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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

 

«Credevo mi ammazzassero»
Il ragazzo: sono state le teste rasate

Di Marco Sartorelli, "La Stampa", 22 Febbraio 2001

 

Da dietro la porta arriva una voce da adolescente. Chiede due volte chi ha suonato il campanello. Sono le sei di sera, il ragazzino è in compagnia di due amici, ma i genitori non ci sono. Meglio non fidarsi. Poi si fa il coraggio che forse immagina avrebbe un adulto, apre la porta e racconta tutto d’un fiato i momenti terribili che ha vissuto, come dovesse ingoiare l’ultimo sorso di uno sciroppo imbevibile: «Sì, è vero, sono stato picchiato, mi hanno sfregiato con un coltellino e poi hanno fatto anche il resto... Credevo di essere morto. Ero così spaventato che non l’ho nemmeno detto subito a mia mamma. Poverina, ha il cuore un po’ debole, non volevo che stesse troppo male».

Li hai riconosciuti?

«No, erano incappucciati. L’altra volta, quando mi hanno dato uno schiaffo, erano in gruppo, con il viso scoperto».

Dove è successo?

«In via Roma, pochi giorni prima che venissero sotto casa. Stavo passeggiando, sono stato circondato e preso in giro. Mi hanno dato una manata in faccia e poi mi hanno detto che si sarebbero rifatti vivi».

Pensi di sapere chi sono?

«Credo siano nazifascisti. Qui ad Orbassano ce ne sono parecchi, con la testa rasata e i giubbotti neri. Ce l’hanno con chi non la pensa come loro, con i “diversi’’. Cercano la rissa, provocano, aggrediscono».

Perché se la sono presa con te?

«Forse mi hanno aggredito perché a scuola, durante un’assemblea nella quale si parlava anche del Gay Pride, avevo detto che tutti, anche gli omosessuali, hanno diritto di manifestare il proprio pensiero. Ma adesso basta, non ci sono i miei genitori, cercate di capirmi». Improvvisamente, la porta, tenuta sempre socchiusa, viene richiusa. La storia di Mario, però, non finisce dietro quella porta: domani, studenti, genitori e insegnanti del liceo scientifico Amaldi e dell’istituto tecnico Sraffa, avvieranno un corteo. Un volantino, distribuito nei giorni scorsi, dice che bisogna «fermare il silenzio», perché «quattro persone del circondario sono state aggredite negli ultimi mesi, anche con armi da taglio e gesti indicibili. Uno di loro è un nostro compagno. Ma per il clima di terrore creatosi, solo due denunce sono arrivate ai carabinieri».

A presidiare la scuola, per due sabati, con genitori e insegnanti, c’era anche Sebastiano Ancora, tecnico di laboratorio e capogruppo di Rifondazione in Comune: «Tre o quattro teste rasate sono venute davanti alla scuola come fanno quasi tutti i sabati. Hanno aspettato che i carabinieri andassero via e poi hanno sventolato una bandiera con la svastica. Ridevano, per nulla preoccupati». Impegno «contro ogni forma di intolleranza e violenza», è stata espressa da presidi e dirigenti dei due istituti. Un gruppo di genitori si è immediatamente stretto a papà e mamma di Mario, per dimostrare concretamente la propria solidarietà. Forse domani qualcuno guarderà con occhi diversi la scritta «Onore e fedeltà», sorta di gladio con alloro e croce celtica che danno il benvenuto sulle mura della scuola e troverà pennello e vernice per cancellarla.

 

22 Febbraio 2001

 

E' di oggi la notizia dell'aggressione subita un mese fa da un ragazzo di Orbassano accusato di essere omosessuale e quindi picchiato e seviziato da tre coetanei.

Ancora una volta il clima di omofobia che i ragazzi e le ragazze omosessuali sono costretti a respirare ogni giorno nella provincia italiana così come nelle grandi città alimenta la violenza.

