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Aggiornato Domenica 06-Gen-2008

 

Le Vedove Nere, comunità per sole donne, a seguito dell'episodio di violenza accaduto alla compagna di Cinzia Ricci, il 18 Aprile 2004, in collaborazione con la stessa, pubblica questa intervista con gentile richiesta di diffusione. Si precisa inoltre che, in rispondenza alla linea editoriale del sito, Le Vedove Nere hanno deciso di far parlare la protagonista stessa, evitando i discorsi pieni di retorica e di artificiosa solidarietà che si risolvono esclusivamente in un ammasso di parole cui non segue nessun impegno concreto.

In questo modo la comunità delle Vedove Nere e chi diffonderà questa intervista avrà fornito il suo sostegno ed il suo aiuto a Cinzia Ricci in questo difficile momento.

 

1. A quasi due mesi dall'episodio di violenza che ha coinvolto la tua compagna, con le indagini per lo più ad un punto morto, che bilancio puoi fare?

Negativo, ma anche molto significativo. Questa situazione può essere variamente letta e interpretata. Paradossalmente sta portando a galla tali e tante di quelle responsabilità, contraddizioni, paure, colpevolezze, che di certo qualche ricaduta ci sarà, anche positiva, se non altro su un piano puramente dialettico. Questo paese è pieno di armadi e in ogni armadio c’è più di uno scheletro. Spero che la mia storia contribuisca a fare un po’ di pulizia, apra un serio dibattito sulle dinamiche perverse che si sono venute a creare (specie fra le donne e nel movimento GLBTT), spinga ad uscire dal buio, a capire che il silenzio è connivenza, che nel silenzio non c’è pace, il silenzio non protegge, al contrario, espone, fa di ognuno un bersaglio facile, accessibile…

2. Hai mai subito, prima di questo brutto evento manifestazioni o minacce di intolleranza che facessero presagire un epilogo di questo tipo?

A causa delle mie scelte sono stata oggetto di discriminazioni, certo, sempre in forma subdola, mediata. Ho subito offese e sono stata oggetto di mobbing nelle relazioni sociali, ma non ho mai ricevuto minacce esplicite, dirette. Sino a prima del 18 Aprile non pensavo di poter essere avvertita come un pericolo, non ho mai pensato che la mia visibilità, la mia personalità o il mio lavoro potessero essere così importanti da scatenare tanta premeditata violenza, contro persone inermi, colpevoli solo di volermi bene.

3. E' vero che pochi giorni dopo l’aggressione subita dalla tua compagna era in programma una presentazione pubblica del suo lavoro. E' possibile che l'atto di violenza possa avere qualche connessione con questo evento?

Sì, il 24 Aprile, alla libreria Baroni, già oggetto di intimidazioni omofobe e vandalismi perché rea di aver ospitato la presentazione di alcuni libri gay e lesbici. Non vedo come le due cose non possano essere verosimilmente riconducibili dal momento che altro non faccio. Vedi, sono una persona completamente pacificata e isolata: niente frequentazioni amicali o lavorative, conti personali o pubblici in sospeso. Sono un “personaggio noto” in quanto visibile, conosciuta nome e cognome per quello che sono (lesbica) e faccio (il sito, Borderline – militanza quando serve e me lo permettono), tuttavia, se posso avere un minimo di rilevanza dal punto di vista umano, ideale, non credo di averne su un piano squisitamente politico. Non sostengo né sono sostenuta da alcun gruppo ed è anche questo, forse, che fa di me (di noi) un obiettivo scontato. «Dille di smetterla…» - di fare cosa, dunque? Vivere – solo questo potrei perché molto altro non faccio, o perlomeno io continuo a non dargli tutta questa importanza, mi ostino a pensare che non ne abbia così tanta da giustificare un tale orrore, eppure… Evidentemente mi sbaglio, farei meglio a prenderne atto e con me chi sino ad ora ne ha sottovalutato l’impatto.

4. Alla notizia non è stato dato molto risalto, si è addirittura messo in dubbio che il fatto sia mai accaduto, nonostante la presenza di un referto medico e di una denuncia, le pubblicazioni trovate in rete sono state scarse, come tu stessa hai dichiarato quando la nostra comunità si è messa in contatto con te: a nove giorni dalla denuncia pubblica nessun comunicato ufficiale o ufficioso, silenzio totale dalle istituzioni, dalle associazioni, circoli, mailing list GLBTT, partiti, organizzazione di destra, sinistra, centro.. secondo te perchè addirittura dentro alla comunità lesbica e gay hanno preferito tacere in merito? A cosa imputi questo lassismo di pensiero? Come definisci questa mancanza di dibattito intorno alla vicenda?

