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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Di Pasquale Quaranta - "ANSA", 24 Marzo 1997

 

"Io gli volevo bene, non li odiavo, non volevo che soffrissero, la vita è triste, è fatta di tanti passaggi, si deve passare da uno stadio all'altro, io volevo fare del bene". Sono alcune delle frasi sconnesse, raccolte dalla polizia durante la confessione di Gaspare Zinnanti, il serial killer di Milano: tossicodipendente di 35 anni, origini palermitane, senza fissa dimora, con piccoli precedenti penali, un ultimo soggiorno in carcere esaurito due mesi fa, ha ammesso di aver ucciso a Milano, con due diversi martelli, tre persone in 10-12 giorni, due nel giro di 24 ore. E già che c'era si è anche auto-accusato di aver spinto sotto il metro una donna. Circostanza, quest'ultima, sulla quale gli inquirenti hanno molti dubbi. Una progressione che rischiava di non fermarsi, secondo il timore degli investigatori; una progressione da "salvatore di anime", secondo lui: un bisogno irresistibile di uccidere, di "purificare" che aveva 'afferrato' Zinnanti, alle prese con sempre più frequenti crisi 'mistiche', anche poche ore prima del suo arresto per rapina insieme a un complice occasionale, alla ricerca di soldi per mangiare. Arresto che ha probabilmente 'salvato' il complice, Alessandro Vianello di 27 anni, di Mestre, anche lui tossicodipendente, e qualche 'barbone' della Stazione Centrale che Zinnanti voleva "non soffrissero più". Ha desistito per paura: "non volevo che reagissero". E' questo, a grandi linee, il 'quadro' fatto, in una conferenza stampa, del serial killer dalla polizia, che è riuscita con un paziente lavoro investigativo a riannodare il filo di sangue che collegava i tre omicidi: nessun riscontro, per il momento, invece per quanto riguarda il tentativo di omicidio di Genoveffa Nuzzo, la donna spinta il 12 marzo scorso sotto un treno della metropolitana della linea 3 di Milano, nella stazione 'Sondrio'. La donna è ancora in ospedale: le sue condizioni sono "in netta ripresa" dopo l'operazione per rimuovere un edema cerebrale. Riscontri oggettivi invece-hanno spiegato il capo della Squadra Mobile, Lucio Carluccio, e il pm Laura Cairati, - sono emersi sull'uccisione di Francesca Coelli, 52 anni, divorziata, benestante, un'ultima parte di vita con diverse avventure, con l'hobby per video e riviste porno; di Alvaro Calvi, 58 anni, ex marinaio, ex portavalori, pensionato, omosessuale, e di Vincenzo Zenzola, 43 anni, anche lui tossicodipendente, ultima vittima in ordine di tempo e di ritrovamento. In particolare, è stato accertato che Zinnanti frequentava da tempo Francesca Coelli, con la quale conviveva, e Alvaro Calvi; un martello, usato per il primo delitto, è stato trovato nella spazzatura dal custode del palazzo di via Vanvitelli, dove viveva la Coelli. Zinnanti, quando è stato catturato, aveva i pantaloni sporchi di sangue, non cambiava abiti da una settimana. Nella sua confessione, ha rivelato alcuni particolari che hanno subito 'convinto' gli inquirenti. Un altro martello usato per uccidere, che l'uomo ha detto di aver buttato in un cassonetto della spazzatura, non è stato trovato e la polizia sta verificando il luogo di acquisto. L'omicida, nella sua 'lucida follia', ha invece manifestato alcune confusioni temporali rispetto alle date dei delitti pur delineando, secondo gli investigatori, "un disegno coerente" ed esprimendo "alcuni pensieri razionali".

