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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Aprile 2006 - Fonti: www.corriere.it, www.ansa.it e www.delittiimperfetti.com

 

Calogero La Delfa, 61 anni, impiegato amministrativo è stato trovato nudo, sul letto, con le mani legate dietro con una corda in un monolocale nell'elegante quartiere della Crocetta, in via Govone 6. L'assassino lo ha colpito più volte alla testa, probabilmente con un oggetto contundente che la polizia sta cercando.

Nel monolocale, un pied a terre che La Delfa divideva con l'amico che lo ha trovato morto, l'assassino avrebbe lasciato parecchie tracce sulle quali sta indagando la Polizia Scientifica. Potrebbe trattarsi di omicidio passionale, ma non è neppure escluso che la causa sia stato un gioco amoroso portato troppo avanti. Il corpo dell'uomo verrà sottoposto ad autopsia. La Delfa era un singolo e viveva ad Alpignano. Frequentava da tempo il mondo degli omosessuali.

 

GLI AGGRESSORI

Fonte: www.ansa.it

 

La squadra mobile di Torino ha fermato un giovane romeno con l'accusa di essere il presunto omicida di Calogero La Delfa, l'uomo trovato in un pied-à-terre dell'elegante quartiere della Crocetta con la testa fracassata. La polizia non conferma ma l'impiegato sarebbe morto durante un gioco erotico. L'omicida farebbe parte del mondo del sesso a pagamento che opera nella zona della stazione ferroviaria di Porta Nuova.

Gli inquirenti non sembrano ipotizzare un omicidio a scopo di rapina, anche se l'omicida è scappato portandosi via un televisore piatto a cristalli liquidi. Nell'appartamento sono infatti rimasti il portafoglio, con 150 euro, e il telefono cellulare di La Delfa. Quest'ultimo oggetto è uno degli elementi chiave che hanno fatto risalire, attraverso il traffico telefonico, all'omicida.

L’assassino è fuggito lasciando dietro di sé quella che è molto di più che una traccia: forse nella fretta di sfuggire a quell’orrore si è dimenticato che, nell’auto di Calogero, aveva lasciato il suo giaccone. Nella tasca interna il passaporto. Una prova schiacciante che, se confermata dagli inquirenti (che per ora mantengono il più stretto riserbo), potrebbe incastrare l'assassino. Una prova pesante che si aggiunge ad altre tracce lasciate, oltre che sull’auto della vittima, anche all’interno dell’appartamento.

Gli uomini della squadra mobile sono riusciti a rintracciare Lupu Sergiu Dorinel individuando l'abitazione della sorella, con la quale il ragazzo, in Italia da circa un mese, viveva. Dopo una serie di pedinamenti, ieri mattina i poliziotti l'hanno rintracciato in un'altra casa, di proprietà della cugina.

«Io l'ho picchiato - ha dichiarato il romeno - perchè mi aveva chiesto una ulteriore prestazione sessuale che non volevo fare e abbiamo litigato. Quando sono scappato si lamentava, non era morto».

 

Ragazzo di vita romeno sotto torchio per l’omicidio La Delfa. Accusato da impronte, Dna e da una giacca di jeans: avrebbe ucciso a pugni per un raptus il cliente di una notte

Di Niccolò Zancan - “La Repubblica”, 18 aprile 2006

 

Ventiquattr’ore sono bastate per risolvere il giallo della Crocetta. Ieri sera gli agenti della Mobile hanno fermato un ragazzo romeno di vent’anni. Sarebbe lui l’assassino di Calogero La Delfa, 61 anni, l’impiegato dell’ufficio del lavoro trovato ucciso la mattina di Pasqua nel appartamento che affittava in corso Govone 6. Nudo, le mani legate, ucciso a pugni in faccia da un ragazzo che si vendeva in piazza Carlo Felice. Omicidio d’impeto. L’assassino ha strappato un televisore dal muro, ma non ha preso il portafoglio della vittima. Nella concitazione della fuga, ha dimenticato alcune sue fotografie.

