giovani “ospiti” di “Refuge” non sono sottoposti a cure ma a “consigli morali e spirituali”.

Jerry Falwell, il reverendo che ha “venduto” a Bush circa tre milioni di voti in cambio di leggi contro l’aborto e leggi che vietassero a persone dello stesso sesso di sposarsi, si è sentito di intervenire prontamente a favore di “Love in Action” proclamando che «Lasciare che un ragazzino manifesti liberamente le sue tendenze omosessuali sarebbe come permettergli di giocare sull’autostrada».

Un cristiano integralista manifesta con cartelli di odio contro i “finocchi”, affiancato da due ragazzi che lo contestano con magliette che portano la scritta “Lui è gay”.

La fondazione Exodus raccoglie fondi per dimostrare attraverso “una ricerca scientifica ispirata dalla fede” che l’omosessualità non è irreversibile.

Da tutto ciò poteva stare fuori Hollywood? Certo che no.

La madre dell’attrice Anne Heche, la psicologa Nancy Heche, ha dichiarato che la figlia – la quale ha avuto una relazione di tre anni con la collega Ellen DeGeneres - ora vive felicemente con un uomo. È pronta a testimoniarlo anche all’imminente Exodus International’s Freedom Conference che si terrà a Asheville (N.C.) un convegno fondamentalista cristiano sull’omosessualità cui parteciperanno anche i genitori di molti ragazzi che hanno seguito il “programma cura” di “Love in Action” nel Campo di recupero per omosessuali “Refuge”.

Poteva mancare uno spogliarellista per provare a tutti che tutto si può? Certo che no, ed ecco il doppio “miracolo” di “Love in Action”. Un ex spogliarellista in un locale gay asserisce di aver trovato Dio e che ora, avendo sposato una “lesbica pentita”, sta per diventare un padre felice: «Ero disperato, sprofondato in un abisso di sesso e droga, i miei amici morivano di aids, ma con la fede cristiana ho scoperto le gioie della famiglia».

Il Dottor Jack Drescher dell’APA (American Psychiatric Association), che si occupa di problematiche gay, lesbiche e bisessuali, ha puntualizzato che dai campi come “Refuge” si può uscire solo peggio di come si è entrati. Per questo l’associazione professionale di cui fa parte ha rigettato già dal 2000 regimi quali la terapia riparatoria o di conversione, chiarendo che non hanno alcun fondamento scientifico.

Lo scrittore Wayne Basen, ispirato da una storia molto simile a quella di Zach, ha scritto il libro “Tutto tranne che normali” e ha dichiarato: «I fanatici che tormentano Zach dovrebbero essere arrestati per abuso di minore».

Dalla parte di Zach si sono schierate tutte le organizzazioni per i diritti umani e le associazioni LGBT come la Queer Action Coalition che ha organizzato diverse manifestazioni per la liberazione di Zach.

Una manifestazione di protesta organizzata da Queer Action Coalition

Zach, uscito da “Refuge” il 2 agosto 2005, è tornato a scrivere sul suo blog “Myspace”. Ha cancellato tutti i suoi interventi prima del 2 agosto, e gli oltre duemila messaggi che avevano lasciato ragazzi e ragazze come lui per sostenerlo. Tutto cancellato, anche la frase che introduceva al suo blog: “Stereotipatemi, se osate”.