Non sappiamo se quel ragazzo sia omosessuale, ed in realtà non ci interessa; sappiamo però che ancora oggi, nel 2001, a migliaia di ragazzi e di ragazze è negato il diritto a vivere con dignità e serenità il proprio orientamento sessuale; è negato il diritto ad avere un'informazione completa e non infarcita di pregiudizi e connotazioni morali; è negato il diritto ad avere modelli positivi in cui riconoscersi.

A questa scuola che si interroga sul proprio futuro vorremmo chiedere di spendere qualche parola su quanto il silenzio intorno a questo tema porti sempre più spesso ad aumentare il disagio di chi è omosessuale e ad essere connivente di chi decide che può insultare, deridere senza porsi domande.

A chi sostiene che non c'è bisogno di leggi che tutelino i gay e le lesbiche "perché sono una lobby potente" vorremmo chiedere come si sentirebbe se il proprio figlio fosse picchiato e umiliato sulla base di odiosi pregiudizi e/o di volgare ignoranza.

A chi non capisce perché sia necessario vivere con orgoglio la propria omosessualità vorremmo chiedere di riflettere su quanto sia ancora oggi difficile dover giustificare la propria esistenza in ogni momento e in ogni ambito.

Per quanto ci riguarda continueremo a lavorare perché ci possano essere momenti d'incontro e di confronto nelle scuole su questo tema, perché il silenzio ipocrita che vige venga rotto. Perché non ci siano più ragazzi e ragazze che quotidianamente debbano soffrire per la loro natura.

Sergio Vigano, Coordinatore Gruppo Scuola Arcigay Milano

 

Di Massimo Numa – “La Stampa”, 23 Febbraio 2001

 

AL Caffé Leri, il locale gay di corso Vittorio Emanuele, dicono che è come tornare indietro di 20 o 30 anni. «Quando l’omosessualità - racconta Gianluca, il titolare - era una "colpa" da nascondere, un "vizio" buono per i ghetti». Eppure, tra i tanti uomini e le donne che sulla pista ballano per una festa organizzata in occasione di un compleanno, quelle ferite bruciano ancora, eccome. Quegli anni, non sembrano poi così lontani. Gianluca osserva gli uomini che si tengono per mano abbracciandosi affettuosamente e racconta: «Non è un fatto che ci stupisce più di tanto. Ne potrei raccontare altri, magari non così feroci, ma della stessa matrice, con lo stesso imprinting. Talvolta non specificamente politici. Tempo fa due turisti inglesi, ubriachi, sono entrati nel locale, hanno capito che era frequentato da gay, hanno iniziato a molestare due ragazze. Sono intervenuto, mi hanno picchiato. Un calcio nei testicoli, per l’esattezza. Ho chiamato la polizia, ho presentato denuncia ma tutto è finito lì. Non serve a nulla». Ancora: «Per me, è facile esporsi. Non ho famiglia, faccio questo lavoro, non deve rendere conto a nessuno. Ma chi, e sono la maggioranza, teme di rivelarsi, tace e subisce. Meglio tornare a casa con le ferite di un pestaggio piuttosto che entrare nel tunnel del dileggio e della persecuzione. Qui a Torino, le discriminazione, i razzismi velati o non detti, sono ancora fortissimi». La festa va avanti e la storia di Mario B. passa come un’ombra tre le stelle filanti e i coriandoli. C’è chi racconta che, in pochi mesi, i locali dedicati ai gay si sono dimezzati, mentre molti club, proprio per evitare problemi, sono entrati nella clandestinità. Circoli chiusi, privi di comunicazione con il resto del mondo. «E’ l’unica soluzione - commenta Roberto, che fa il cameriere in una sauna-cafè per soli uomini - prima, tanto per passare una serata diverse, gruppi di ragazzotti, si intrufolavano per provocare. Battute, insulti, volgarità varie. Aspettavano solo che reagissimo. Così, tutti fuori. Si entra solo con la tessera e con il codice segreto». Andrea, che è una donna, va oltre: «E’ successo che i titolari della palestra che frequentavo da anni mi hanno fatto capire che non ero più gradita. Tutto perchè la mia compagna aveva iniziato a frequentare i corsi con me. Ebbene, mi è stato detto che il resto delle iscritte, studentesse e impiegate, avevano manifestato "disagio". Sì, hanno usato proprio quel termine. Ce ne siamo andate, ovviamente. Questa non è violenza fisica ma fa male lo stesso. Forse di più». L’aggressione resta però sullo sfondo. Lorenzo, testa rasata, fisico da atleta, canottiera, non ha paura: «Vengano pure da me, questi nazi o chi altro. Mi piacerebbe incontrarli, per insegnare loro che non tutti subiscono. Anzi».