Alle sette di ieri sera non aveva ancora confessato. Ma tutto è contro di lui. Le impronte digitali, il Dna, le fotografie trovate dagli agenti della squadra Omicidi nella sua giacca di jeans, dimenticata vicina al cadavere di Calogero La Delfa. Anche le riprese di una telecamera piazzata sul muro del palazzo. Tutto racconta un omicidio di impeto. Forse per disprezzo. Forse per una prestazione sessuale richiesta e non concordata. Un omicidio a mani nude: pugni in faccia, botte, segni sul collo. In un alloggio al piano terra della Crocetta, a due passi dall’isola pedonale. Corso Govone 6. Camera da letto, cucinino e bagno. Un bottiglione di vino rosso quasi finito sul comodino. E tutta la vita privata di Calogero La Delfa, impiegato del dipartimento provinciale del lavoro, diventata per forza di cose il centro dell’indagine.

Lui è un ragazzo romeno di vent’anni fermato ieri a mezzogiorno dagli agenti della Mobile, agli ordini del vicequestore Sergio Molino. È stato portato in questura assieme ad altri quattro ragazzi romeni. Si vendeva dalle parti di piazza Carlo Felice. Coppola bianca in testa, scarpe da ginnastica. Negli uffici di via Grattoni c’era anche l’interprete, ma non c’è stato bisogno del suo lavoro. Il ragazzo parla l’italiano abbastanza bene. «È disoccupato, è arrivato a Torino da poco», è l’unico commento degli investigatori nelle ore concitate degli interrogatori. Oggi si saprà di più.

Ma il giallo di Pasqua è risolto. E forse è più giusto dire che giallo non è mai stato. Il signor La Delfa, come altri uomini soli prima di lui, ha scelto di pagare la compagnia di un ragazzo conosciuto davanti a Porta Nuova e poi incontrato ancora al Caffè Leri. Il ragazzo sbagliato.

L’elenco dei precedenti similissimi per analogie, negli ultimi anni, è lungo: Oronzo Lo Vecchio (12 Agosto 2004), Aurelio Molinelli (???), Michele Salvi (17 Aprile 1993), Mario Giaccone (13 Febbraio 1993), Sergio Susbenso (4/5 Febbraio 2004) e, ancora, il parrucchiere di Verolengo, Franco Scarsella (5 Agosto 2002). Tutti uomini che si sono messi in una situazione di estrema vulnerabilità. Anche Calogero La Delfa si è fidato di un ragazzo che sembrava gentile. Lo stesso che gli ha sfondato il cranio a forza di picchiare.

 

I parenti: «era un lavoratore serio, sempre gentile con tutti»

«MIO FRATELLO, UN UOMO BUONO L’OMOSESSUALITÀ? FATTI SUOI»

 

Non è facile parlare, ora che la vita privata, anzi intima, di un parente, è diventata pubblica: «Posso dire soltanto che mio fratello era un uomo buono - dice Antonio La Delfa - lo dico sul serio, senza retorica. Ha accudito mio padre fino alla fine, è morto due mesi fa all’età di 101 anni. Calogero è sempre stato gentile con tutti. Un lavoratore serio, esemplare. E quello che poi faceva nella sua vita privata, sinceramente, come è giusto che sia, erano fatti suoi».

Ora tutta Alpignano parla dei fatti di Calogero La Delfa. Qui, nel paese dove si era trasferita la sua famiglia originaria di Enna - padre ferroviere, madre casalinga - tornava ancora a dormire spesso. A cenare con i tre fratelli. A raccontare le sue giornate da impiegato sempre uguali. Ma non nascondeva le sue preferenze sessuali. E di notte, quando poteva, a suo modo, cercava un po’ di compagnia. «Frequentava il Caffè Leri - ha raccontato l’amico con cui divideva l’affitto dell’appartamento in corso Govone - incontrava certe volte nella zona di via Sacchi, di fronte alla stazione». Sabato sera però era a cena di amici, una decina di persone, guardavano La Fattoria su Canale 5: «Si è alzato, ha salutato tutti, ha detto: "Scusate, ho un appuntamento". Sembrava felice». Non lo vedranno più.