Ora Zach scrive: «Love in Action è stata mal rappresentata e ciò che ho postato nei miei blog è stato considerato fuori della prospettiva e dal contesto. Non ritiro le cose che ho detto, né voglio fingere che non sia mai accaduto. L’ho fatto... L’omosessualità è ancora un fattore della mia vita, ma non è chi sono io, non lo è mai stato... Sono al centro di eventi molto discussi, e non voglio che il mio blog diventi questo». Da qui l’invito a non riprendere argomenti precedenti a questo post; altrimenti, avverte, si troverà costretto a cancellarli. Poi prosegue: «Sono ancora vivo. Non credo che mi sia stato fatto il lavaggio del cervello. È quasi insultante pensarlo... Se sembro un po’ frustrato, beh, probabilmente lo sono». E continua scrivendo: «Mi manca la mia vecchia vita. Se potessi, vorrei tornare indietro nel tempo e non aver detto niente... È difficile reintegrarmi nei gruppi di amici in cui ero, non per i cambiamenti ma a causa degli obblighi con cui devo confrontarmi e degli interrogatori che ricevo dai miei genitori quando esco - per accertarsi che sono un altro tipo, e che tutti quelli con cui sto sono sessualmente “sicuri” per uscirci - come se l’omosessualità mi avesse trasformato in un debole essere patetico che non può essere responsabile di sé... A volte voglio solo smettere di avere amici perchè sento che vengono esaminati e giudicati dai miei genitori... Mio padre mi ha detto che non vuole più che blogghi. Posso capirlo, penso. Ma questa emozione è rabbia. Non sono sicuro contro che cosa sono arrabbiato. LIA ha cambiato le mie dinamiche familiari, mio padre è diventato più simile a un padre, e forse è una buona cosa assumersi un incarico e dire “no”. Mia madre, non so come sta prendendo le cose, posso intuirlo, ma veramente non lo so, lei non me ne parla. Lo stesso con mio padre, in realtà non mi parlano molto della cosa... È molto più difficile scrivere al computer quando i tuoi genitori dicono che vogliono leggerlo prima che lo posti... Ma qualunque cosa io scriva viene completamente da me, sono i miei pensieri e sentimenti, nessuno di esterno può alterarli per compiacersene. Prometto che non posterò qualcosa che è stato alterato rispetto a quello che volevo dire. Ma i miei pensieri sono stati interrotti, spiacente se non risponderò a tutte le vostre domande, e dubito che potrò farlo nell’immediato futuro».

 

Razzismo e omofobia

 

La storia di Zach è la fotocopia di tante altre storie che appartengono anche al nostro paese. Penso a quella riportata dalla rivista “Pride” del giornalista Stefano Bolognini “Prega che ti passa” dello scorso Maggio. La storia di Marco che a 13 anni i genitori portano presso una clinica psichiatrica per cercare di “salvarlo”. Ora Marco ha 22 anni, una relazione omosessuale felice, ma quell’esperienza è rimasta in lui in maniera indelebile.

Penso alla ragazza di Brescia che, dopo aver confessato alla madre la propria omosessualità, si è trovata a casa l’esorcista.

Per non parlare dei casi di omofobia e razzismo che sfociano in atti di violenza fisica, oltre che psicologica e morale.

Come quei ragazzi di Pordenone tra i 16 e i 17 anni che organizzavano spedizioni punitive nei luoghi d’incontro omosessuali, arrivando a picchiare selvaggiamente gli omosessuali a scopo di rapina, minacciando di morte le vittime perché non li denunciassero.

Oppure la storia di Cinzia Ricci, attivista lesbica la cui compagna è stata picchiata e violentata, a Lucca, solo per punire lei, il suo impegno nel movimento lesbico.

Nella stessa città, un altro caso di razzismo/omofobia ha coinvolto una ragazza liceale, alla quale quattro ragazzi hanno spezzato le gambe solo perché lesbica.

A Sassari, un giovane gay viene pestato a sangue da otto ragazzi solo per aver baciato in pubblico il suo ragazzo.

Due giovani ragazzi della provincia di Caserta vengono picchiati solo perché conviventi.

A Roma, fuori da una discoteca, un transessuale viene accoltellato da due giovani che volevano rubargli la borsetta.

Sempre nella provincia di Caserta un travestito trentottenne, Germano Rizzo, è ucciso a coltellate.

A Sant’Agata di Militello quattro ragazzi sequestrano e stuprano un diciottenne, presunto omosessuale, provocandogli lesioni gravi interne.

A Città Sant’Angelo vengono arrestati un gruppo di giovani, circa 12, colpevoli di rapine ed offese a omosessuali: i colpevoli patteggiano e la pena viene sospesa.

A Napoli un transessuale, Enrico Tagliatatela, viene picchiato e bruciato vivo; morirà dopo due settimane di agonia.

A Livorno un uomo sposato e padre di due figli picchia e violenta un ragazzo gay.