La ricostruzione. Zinnanti ha prima ammesso di aver ucciso Francesca Coelli, trovata venerdì 21 marzo dalla polizia nel suo appartamento signorile di via Vanvitelli, inginocchiata su un tappeto e con il cranio fracassato appunto da un martello: sembra che la morte risalga anche a 10-12 giorni prima. Poi ha detto di avere ripreso le frequentazioni di Alvaro Calvi e di averlo ucciso venerdì scorso: il suo cadavere è stato scoperto il giorno dopo nel monolocale in viale Monza. E mentre trovavano questo corpo e gli investigatori cominciavano a legare, attraverso Zinnanti, i due omicidi, il serial killer uccideva ancora: vittima, stavolta, un occasionale compagno, Vincenzo Zenzola, 43 anni, il cui corpo seminudo, con i pantaloni abbassati, è stato trovato ieri, proprio su indicazione dell'omicida in un edificio abbandonato alla periferia sud di Milano, in via Sibari. Zinnanti ha visto interrompersi la sua 'carriera' di "salvatore di anime", come la intendeva lui, domenica alle 13.30: è stato arrestato dalla polizia, che lo stava cercando - ufficialmente come 'teste-chiave' di due delitti, in realtà come sospettato n.1 - nella zona della Stazione Centrale dove bazzicava di tanto in tanto e vi dormiva in qualche occasione. Poco prima una giornalista radiofonica era stata rapinata di 73 mila lire da Zinnanti, insieme a un complice occasionale, 'Sandro', con una siringa. Due agenti della Polfer sono intervenuti, avvisati dalla donna che aveva riconosciuto in uno dei rapinatori l'uomo le cui foto erano apparse sui quotidiani. Zinnanti è così finito in questura e lì ha fatto le prime ammissioni, poi una confessione completa. Una confessione che è andata anche oltre le contestazioni e che gli inquirenti si riservano di approfondire e verificare in ogni risvolto.

 

SERIAL KILLER MILANO: ZINNANTI TRA LUCIDITA' E DELIRIO

 

Un uomo all'apparenza mite, garbato ed affabile, con modi gentili che incutono fiducia. Così viene descritto Gaspare Zinnanti dagli investigatori che lo hanno interrogato a lungo, ieri pomeriggio e fino a notte inoltrata, fino ad arrivare alla confessione di tre omicidi. Una personalità contraddittoria: da una parte c'erano i delitti ed alcune frasi deliranti usate per spiegarne il movente, dall'altra un racconto per lunghi tratti "lucido e razionale" per fornire i particolari degli omicidi, dei suoi rapporti con le vittime, degli episodi della sua vita. Nei suoi momenti di delirio, Zinnanti affermava di volere "salvare" altre anime. E gli investigatori che gli stavano di fronte hanno provato per un attimo un brivido quando, cambiando tono, il pluriomicida ha detto, guardando fisso negli occhi di uno di loro, che una nuova vittima gli serviva proprio, in quel momento, per proseguire la sua "missione". Trentacinque anni, nato a Palermo, vissuto a Milano, Zinnanti è figlio unico di un camionista e di una casalinga. Del padre, ha spiegato al magistrato, non ricorda nulla perchè morì in un incidente stradale quando lui era molto giovane. Con la madre, Maria Letizia, che vive a Magenta (Milano), ha avuto pochi incontri negli ultimi anni. Per vivere ha fatto lavori saltuari ed è ricorso ad espedienti, comprese piccole rapine. Tossicodipendente per molti anni, di recente, ha detto, aveva smesso e si era disintossicato. Conosciuto tra i tossicodipendenti, in particolare quelli della zona della stazione Centrale di Milano, Zinnanti aveva facilità nel frequentare anche ambienti estranei a questo mondo, come dimostra la sua ultima relazione con una delle vittime, Francesca Coelli, con la quale era andato a convivere dopo 20 mesi in carcere. Preferiva, però, intrattenere rapporti sentimentali con omosessuali, mentre quelli con le donne, ha spiegato lui stesso, li teneva "solo per convenienza". Tra i tratti del suo carattere che più ha colpito gli investigatori, c'è quel sentimento "quasi d'amore" che diceva di provare per le vittime, e che si sarebbe evidenziato anche al momento di colpirle. Zinnanti ha infatti sempre ucciso da dietro come se non volesse affrontare il loro sguardo. Avvicinava le vittime designate da tergo quando queste erano tranquille e serene e le colpiva con un gesto veloce e improvviso. Poi, se necessario, le finiva con altri colpi. La perizia psichiatrica cui verrà sottoposto potrebbe aiutare a capire quando e che cosa ha fatto scattare in lui la follia omicida. Per ora, lui spiega solo che voleva "salvare le anime", che ne cercava altre nella notte dopo il terzo delitto: ma ha avuto paura - non ha spiegato di che cosa - e non ha colpito più.

 

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