Tutto
a posto. Lascerò la segreteria telefonica inserita. Ufficialmente
sono a Berlino per questioni di lavoro. Non ho voglia di mangiare, vado
a letto.
Accidenti
a quell’imbecille di un postino! Che io ci sia o no, per lui è
la stessa cosa - adora il mio campanello. Niente posta, comunque. Torno
a letto.
*
* *
Una
bella doccia ed un ottimo caffè bollente, ecco cosa ci vuole. Oggi
fa davvero molto freddo.
È caduta un po’ di neve e il Natale è così
vicino ormai...
•
•
•
«Sei pronta per la sorpresa?»
«Quale sorpresa?»
«Non fare domande. Sei pronta?»
«Ma... e va bene, va bene, sono pronta.»
«Ecco, allora siediti sotto l’albero e chiudi gli occhi...
Ah, ti ho vista sai?! Non provare più a scuriosare, altrimenti
non se ne fa di nulla!»
«Uffa, si può sapere cosa stai combinando?»
«Taci e non guardare.»
«Sei la solita burlona, scommetto che è uno scherzo...»
«Sbagliato. Apri gli occhi...»
«Accidenti, sembri davvero...»
«Piccoletta, sei stata buona quest’anno?»
«Beh, un po’ e un po’, signore.»
«Uhm, vedo che sei una bimba onesta e allora se mi prometti che
cercherai di migliorare... Dunque, vediamo cos’ho per te nel sacco...
Carbone, un paio di scarponi... No, questo è per il giardiniere,
questo è per la cuoca... Ah, ecco! Guardami bene e ripeti la formula
magica: Oh, Babbo Natale...»
«Oh, Babbo Natale...»
«Io ti amo da impazzire…»
«Io ti amo da impazzire...»
«E non desidero dalla vita altre che te...»
«Nessun’altra che te...»
«Buon Natale, amore mio.»
«...Ma è un’orchidea, un’orchidea nera!»
«Beh, non è proprio nera...»
«Ti amo - ti amo come non ho mai amato prima.»
«Anch’io...»
«Zitta, non parlare - non adesso.»
Sono
a pezzi. Questo silenzio martella le tempie ed io sono così stanca...
Rileggerò “Il pozzo della solitudine” - ero poco più
di una bambina quando lo lessi la prima volta... Il tempo è passato,
non il dolore.
*
* *
Ha
telefonato mia madre, dice che non devo fare sciocchezze, che è
preoccupata - dice che ha saputo ed è dispiaciuta che, nonostante
tutto, sono pur sempre sua figlia, che... Dio, ho il vomito.
Mamma,
solo tu sai avvilirmi così - la tua voce, le tue parole, ogni tuo
gesto mi offende. Smettila di torturarmi, lasciami in pace - lascia stare
la mia vita, non ti appartiene più...
•
•
•
«Dio, che vergogna. Che schifo! Ah, se fosse
vivo tuo padre!»
«Mi rifiuto di ascoltare una sola parola ancora!»
«Tu non hai il diritto di rifiutare nulla! Hai gettato nel fango
il buon nome che porti, non ti sembra abbastanza? Cosa ti abbiamo fatto
per meritarci questo?»
«Non chiederlo a me, mamma. Me ne vado.»
«In tutto questo tempo hai mentito - oh, sì, mi ero accorta
che qualcosa non andava in te, ma mai avrei immaginato...»
«Sei un’ipocrita, mamma. Non puoi negare di aver sempre saputo
chi e cosa io sono...»
«Sta zitta!»
«Guardami una buona volta, ma guardami veramente come non hai mai
fatto prima: io sono una parte di te e dell’uomo che hai amato -
io vi somiglio!»
«Come puoi parlare così, come puoi… Quella tua amichetta,
dimmi, anche lei è come te? È a causa tua che ha lasciato
il marito e i figli?»
«MAMMA! Ora basta, ora basta davvero. Vado via con o senza la tua
approvazione - temo di non averne bisogno. Alle tue amiche puoi dire che
è stato tutto un errore, che sono morta, anzi, che non sono mai
nata...»
•
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•
Alla radio hanno recensito il mio ultimo libro, pare abbia un discreto
successo. Bene.