Un giovane omosessuale iscritto ad un forum on-line del giornale “l’Unità” viene ripetutamente aggredito verbalmente: dopo la protesta di numerosi frequentatori del forum, tra cui la mia, “l’Unità” decide di chiudere il forum.

Un’indagine della polizia porta alla luce il progetto di un attentato ai danni del sindaco di Gela Rosario Crocetta, organizzato da una cosca mafiosa. In una intercettazione telefonica il mandante, Rocco Di Giacomo, chiama Crocetta “sindaco finocchio”.

La tragica morte di Paolo Seganti, ucciso l’11 luglio scorso nel parco di via Val d’Ala, nel quartiere Montesacro, a bastonate e coltellate. Paolo è stata la duecentesima persona omosessuale assassinata in Italia negli ultimi dieci anni. Il segretario dell’Arcigay di Roma ha dichiarato «Ancora un omosessuale ammazzato in modo atroce. L’assassino ha infierito proprio sulla sua omosessualità con diciannove coltellate sui glutei e tagliando poi i genitali. Poi gli ha spaccato il cranio e Paolo è morto dissanguato dopo cinque ore».

Pier Paolo Pasolini – 2 Novembre 1975, Idroscalo di Ostia

Questa morte riporta alla memoria quella di Pier Paolo Pasolini avvenuta 30 anni fa, il 2 Novembre del 1975 sullo spiazzo dell’Idroscalo di Ostia. Due anni dopo la sua morte il “Corriere della sera” pubblica: “Perizia compiuta sul cadavere di Pasolini. (…) I capelli impastati di sangue gli ricadevano sulla fronte, escoriata e lacerata. La faccia deformata dal gonfiore era nera di lividi, di ferite. Nero, livide e rosse di sangue anche le braccia, le mani. Le dita della mano sinistra fratturate e tagliate. La mascella sinistra fratturata. Il naso appiattito deviato verso destra. Le orecchie tagliate a metà, e quella sinistra divelta, strappata via. Ferite sulle spalle, sul torace, sui lombi, con i segni dei pneumatici della sua macchina sotto cui era stato schiacciato. Un’orribile lacerazione tra il collo e la nuca. Dieci costole fratturate, fratturato lo sterno. Il fegato lacerato in due punti. Il cuore scoppiato”.

Il caso del giovane Matthew Shepard

Aaron James McKinney e Russell Henderson, assassini di Matthew, al processo.

Il punto in cui Matthew fu torturato e appeso alla staccionata.

Dopo 18 ore, per caso un ragazzo vede qualcosa appeso alla staccionata che delimita il confine di un Ranch, si avvicina e vede un ragazzo, ricoperto di sangue.

Era Matthew Shepard.

Aaron James McKinney e Russell Henderson gli avevano dato un passaggio sul loro furgone. Lo avevano portato fuori Laramie e legato ad uno steccato tanto stretto che la poliziotta che lo soccorse testimoniò che riuscì a fatica a far entrare il coltellino all’altezza del polso per liberarlo. Dopo averlo legato cominciarono con un bastone a colpirlo in testa. Matthew con la testa fracassata non morì subito, venne prima rianimato dalla poliziotta che lo soccorse, poi portato all’ospedale dove lottò contro la morte. Il medico chiamato a testimoniare al processo, affermò che Matthew quando arrivò in ospedale era in una situazione disperata: «le lesioni erano così gravi che sicuramente dopo i primi colpi ha perso conoscenza e non si è più ripreso». L’agonia di Matthew durò altri sei giorni in ospedale.

Sei giorni di manifestazioni e proteste, la più grande fu quella di Washington, l’allora presidente americano Bill Clinton fece un discorso memorabile.

Ellen Degeneres e l’allora sua compagna Anne Heche, parteciparono alla manifestazione ed Ellen intervenne con un discorso spesso interrotto dalla forte emozione. Oggi la madre della Heche, psicologa, manifesta a favore delle associazioni cattoliche estremiste contro i gay come “Exodus” e “Love in action”.