 

Orbassano, il ragazzo assalito perché difendeva i gay. Mille in piazza, assente il preside
Zuffa tra teste rasate e manifestanti. Scambio di accuse tra Busi e Vattimo

“Corriere della Sera”, 24 Febbraio 2001

 

ORBASSANO (Torino) - C’era anche Mario B., accompagnato dal padre e dalla madre, alla manifestazione contro la violenza, l’intolleranza, le discriminazioni. Ma lui - vittima di quel brutale, misterioso pestaggio, che ha acceso dibattiti e polemiche a Orbassano, popoloso centro della cintura torinese - si è fatto piccolo piccolo, in mezzo alla folla di giovani, protetto da alcuni amici che gli stavano accanto. E non ha resistito fino all’ultimo. Si è dileguato, lasciando il corteo, mentre un gruppo di ragazzi di destra, alcuni con le inconfondibili teste rasate e la croce celtica appuntata sui giubbotti, facevano a cazzotti: una zuffa tra studenti di «opposto» orientamento politico, finita nella caserma dei carabinieri. Quindici identificati, e rilasciati. Non è un bel segnale. Anche a prescindere dal marchio dei provocatori: naziskin, «fasci», o mediocri «attaccabrighe che ignorano che cosa sia davvero il fascismo», come sussurra qualcuno.

Ieri mattina, erano mille in piazza, tra allievi degli istituti di Orbassano, docenti, genitori, e qualche raro esponente dei centri sociali. Pochi i simboli politici (e tutti orientati da una sola parte): uno striscione dei giovani diessini, un altro dell’Uds (Unione studenti di sinistra); poi, il sindaco Graziano Dell’Acqua, alcuni assessori, e il capogruppo ds della Regione Piemonte, Pietro Mercenaro. Luciana Giacoletti, preside del Liceo scientifico «Amaldi», frequentato da Mario B., invece, ha preferito rimanere a scuola.

L’episodio sui cui indagano inquirenti e ispettori scolastici è delicato. «Non voglio strumentalizzazioni», taglia corto la professoressa. Sicché, a difendere pubblicamente la libertà d’espressione del diciassettenne estimatore di Oscar Wilde, solidale con i «diversi» (e aggredito e umiliato da una piccola banda di giovani ancora senza nome), nel corteo ci sono tre persone note: il filosofo torinese Gianni Vattimo, lo scrittore Aldo Busi, il presidente nazionale dell’ArciGay Franco Grillini.

Manifestazione pacifica, allegra, colorata. Quasi a esorcizzare le inquietudini e le paure che percorrono il mondo giovanile. Scoppiato il caso di Mario B., infatti, Orbassano sembra aver scoperto all’improvviso altre storie di intimidazione fra studenti, altri episodi di ordinaria violenza. «Smetti di picchiare, comincia a pensare», gridano in coro alcuni ragazzi, levando il pugno chiuso. Slogan e cartelli contro l’intolleranza. Ma la creatività spensierata (del resto, è carnevale) fa capolino ogni dove. Di qua, l’estemporanea esibizione di un simpatico mangiafuoco. Di là, un grappolo di ragazzi si siede per terra in cerchio. Si ode il ritmo dei tamburi. Ed ecco che il pirotecnico Busi, salta nel mezzo e comincia a ballare. Prontamente imitato dagli studenti più disinvolti. Un happening, insomma.