•
•
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«Un attimo di attenzione, prego… Questa
sera ho l’onore e il piacere di presentarvi una grande promessa,
un astro nascente… Signori…»
Applausi,
strette di mano, sorrisi – ma io non ricordo un solo volto, un solo
nome…
«È
un vero piacere poterla incontrare…»
«I suoi racconti sono commoventi…»
«A quando il prossimo successo?…»
«Ci venga a trovare, saremo felici di…»
Tutto
è accaduto improvvisamente – in altre circostanze, forse,
nemmeno me ne sarei accorta.
«Vieni
via, altrimenti ti mangiano viva e a me non rimarranno che briciole!»
«Sei uno stronzo, me lo potevi dire che c’era tutta questa
gente.»
«Ti conosco bene, amica mia: se te lo avessi detto non saresti mai
venuta.»
«E allora sei stronzo due volte.»
«E dai, non fare quella faccia… Allegra, bimba, goditi il
meritato successo e bevi un po’ che ti fa bene!»
«Lo sai che sono astemia…»
«Appunto!»
«Dio, inceneriscilo!»
«Dopo, dopo… Vieni, ti voglio presentare una persona…
Ma dove diavolo si è cacciata?»
«È un’altra delle tue stupide trovate?»
«Sei scortese, malfidata ed enormemente antipatica stasera, ma questa
volta io non c’entro – l’idea è stata sua.»
«Sua di chi?»
«Della tipa che stiamo cercando!»
«No, mio caro, della tipa che stai cercando tu, perché io
non sto cercando proprio nessuno ed ora, se non ti dispiace…»
«Ah, eccoti finalmente! È un’ora che ti cerco…»
Bellissima,
era semplicemente bellissima. Ebbi subito come un senso di vertigine,
di profondo smarrimento. Lei sorrideva e parlava senza smettere di guardarmi.
Per un attimo interminabile tutto il mondo smise d’esistere…
Sentivo il suo sguardo naufragarmi dentro e null’altro vedevo, solo
i suoi occhi intinti di verde e color caramello…
«Ce
ne vogliamo andare? Questo posto mi deprime.»
«Buona idea, ma…»
«Conosco un localino molto particolare: ottima scelta di vini e
musica, ciarlare discreto, pochissimo andirivieni… Pensa che possa
fare al caso nostro?»
«Senza dubbio! Cominciamo, però, col darci del tu, perché
tutte queste formalità mi rendono nervosa e ancor più goffa
di quel che sono…»
Rise
divertita e finalmente, guardando altrove, mi lasciò libera di
arrossire…
«Capita
anche a me, non preoccuparti… Vieni, passiamo dal retro.»
Mi
prese per mano e piano, senza fretta, scivolammo lungo le strade di una
città che mai prima di allora mi era parsa così magica e
quieta. Passeggiammo parlando del più e del meno, scherzando come
due vecchie amiche, annusando i profumi della sera, respirando forte forse
per la paura di non sentire più battere il cuore… Lei sapeva
bene dove andare, ma io non me ne accorsi quella sera. Dietro il separé
era già tutto pronto…
«Maledette
scarpe…»
«Levale.»
«Ma tu come fai a sopportarli?»
«Cosa?»
«I tacchi!»
Rise
ancora, lasciando allo stupore e al piacere che provavo il compito di
espugnarmi…
«Abitudine,
credo…»
Ah,
quegli occhi! Mi fissavano e ridevano… Ridevamo entrambe, spensierate,
ubriache d’emozione e gioia. Un’ora, due, tre – tutta
la vita un’amarena stretta fra i denti, pronta per essere colta
come un fiore… Dio, con la lingua o due dita appena rubarla a quelle
labbra in rossa carne vibranti!
«…E
così gli cadde in testa anche il barattolo pieno di vernice!»
«Ah, ah, ah… Mai sentita una storia tanto assurda!»
«Ancora Champagne?»
«Sono un po’ brilla, ma ne bevo volentieri un altro sorso.»
Nella
precarietà del gesto, urtò il suo flüte già
colmo…
«Scusami,
sono un disastro…»
«Ma no, non è niente…»
«Aspetta, ti aiuto…»
La
sua mano, esile, nodosa e pallida, scivolò lentamente lungo la
mia giacca – esitò, quasi tremante, infine si trasformò
in una carezza di seta che mi fece rabbrividire.
«Perché
mi hai voluta conoscere?»
«Non lo so, ho seguito l’istinto – è la prima
volta che mi succede, forse non avrei dovuto.»
«Sei delusa?»
«No. E tu?»