 

INCREMENTO DEI CASI DI OMOFOBIA E RAZZISMO

 

Un recentissimo studio della Surf Control Internet ha rivelato che nei 15 paesi monitorati il razzismo e la violenza on-line contro gli omosessuali sono in crescita, e sono aumentati del 26% i siti che istigano all’odio contro gli omosessuali (notizia riferita da Adnkronos Multimedia).

A luglio 2005 una nota dell’agenzia Reuters ha denunciato che l’omofobia sta crescendo in tutto il mondo, sotto la spinta dell’integralismo religioso che ha portato ad avere un maggior numero di paesi dove l’omosessualità è punita con pene detentive, torture corporali e con la morte.

Amnesty International e Human Rights Watch denunciano episodi di violenza di massa ai danni di omosessuali. Amnesty International afferma che le persecuzioni ai danni di omosessuali hanno raggiunto livelli epidemici in molti paesi del Globo.

 

LA CURA

 

Joseph Ratzinger

“La posizione della morale cattolica è fondata sulla ragione umana illuminata dalla fede e guidata consapevolmente dall’intento di fare la volontà di Dio, nostro Padre”. Questa frase è contenuta nelle prime righe della “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla Cura Pastorale delle persone Omosessuali”, scritta nel 1986 dal cardinale Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Quando l’ho letta, mi sono chiesta se sia veramente volontà di Dio vedere i suoi ministri esprimersi con parole dure, violente, di condanna e di nessuna tolleranza, come quelle che nella Lettera ai Vescovi seguono a questa premessa.

In una società come la nostra, che ha vissuto gli orrori del nazismo, certi errori ed orrori non si possono ripetere.

Parole dure, violente, pronunciò anche Papa Giovanni Paolo II, quando nel 2000 affermò che il World Pride di Roma ha di fatto “offeso il giubileo”. Giovanni Paolo II disse: «A nome della Chiesa di Roma non posso non esprimere amarezza per l’affronto recato al grande Giubileo del 2000 e per l’offesa recata ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore di tutti i cattolici del mondo. La chiesa non può tacere la verità, perché verrebbe meno alla fedeltà verso Dio Creatore e non aiuterebbe a discernere ciò che bene da ciò che è male». Successivamente, nel luglio del 2003, ritornò alla carica con altre parole violente contro le unioni di fatto tra persone dello stesso sesso e sull’adozione. Definì le unioni omosessuali “nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale”, appellandosi ai politici italiani perché non si macchino del “peccato” di favorire leggi che legalizzino tali unioni. Con questo si proponeva di “illuminare l’attività degli uomini politici cattolici” fornendo loro una guida che permettesse di opporsi a qualsiasi tipo di tutela legale delle unioni omosessuali; chi non l’avesse seguita, avrebbe commesso un “atto gravemente immorale”. La violenza delle parole usate da Giovanni Paolo II fu ancora maggiore a proposito delle adozioni di bambini da parte di lesbiche e gay, da lui definite «atto di violenza contro i minori, una pratica immorale».

“Gli ebrei sono sporchi, assomigliano a ratti e vanno sterminati perché si insinuano nel tessuto sociale e lo corrompono, lo indeboliscono…”: questa era la propaganda nazista contro gli Ebrei. Il suo eco risuona nell’attuale propaganda integralista religiosa contro gli omosessuali, perseguitati ed uccisi anche questi a migliaia nei lager nazisti.

Mi domando: quando i più alti rappresentanti della Chiesa Cattolica Romana si preoccupano - presupponendo una cosa non vera - delle violenze che le unioni omosessuali possono esercitare sui minori, si chiedono che tipo di violenza un minore possa aver subito nell’essere violentato ripetutamente da un Vescovo, Prete o Alto Prelato, come è veramente accaduto? Si chiedono se sia giusto chiedere ed ottenere il patteggiamento in una sentenza con reati di pedofilia pagando milioni di dollari; si chiedono se sia giusto questo mercanteggiamento, pur di non portare alla luce tutte le atrocità che quei preti, vescovi e cardinali hanno commesso con l’abito talare? Si chiederanno da quanto tempo il Vescovo argentino Maccarone commetteva "atti depravati", che sono diventati tali solo quando sono stati trasmessi in tv? E perché, nella loro infinita misericordia, predicano il perdono ma nascondono peccato e peccatore?

 

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