Il fatto che ci sia una denuncia e dei referti medici, in effetti, dimostra poco o nulla. Le conseguenze fisiche subite sono state pressoché irrilevanti. Interessarsi tanto a questo aspetto della vicenda è strumentale, puzza di morbosità, voyeurismo, ed è anche un po’ come arrampicarsi sugli specchi, cercare a tutti i costi qualcosa che getti discredito affinché la si smetta presto di parlarne, quasi che facendolo si rischi di alzare il coperchio su chissà quali misteri inconfessabili o sottese evidenze… E poi è po’ come dire: “poco sangue, poca offesa - e allora cosa avete da lamentarvi, che volete? Va là, che vi è andata bene!”. Coloro i quali, ai più vari livelli, tacciono o, peggio, seminano merda e vento rendendosi complici dei nostri aggressori e di chi li manovra, sanno questa e molte altre cose, e se ne servono – i motivi possono essere tanti: politici, riconducibili a risentimenti personali, invidie, lassismo, opportunismo, ipocrisia, menefreghismo, lesbofobia, misoginia, maschilismo… Ma come ho già dichiarato, non è compito mio dimostrare alcunché, fare analisi o individuare responsabilità politiche e penali (ricordo che esistono leggi che tutelano la privacy e puniscono la diffamazione, esiste il segreto istruttorio – chi ha dato e raccolto informazioni riservate sull’accaduto, specie se false, rischia di farsi del male e meglio farebbe a non lasciar tracce o ritrattasse). Al di là di questo, mi piacerebbe che chi apre bocca tanto per darle aria, chi lo fa con uno scopo preciso proprio o per conto di altri, insieme ad instillare il dubbio sulla veridicità dell’accaduto, ci spiegasse anche perché avremmo fatto una cosa tanto assurda, che razza di guadagno possiamo trarne – documentasse in modo incontrovertibile le sue argomentazioni. Altrimenti che se ne stesse zitto una volta per tutte e magari chiedesse scusa, prima di tutto a se stesso e poi a chi è stato a sentirlo, a chi gli ha dato credito che, per come la vedo io, non è dissimile da lui.

5. Pensi che ci possa essere una sorta di diffidenza nei tuoi confronti o nei confronti dell'accaduto persino da parte di coloro che dovrebbero difendere i diritti delle lesbiche?

Parli di accanimento personale? Ribadisco: non ho conti personali o pubblici in sospeso. Chi sono, cosa penso e faccio è risaputo, basta andare sul mio sito per togliersi ogni curiosità. Io non ho scheletri nell’armadio, non ho segreti, né vi sono motivi razionali a me noti che possano giustificare atteggiamenti di questo tipo. Ma la tua domanda mi da l’occasione per spiegare qualcosa che nel trambusto generale rischia di passare inosservato e che è, per me, il punto centrale del problema. Vedi, non si tratta di parlare dei diritti delle lesbiche, genericamente, o di montare un “caso” intorno ad un episodio di violenza che è terribile ma purtroppo rientra nella casistica, fa parte dello svariato numero di abusi che le donne (in quanto tali) subiscono. Dovremmo farlo ogni volta, il che ci costringerebbe a mobilitarci almeno sei volte al giorno – e faccio riferimento solo ai casi censiti perché denunciati. Quello che è accaduto va molto oltre i temi e le conseguenze legate alla violenza sessuale e alla discriminazione verso le donne, lesbiche o meno che siano. In questo caso si è fatto un uso politico della violenza sessuale e perciò è tanto più grave e significativo. Si è usata, cioè, la violenza sessuale come odiosa forma indiretta d’intimidazione per indurre un soggetto terzo al silenzio, per limitarne la libertà di espressione. Non mi è stato intimato di diventare eterosessuale (una pretesa assurda che non avrei potuto soddisfare – sarebbe come chiedere di non respirare!), ma di smetterla di scrivere, pubblicare, dar voce disinteressatamente a chi non ce l’ha, spazio ad argomenti che pochi in questo paese si sognano di accogliere, far propri, proporre. Ciò produce effetti. Destabilizza. Offre chiavi di lettura alternative, pone interrogativi, stimola ad una riflessione più attenta, profonda. Della mia vita privata, se me ne stessi zitta, non importerebbe a nessuno – è evidente. Così com’è evidente che se mi avessero colpita direttamente non ne avrei sofferto tanto quanto ne soffro e il pensiero di smetterla non mi avrebbe nemmeno sfiorata, invece, così, la minaccia è stata assai più seria, credibile, mi ha obbligata a pormi il problema in modo diverso. Hanno fallito perché sono pazza.