«È stata una magnifica serata…»
Improvvisamente
divenne malinconica...
«Ma
tu stai tremando, hai freddo?»
«No, non è il freddo. Abbracciami qualche istante, forse
passerà.»
La
strinsi forte a me, con naturalezza – rassegnata, ormai, ad un’irrazionale
certezza d’incombente amore…
«Vuoi
andare a casa?»
«No, vorrei solo che il tempo si fermasse. Perdonami.»
«Perdonarti? E di cosa dovrei perdonarti?»
Alzò
il viso e schiuse un poco le labbra lasciando che gliele disegnassi con
la punta delle dita…
«Non
capisco e ho paura, ma…»
Non
posso dimenticare la dolcezza infinita di quella notte, la passione con
cui mi amò. Eravamo due, ma finalmente una. Eravamo appagate, complementari,
affini – arrese allo stupore, ebbre d’amore.
Eravamo
felici, così terribilmente felici una nell’altra.
•
•
•
Il campanello ha suonato a lungo, infine ha taciuto. Ho atteso qualche
minuto, quasi un’eternità, poi non ho più resistito
e sono corsa alla porta ma chiunque fosse se n’era già andato.
Non un messaggio, un indizio. Ho tagliato i fili. Quell’aggeggio
infernale ha smesso di suonare, per sempre.
Sto
male. Mi sono svegliata in preda ad un attacco di panico. Devo aver fatto
un brutto sogno, a volte ne faccio di orrendi. Prenderò un paio
di sonniferi. Sono stanca di tutto questo rumore. Non faccio altro che
pensare, pensare, pensare…
Finalmente
ho dormito. Oggi va meglio. La neve ovatta l’aria, rende tutto irreale
e morbido. Ho freddo - e fame…
Ricostruirò
il dolore, tassello dopo tassello - non sarà difficile. Metterò
un po’ d’ordine, troverò il bandolo, ovunque sia…
•
•
•
«Ho bisogno di riflettere.»
«Nei tuoi occhi c’è una luce nuova che non conosco
e non mi piace.»
«Me ne vado per un po’. Non so quanto starò via, in
ogni caso, qualsiasi cosa accada, non cercarmi – lo farò
io quando sarà il momento e se ne avrò l’occasione.
Non posso e non voglio dirti altro. Non farmi domande, ti prego. Sei un
buon amico, il migliore che abbia, il più importante – ti
devo molto e non mi basterebbe una vita intera per sdebitarmi…»
«Smettila, mi fai paura.»
«Ah, amico mio – sapessi quanto male ho dentro…»
«Il tuo male è anche il mio – non lo capisci?…»
«Lo so ed è anche per questo che ho deciso di andare…»
«Ma la casa, il lavoro…»
«Tutto sistemato, non ti preoccupare. Non lascerò niente
d’intentato o incompiuto. Non è facile, ma è necessario.
Abbi fiducia. Ne uscirò, vedrai... Adesso vai, però –
vorrei rimanere sola.»
«Ci vediamo domani?»
«No, parto stasera. Va via, ti prego.»
«Va bene, se è questo che vuoi – vado.»
«Addio. Addio, amico caro.»
«A presto, bambina... Mi raccomando, non fare stronzate…»
«Certo, sta tranquillo, ma va via, vai via adesso…»
Sola.
Finalmente sola a combattere contro la voglia di correre a cercarla. Chiusa
qua dentro per trovare la forza di dire basta o tornare nel mondo - risorta.
* * *
È
arrivata una lettera…
Cara,
cara amica… Dove sei, cosa fai?
Sì,
lo so, mi hai chiesto di non cercarti, ma da quando sei partita
si è scatenato l’inferno: tua madre, per esempio, mi
è venuta a cercare, piangente e pentita per quello che è
successo fra voi – le ho dovuto dire, anche se in una versione
abbondantemente rivista e corretta per l’occasione, la ragione
di questa “fuga” tanto repentina quanto inspiegabile…
Non avevo altra scelta, sai quanto è tenace.
E
poi c’è il tuo Editore, quello sì che è
infuriato! Non riesce a capire perché gli hai restituito
il contratto, dice che ci sono le penalità, che potrebbe
chiederti i danni, che è personalmente offeso e una montagna
di altre castronerie molto simili a questa.