Ma c’è da raccontare anche l’esilarante lite tra due big in corteo. Una sorta di scazzottatura verbale, protagonisti Aldo Busi e Gianni Vattimo, che provoca ilarità tra gli astanti. La pièce comincia con una battuta di Busi contro i politici, accusati di sfruttare ai loro fini l’aggressione del giovane. Vattimo, filosofo ma anche europarlamentare ds, replica facendo notare che «così si spinge la gente al qualunquismo». Il diverbio degenera. Riferisce Vattimo: «Busi diceva che i partiti sono fatti da una massa di imbecilli e di mafiosi. Sono stato costretto a fermarlo. Gli ho replicato che i suoi sono discorsi da populista, e post leghista. Lui, allora, ha reagito con le sue solite battutacce. "Sei una vecchia zia cattolica", strillava. E questo, francamente, non mi sembra un argomento dialettico per replicare».

 

Il ragazzo è stato sentito dal sostituto procuratore di Pinerolo

Di Arturo Buzzolan - “La Repubblica”, 15 Marzo

 

Non sono stati fantomatici naziskin o «picchiatori di destra» ad aggredire nell'androne di casa Mario B., lo studente diciassettenne dell'istituto «Amaldi» di Orbassano che aveva denunciato di essere stato vittima di una «spedizione punitiva» da parte di tre giovani mascherati che, dopo averlo insultato e «accusato» di essere gay, gli avevano anche orinato addosso.

Ieri il ragazzo, accompagnato dai genitori, è stato sentito, come «persona informata dei fatti», dal sostituto procuratore di Pinerolo Ciro Santoriello. Un'ora e mezzo di colloquio, dalle tre del pomeriggio alle quattro e mezzo, al termine del quale è stato lo stesso magistrato a spiegare: «Il ragazzo ha confermato di essere stato aggredito. Ma mi sentirei di escludere sia la pista ideologico politica sia quella del "razzismo" nei confronti degli omosessuali».

Di fronte al magistrato, insomma, Mario ha precisato di non avere mai affermato che a picchiarlo potesse essere stata una banda di neofascisti: «Forse - aggiunge Santoriello - la violenza è nata per altre ragioni magari legate alla vita e alle conoscenze del ragazzo. Cercheremo di accertarlo. Dal canto suo Mario ha ribadito di non essere in grado di riconoscere i suoi aggressori». Il giovane studente, in effetti, non aveva mai puntato il dito contro «i fascisti». Aveva dichiarato «forse sono stato picchiato per le mie idee, per come la penso»: parole, queste, che avevano contribuito a innescare a Orbassano una lunga serie di accuse e contro accuse, culminate tre giorni dopo in un tafferuglio tra giovani di destra e di sinistra durante il peraltro sacrosanto «Corteo contro la violenza» organizzato da studenti e genitori. L'aggressione, insomma, secondo il magistrato c'è stata, ma «le modalità sono ancora da valutare», a partire da quel giaccone in panno che, lavato due volte dopo l'episodio, è stato esaminato dai biologi del Ris dei carabinieri ma non sembra recare tracce di pipì né di sangue. «Quella dell'orina è una circostanza rispetto alla quale restiamo un po' perplessi - dice il sostituto procuratore - ma l'eventualità che l'esame risulti alla fine negativo, comunque, non sposterebbe di molto le cose». Per l'avvocato della famiglia di Mario, Valentina Zancan, «Il ragazzo non ha mai parlato di naziskin, e non è stato lui a lanciare la "pista politica": è una montatura giornalistica di cui lui non deve rispondere. Un esempio? I "tagli a forma di svastica" di cui ha parlato qualche giornale e che non sono mai esistiti. Mario non è un esaltato: si è limitato a ripetere quel che già aveva detto». Lapidaria la madre di Mario: «Non c'è nulla di più e nulla di meno rispetto a quello che mio figlio ha ripetuto fin dall'inizio. Trovo invece piuttosto singolare, per non dire di peggio, che un ragazzino vittima di un'aggressione odiosa si ritrovi quasi a finire sul banco degli imputati».

 

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