6. Ritieni che ci sia stata una volontà di insabbiare in qualche modo l'evento perchè non avesse troppo risalto?

Sì, ed è logico in una realtà chiusa, bigotta e reazionaria come quella lucchese, in una città che è “tollerante” solo con chi rimane nell’ombra, non procura fastidi – è disposto a chiudere gli occhi pur di essere lasciato in pace. Ho decine e decine di amici e conoscenti, maschi e femmine… beh, non ci crederai, ma la maggior parte di essi ha esperienze di violenze e abusi sessuali alle spalle, subiti nell’infanzia, nell’adolescenza, in famiglia, da consanguinei, mariti, amici di famiglia, preti… e poi ci si stupisce che a Lucca ci sia tutto questo gran consumo di psicofarmaci… Eppure le aiuole sono sempre in fiore, ben curate, le strade pulite… Il paradiso degli orchi.

7. Al convegno "in fondo a destra" come sono state le reazioni e l'accoglienza che hai ricevuto?

Sconcerto. Paura. Indignazione. Ma eravamo una trentina. La società civile, là fuori, continua ad essere tenuta all’oscuro. Se solo cominciasse a guardarsi intorno capirebbe di starsene comodamente seduta su una polveriera, capirebbe che il pericolo non viaggia sulle carrette del mare, non viene da altre culture… L’indifferenza ottenebra le coscienze, la pigrizia rende ciechi e ottusi. Ogni volta che qualcuno minimizza, si chiama fuori dalle proprie responsabilità, usa due pesi e due misure, tace e delega, si rende complice e contribuisce all’imbarbarimento. Fortunatamente nell’immediato e dopo il convegno, qualche piccola reazione c’è stata, anche ai più alti livelli istituzionali: presidenza della provincia, pari opportunità, alcune donne impegnate nell’amministrazione locale… Vedremo nei prossimi giorni se, superato lo shock, vi saranno contro quello che sta accadendo azioni concrete, sincere e partecipate, trasversali.

8. Ti aspettavi di più in termini di partecipazione da parte della comunità lesbica?

Di più??? Ad oggi (15 Giugno) non è ancora accaduto assolutamente nulla di significativo, ufficiale. Ma c’è tempo per i postumi mea culpa, per bla-bla-bla, lo scarica barile, i non sapevamo, non ci siamo capite, avevamo frainteso, dovevamo organizzarci, c’era il Gay Pride di mezzo, le elezioni, le vacanze…

9. Dopo questo episodio e la sostanziale solitudine in cui sei stata lasciata è cambiata la tua opinione e la tua volontà d'impegno nei confronti del lesbismo?

Avevamo solo due possibilità: tacere o parlare – abbiamo scelto la seconda nella speranza che serva. Il mio senso civico mi ha detto che questa era la cosa giusta. Per quanto sconveniente sul piano personale, ho agito di conseguenza. Noi siamo a posto con la nostra coscienza, abbiamo fatto quello che dovevamo e potevamo, ognuna a suo modo. Certamente, scegliere di tacere ci avrebbe risparmiato questo supplemento di dolore, solitudine e delusione, certamente non ci alleggerisce o facilita la vita – ma non è per masochismo, vittimismo o bisogno di acquisire notorietà che ne rispondiamo, ma per dargli un senso “altro”, di là da noi. Il mio impegno verso le donne, per il riconoscimento delle differenti specificità, perché ognuno possa godere degli stessi diritti, gli si riconosca dignità e cittadinanza, non verrà meno - perché non ho nulla da perdere, nulla da guadagnare e soprattutto perché diversamente non posso. Piaccia o meno a qualcuno, da sola o in compagnia, finché avrò fiato continuerò a dare il mio contributo.

 

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