Gli
amici mi tempestano di telefonate e persino il lattaio è
in pensiero per te…
Insomma,
quest’aria da 007 in vacanza che ti sei creata intorno, non
mi rende la vita facile e, soprattutto, non la renderà facile
a te quando e se tornerai!
Fa
qualcosa, onnipotente Regina, tutti aspettiamo in gloria il tuo
ritorno (in modo particolare io e sai che non mento).
Certamente
leggerai queste righe (ti conosco, mascherina, e sono pronto a scommettere
che te ne stai segregata in casa a leccarti le ferite), ti prego,
dunque, di rispondermi, o quantomeno sbriga alla svelta le tue faccende!
Ti
abbraccio e bacio. |
Povero
amico mio, non posso tornare adesso, davvero, non posso. Devo ancora scendere,
scavare, ancora non ho visto la fine del mio inferno… Ancora non
è tempo.
*
* *
Devo
controllare la dispensa. Mangio troppo. Di questo passo non mi rimarrà
nemmeno un etto di pasta. Ho quasi finito anche i farmaci.
Ah,
se almeno riuscissi a scrivere, se almeno sapessi dov’è,
cosa fa…
•
•
•
«Che ne pensi?»
«Un buon lavoro.»
«Domani lo porto all’Editore, farà i salti dalla gioia.»
Eravamo
tornate da due o tre mesi, il tempo necessario perché cambiasse
aspetto, umore - era irriconoscibile ed io tremavo di paura, avevo il
terrore che mi abbandonasse…
«Sono
stanca.»
«Stanca? E di cosa?»
«Possibile che tu non capisca?»
«Cosa c’è da capire?»
«Sono stanca, stanca di stare nascosta – c’è
il mondo là fuori, te ne sei mai accorta?»
«Quando ci siamo conosciute non sembrava che te ne importasse e
comunque se questo è il problema, usciamo…»
«No, questo non è il problema…»
«Ah, ecco.»
(…)
«Vado via qualche giorno.»
«Vai via? E dove???»
«Parto domattina presto. Non occorre che mi accompagni.»
«Non occorre?»
«Sì, non occorre – e adesso, se non hai niente in contrario,
vado a dormire… Ho una terribile emicrania.»
«Ma perché?… Dove vai, dove… Dio mio…»
Ho
riflettuto lungamente, ma ancora non riesco a capire. Forse avevo solo
un disperato bisogno di dar corpo ad un’illusione, o forse, più
semplicemente, è andata così e non è il caso di drammatizzare
– ma in momenti come questo il solo pensiero che è in qualche
posto e magari ride, ride di me, mi uccide.
In
bagno, nell’armadietto, c’è la risposta e la soluzione
ad ogni problema – basterebbe servirsene. Basterebbe un colpo di
spugna e quest’infamia sparirebbe senza lasciar traccia, ma altre
derive e verità mi attendono…
•
•
•
«Li ho visti con i miei occhi!»
«Ma dai, forse stavano solo scherzando.»
«E lei ha fatto finta di non vedermi…»
«Magari è un’infatuazione passeggera.»
«Stavano lì, davanti a me, abbracciati!»
«Cerca di calmarti…»
«Oh, sì, abbiamo immaginato molte volte un mondo finalmente
libero dai preconcetti, poter camminare fra la gente tenendoci per mano,
non dover nascondere i sorrisi, limitare le parole – ma lei vuole
farlo adesso, lei pretende da me cose che io non posso darle: non posso
espormi, non posso cambiare la testa della gente! Possibile che sia così
stupida da non capirlo? O ci sono in lei delle ragioni, dei motivi, dei
limiti che ignoro? Se così è, io amo una sconosciuta, un’estranea
– io venero una serpe…»
«Vieni, ti porto a casa.»
«Non occorre, non occorre più.»
E
l’aspettavo sveglia. Notti intere trascorse spiando il silenzio,
con lo sguardo rivolto ad una strada che non raccontava più i suoi
passi. Abbracciata al suo cuscino, incapace di piangere, stordita, incredula,
ferita, ho atteso per giorni interi che tornasse. Nella stanza il suo
profumo, il suo muoversi felino e invisibile attorno al mio dolore, ma
lei non c’era - altrove, anche a costo del mio sangue, stava conquistandosi
il diritto all’esistenza.
Ormai
è trascorsa più di una settimana.
Di
tanto in tanto guardo fuori, così, giusto per non perdere del tutto
un contatto con la realtà – non ha molta importanza adesso,
è solo un’abitudine che con i giorni guarisce.