 

IL RETROSCENA

Disposti a tutto per diventare ricchi: "Quegli uomini mi fanno schifo, ma devo far soldi"

ALCOL, VERGOGNA, DENARO E VIOLENZA AFFARI E MISERIE DEI “PUTTANI” DELL’EST

 

I ragazzi romeni di piazza Carlo Felice fanno la vita ma la odiano, questa è la storia. Accettano compromessi superiori alle loro capacità di sopportazione. La parola chiave è repulsione: «Stare con gli uomini mi fa schifo - dice Florian - ma ho bisogno di soldi. Questo è l’unico modo che conosco per averli in fretta, tutto qui». Oppure Adrian come Adrian Mutu, il giocatore della Juventus, un nome d’arte che forse dice molto di lui: «Metto da parte quanto basta per stare bene, poi cambio città. Nessuno deve sapere quello che ho fatto». Bisogno e vanità. Vergogna, sensi di colpa. Un salto spericolato dal nulla di Timisoara, ed eccoli qua.

Si comprano vestiti costosi, vogliono le marche, i simboli del benessere. In cambio si vendono, si odiano, si ubriacano e diventano feroci. Molti incontri in machina sfociano in rapine, aggressioni violentissime che spesso neanche vengono denunciate. Perché la vita dei ragazzi come Florian si incrocia con quelle di uomini come Calogero La Delfa, con altri silenzi, segreti, paure, altre solitudini. Ragazzi di vita e vittime ricattabili: quando l’equilibrio si rompe, arriva la polizia.

C’è una scena che racconta molte cose. Era fine agosto 2004. In questura sfilavano proprio i ragazzi di piazza Carlo Felice, sentiti come testimoni nelle indagini per il tentato omicidio di Oronzo Lo Vecchio. Sfilavano tutti vestiti identici, come se ci fosse una divisa.

Oronzo Lo Vecchio era un pensionato tranquillo e ben voluto da tutti, viveva in un appartamento di ringhiera in via Madama Cristina 62. Ne parliamo al passato perché adesso quell’uomo non c’è più, anche se è ancora vivo. Ma non ricorda nulla, non riconosce i suoi amici, si muove appena e parla a fatica. Lo Vecchio aveva ospitato in casa sua due ragazzi conosciuti ai giardini della stazione di Porta Nuova. Adrian Lungeanu e Robert George Stan, 21 e 22 anni: dormivano da lui, facevano la spesa, gli bagnavano le piante. C’era una gigantografia di un tramonto tropicale sulla parete della sua camera da letto. E, vicino al tramonto, una cassaforte a muro. La notte del 24 agosto i due ragazzi lo avevano immobilizzato, e non era un gioco erotico. Volevano farsi dare le chiavi: botte, torture. Poi lo avevano colpito in testa con una chiave inglese. Ed è per questo che, nei giorni successivi al delitto, tutti i ragazzi di piazza Carlo Felice erano stati chiamati come testimoni in questura. Ed ecco la scena, di cui si può riferire il senso ma non riportare le parole esatte: «Commissario io sono un uomo come lei. Odio queste storie, non sono gay, mi fa schifo solo a pensarci. Infatti lo giuro: non sono mai stato passivo. Mai. Io faccio. E per riuscire a fare, devo bere, io devo pensare alla mia ragazza».

Repulsione, alcol, violenza, ragazzi da marchette in cortocircuito con se stessi. «Sì - dice il capo della Mobile, Sergio Molino - molto spesso sono proprio queste le dinamiche all’origine delle aggressioni». Così sembra esserci un filo diretto fra la fine di Calogero La Delfa e l’oblio a cui è stato condannato Oronzo Lo Vecchio. Il 6 giugno 2005 Adrian Lungeanu e Robert George Stan sono stati condannati a sette anni di carcere per tentato omicidio. Altri ragazzi come loro si trovano adesso sotto gli alberi di piazza Carlo Felice, ad aspettare un cenno. Altri vanno a cercare clienti al cinema porno di via Sacchi. Oppure davanti al Caffé Leri nelle serate giuste. Altri ancora si vendono al Valentino. Tutti, immancabilmente, esibiscono il senso preciso del loro sacrificio: orologi, gioielli, telefonini ultracostosi, scarpe da 200 euro, abbronzature artificiali. E ancora chiedono regali, vogliono più soldi, fanno innamorare e poi ricattano. Oppure si salvano, se riescono a scappare da una vita che non sanno sopportare.

 

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