Forse
la pianterò di spiare l’aria che respiro, forse la smetterò
di occuparmi del tempo nel momento stesso che avrò perduto anche
l’ultima resistenza alla vita.
Ma
ora è notte, bisognerebbe riposare – sognare…
•
•
•
«Dormi?»
«No.»
«Qualcosa non va?»
«Ho paura che tutto questo finisca.»
«Cerca di dormire – le paure evocano.»
«Non posso, è più forte di me.»
«Non finirà, stai tranquilla – se mi ami non potrà
finire.»
«Sì, io ti amo, ti amo davvero, ma…»
«Ssss…»
•
•
•
Ho controllato la dispensa: è quasi vuota. Autonomia alimentare:
cinque/sei giorni – forse una settimana. Se cominciassi sin da ora
a razionare quel poco che è rimasto potrei arrivare a Natale, ma
non ho nessuna intenzione di farlo. È giunto il tempo di prendere
una decisione…
•
•
•
«Cosa pensi di fare?»
«Darò istruzioni precise affinché non possa più
mettere piede in casa mia.»
«E dopo?»
«Non lo so, potrei andare a trovare qualche amico, oppure cercare
un dottore compiacente che mi procuri una bella quantità di barbiturici…»
•
•
•
Un tempo ci giurammo amore e fedeltà. Mai, prima di allora, ci
era parso tanto importante farlo – mai avevo sentito in me un così
grande senso di pienezza ed armonia… Stronzate…
•
•
•
«Credimi, sarà difficile.»
«Non m’importa.»
«Tu non hai mai fatto questa vita, non puoi sapere che cosa vuol
dire nascondersi, mentire, fingersi diversi…»
«Ho te, il resto non conta.»
«Sei sicura di amarmi, di amare me? Sei sicura che ti basterà?»
«Ti amo, mi ami - cos’altro potremmo desiderare?”
«Qua è facile, questo è un paese libero. Quando torneremo
non sarà la stessa cosa.»
«Lo so, ma non voglio rinunciare a svegliarmi ogni mattina accanto
a te.»
«Stringimi forte, bambina mia, perché ho paura – una
dannatissima, fottutissima paura…»
A
volte odo la sua voce, allora mi volto di scatto e la colgo nell’atto
di svanire. Mi dilania il rimorso di averle fatto male. Mi uccide il suo
implorare un perdono che non ho saputo darle. Nel sangue consumammo il
più straziante grido d’amore – ed ora mi sento vuota
e confusa come se mi avessero strappato il ventre…
«Allora,
hai deciso?»
«È un’idea assolutamente folle!»
«Non essere sciocca…»
«Ma dai, non è serio.»
«Come sarebbe a dire “non è serio” – che
significa?»
«Non è serio e basta! Che senso ha andarsene così,
di nascosto, improvvisamente… E poi, abbi pazienza, ma fa freddo
qua, ti immagini al nord che gelo?»
«Ascolta, riempiamo le valigie di cappotti e partiamo verso i primi
di Dicembre! Ho preso in affitto una casa vicino ad Amsterdam, un posto
talmente incantevole che è proprio una fortuna che sia libero sotto
le festività natalizie. Non possiamo tirarci indietro proprio ora,
è già tutto fissato. Sarà bellissimo, vedrai –
e ci divertiremo un mondo!»
«Ma perché?»
«È per starcene tranquille, libere di fare ciò che
ci piace quando e come vogliamo!»
«Perché lì e non altrove? Che so, un’isola nel
Pacifico… Palme, spiagge bianche, caldo…»
«Perché ho visto le fotografie ed è un posto così
romantico che se ci penso mi viene da piangere… E dai, lo desidero
follemente – oltretutto sei tu che ti lamenti sempre perché
non possiamo stare da sole in santa pace… Insomma, se vieni ti sposo!»
«Che fai?»
«Ti sposo!!!»
«Ma via, non essere ridicola…»
«Non scherzo mica, ad Amsterdam due donne si possono anche sposare
se lo desiderano… Ma ci pensi? Lady and Lady… che so…
Smith!»
«Mi stai prendendo in giro, come al solito…»
«Ti dico di no… Ecco i biglietti e questo è l’indirizzo
dove siamo attese nel caso tu voglia accettare la mia proposta…»
«Secondo me sei completamente pazza, ma questo viaggio, in fondo,
è proprio quello che ci vuole… Ultimamente la gente chiacchiera
troppo…»
«Appunto. Magari, se ce ne andiamo, si dimenticano di noi…»
«Bah, ne dubito…»
«Allora?»
«…E comunque non so se ti voglio sposare!»
«Ok, hai tutto il tempo per pensarci… Allora?»
«Uhm… Va bene, hai vinto. Quando si parte?»
«Fantastico, partiamo il 6!»
Ha squillato il telefono e invece di andarmene in un’altra stanza
non ho resistito: ho aspettato di capire chi fosse e ho risposto. Era
quella piattola di “culo d’oro”. Gli ho detto che si
faccia una bella sega alla mia salute e non rompa più le balle
con le sue storiacce da scannatoio, i suoi insopportabili piagnistei.
Mi ha risposto che le donne sono tutte uguali (visti i tempi mi trova
abbastanza concorde) e che per lui se non ci fossimo sarebbe anche meglio
(che novità!) ed io gli ho detto che non ho ancora capito se siano
peggio le checche del suo stampo o gli squadristi che se ne servono come
punching-ball: pur non negando di odiarle almeno ci scopano! Poi ho rincarato
la dose: “Chiedi a tua madre se ti ha trovato sotto un cavolo o
se ti ha portato la cicogna, imbecille!” – è scoppiato
a piangere e ha tirato giù…
Sentirmi
in colpa? E perché? Finalmente gli ho detto quello che pensavo
già ai tempi del liceo, quando passava le mattinate a raccontarmi
sin nei minimi dettagli le sue avventure ai cessi della stazione. È
sempre stato un maschilista, misogino e separatista – peggio di
così! Sognava il mondo frazionato in tre parti: da un lato le lesbiche,
dall’altro i gay, in mezzo gli etero - i bisessuali, i trans e le
traveste, invece, avrebbero corso da un capo all’altro del globo
facendo la felicità degli indecisi, dei vigliacchi e degli adulteri.
Demagogico e stomachevole, come sempre.
•
•
•
«Non potete entrare.»
«Perché?»
«Non avete letto il cartello?»
«No, quale cartello?»
«Quello…»
ONLY
FOR MEN
NO ANIMALS, NO WOMEN |
«Ah,
capisco… Prometto che uscendo non piscerò sullo zerbino,
prometto che…»
«Dai, vieni via, lascia perdere.»
«Va bene, va bene, andiamocene...»
Mi
sono guardata allo specchio, era già un po’ che non lo facevo.
Sono quasi irriconoscibile, faccio schifo. Al diavolo anche gli specchi
e questa avvilente faccia di mummia…
•
•
•
«Sei pallida.»
«Trovi?»
«Sì, zitta e pallida come una mummia. Cos’hai?»
«Niente.»
«Menti.»
«Ti dico che non ho niente.»
«Allora, se non hai niente, esco…»
«Dove vai?»
«Dal parrucchiere.»
«Anche ieri sei stata dal parrucchiere ed anche ieri l’altro.»
«Cosa fai, controlli o sei gelosa?»
«No, è che i tuoi capelli, nonostante il parrucchiere, sono
gli stessi di un mese fa.»
«Già, è proprio bravo il mio coiffeur.»
«Già, dev’essere molto bravo… Quando torni?»
«Non so, forse per l’ora di cena, dipende…»
«Déjà vu, mia cara, déjà vu –
non sei nemmeno originale, come sempre, del resto.»
«D’accordo, ho capito – non ho voglia di discutere…
Ci vediamo domani, forse…»
•
•
•
Oggi mi sento come se mi fosse passato sopra un treno. Mi è
anche salita la temperatura, ma probabilmente avevo un po’ di febbre
anche ieri sera. Proverò a dormire, magari poi starò meglio.
•
•
•
«È la prima volta che prendo un aereo…
Dio, che emozione!»
«E vedrai che posto! Sono certa che ti piacerà.»
«Promettimi che non mi lascerai mai…»
«Parola di boy-scout…»
Pareva
una bimba ed io non mancavo d’amarla come certe madri e certi padri
sanno fare… Un gioco, ecco cos’era, un tenerissimo gioco fatto
di tante piccole cose, innocenti e tenere, che facevano così bene
al cuore…
«Lasciala
perdere, non è fatta per te… Non dovevo darle retta, non
avrei dovuto presentarvi…»
«Non essere ridicolo, tu non c’entri.»
«Guarda che non lo dico tanto per dire – conosco te e conosco
anche lei piuttosto bene… Credi davvero che il vostro incontro sia
stato casuale? Ma neanche per sogno! Aveva preparato tutto sin nei minimi
particolari: la passeggiata romantica, il localino discreto…»
«???»
«È andata così: mi disse che avrebbe fatto qualsiasi
cosa per conoscerti, che se c’era una persona al mondo con la quale
avrebbe voluto avere la sua prima esperienza, quella eri senz’altro
tu e tu eri sola, scorbutica più del solito e l’idea di tramare
nell’ombra per regalarti un’avventura non mi parve del tutto
insensata… Che idiota: vi ho persino prenotato il tavolo!»
«Che hai fatto?»
«Me ne vergogno, ma tant’è… Giuro che mai avrei
pensato che vi sareste prese tanto sul serio! Dammi retta, quella donna
non ha la statura morale per reggere il peso di una vita come la nostra!
È così ambiziosa, frivola, volubile – una foglia al
vento costituzionalmente incapace di distinguere la differenza fra la
terra e il cielo: è evidente che non prenderà mai una posizione
univoca rispetto a questa vostra irrazionale, infantile pazzia.»
«Dice di amarmi…»
«Ci sono persone capaci di consumare nel giro di qualche minuto
il più esagerato degli amori – ma l’amore non è
una passeggiata in riva al mare, l’amore non sempre basta…»
«Mi ama.»
«Oh, sì, ti ama ed è vero come è vero che un
giorno sputerà nel piatto dove avrà mangiato sino ad allora,
con la stessa meravigliosa leggerezza, con la stessa sorprendente noncuranza!»
«Forse hai ragione, comunque ci voglio provare ed anche lei lo desidera.»
«D’accordo, e si può sapere cosa avete intenzione di
fare?»
«Partiamo domani. Ho preso in affitto una vecchia casa vicino ad
Amsterdam… Doveva essere un segreto, ma sono sicura che non ti scapperà
detto…»
«Signore, tu che puoi tutto, ferma queste scellerate perché
non sanno quello che fanno! Ma questo, mia cara, è un viaggio di
nozze in piena regola, Dio, persino in luna di miele! Poi arriva la crisi
del settimo mese quindi il tuo suicidio, di certo non il suo!»
«Non essere melodrammatico…»
«Ah, io non esagero e tu, in cuor tuo, sai perfettamente i rischi
che stai correndo. Ma guardati, sembri una scolaretta alle prime armi!
Non sei una bambina, sei una donna ormai, e per giunta una donna di talento!
Hai fascino, grinta da vendere – puoi, anzi, devi pretendere di
più! Ragiona, ti prego, guarda le cose così come sono, non
come vorresti che fossero… Per lei non sei altro che un capriccio
destinato a vita breve, motivo d’orgoglio perché ti ha conquistata
con il solo aiuto del suo ammaliante savoir fair di donna pronta a tutte
le esperienze della vita… Ma che bella storia, magnifica, un vero
capolavoro! Don Giovanni non avrebbe saputo far di meglio, solo che lui,
per quanto trasgressivo, è un personaggio consono, adeguato alla
morale (e tutto è lecito quando si sta dall’altra parte della
barricata), lei, invece, no – niente legalità, santificazione
o glorificazione per gente come noi!»
«Sei duro.»
«Sì, duro, perché in quarant’anni di onorato
servizio ne ho incontrati tanti di mascalzoni del tutto identici alla
tua pupilla ed ho capito che se lo portano appiccicato addosso il tanfo
nauseante della menzogna e sono pericolosi perché fanno tenerezza
con i loro occhioni incerti o tristi, pieni di smarrimento o desiderio
– un’irresistibile, insostenibile tenerezza. Prima ti innamorano,
poi ti mollano senza darti spiegazioni accettabili. Sono abili collezionisti
di carne umana – dell’anima non sanno che farsene, la gettano
nel primo cassonetto che trovano. Sono vittime di loro stessi, vittime
fors’anche felici del loro maniacale appetito. In quanto a me, beh,
posso dire in serena franchezza che da un letto all’altro ho perso
il pelo ma non il vizio, cosicché ancora affino il fiuto e rinforzo
il callo!»
«Ah, mio dolce amico…»
«No, ti sbagli: patetico forse, dolce no – non più
almeno…»
«Ti prego…»
«Ho imparato mio malgrado, che spesso sono proprio le novità
più eccitanti e promettenti che invecchiano e danno problemi con
il passar del tempo, che i facili entusiasmi corrono rapidi e molto rapidamente
sbiadiscono… Sai cosa resta dell’innamoramento se non c’è
amore? Nel migliore dei casi, niente, nemmeno uno schifo di saluto –
altrimenti rancore, o peggio, odio… Perdonami, ho esagerato…
Dio, come sono apprensivo, iperprotettivo… Magari mi sbaglio…
Non ho il diritto di interferire, scusami, tu non devi rendere conto a
nessuno delle tue azioni, men che mai a questo vecchio noioso, a questa
zitellaccia inacidita che sono… Non è detto, perché
io non ho avuto fortuna, che tu non possa averne… Al diavolo! Goditi
sino in fondo questa storia, amica mia, succhia quando più amore
puoi e danne sino a rimanerne senza… Cos’altro porteremo con
noi, di là dalla vita, se non la sincerità dei nostri buoni
e cattivi sentimenti? Tutto il resto è paccottiglia.»
Ah,
quanta amarezza e disincanto, quanta speranza e verità in ognuna
di quelle parole! Sì, mi facevano tenerezza quegli occhi che non
smettevano mai di fissarmi – supplichevoli e inquisitori erano gli
occhi della donna che amavo, m’inteneriva il suo rifugiarsi fra
le mie braccia ogni volta che il mondo le voltava le spalle… Le
mie braccia o quelle di chiunque altro: la stessa cosa per chi non appartiene
a nessuno…
«Ci
sono messaggi per me?»
«No, signorina, nessun messaggio.»
Ancora
una volta se n’era andata. Il sudore e l’orrore avevano trasformato
il mio viso – sapevo che prima o poi sarebbe tornata e non avrebbe
avuto pietà. La cercai disperatamente per impedire che le crescesse
dentro, alimentato dal tempo, nella lontananza, tutto quell’odio
e quel rancore che già altre volte mi aveva fatto tremare…
«Scusa,
per caso hai visto quella ragazza…»
«Chi, quella bionda con la quale esci già da un po’?»
«Sì, proprio lei.»
«No, mi spiace, è almeno una settimana che non viene da queste
parti… Problemi?»
«No, no – niente.»
«Se la vedo le devo dirle qualcosa?»
«No, non importa…»
Non
mi avrebbe chiamata, ne ero certa – i giochetti al telefono l’avevano
stancata…
«Pronto?»
«Ciao, sono io.»
«C… ciao, dove sei?»
«Sono a casa di un’amica.»
Mentiva,
lo sapevo, ma non me ne importava…
«Tutto
a posto?»
«Sì, tutto a posto.»
«Scusami, ma non capisco.»
«Non c’è niente da capire. Sto male.»
«Ho fatto qualcosa che non dovevo?»
«Esisti, dannazione!»
«Continuo a non capire, spiegati! Spiegami perché te ne sei
andata, senza avvertire, senza dare spiegazioni… Riesci almeno ad
avere un’idea di come mi sono sentita e di come mi sento adesso?»
«Calmati…»
«Sono calmissima! Dico soltanto che non mi puoi fare a pezzi, non
mi puoi buttare via come fossi roba vecchia… Per me tu non sei una
qualsiasi, non sei solo un’amica – lo capisci questo?»
«…Vienimi a prendere, ti prego, ho bisogno di te…»
Il
diabolico meccanismo era innescato ed io ero caduta nella trappola quasi
senza accorgermene. Mi precipitai, come mi aveva chiesto. Ci abbracciammo
e piangemmo come due bambine punite dal loro stesso dolore. L’amavo
e anche lei, a suo modo, mi amava. Si trattava di battere un record, di
testare l’altra per scoprirne i limiti, ogni volta mirando sempre
più vicino al cuore, senza esclusione di colpi…
Questa
volta non avrebbe telefonato. Sarebbe comparsa improvvisamente alle mie
spalle e avrebbe provato a farmi saltare in aria il petto.
Sì,
l’ombra del mio boia si muoveva lenta e cantava nenie agghiaccianti
in mio onore, per amor mio…
Finalmente!
Dopo mesi di inutili ricerche, l’ho ritrovato… Eccolo qua,
apparso dal nulla – non dev’essere un caso. Mio dolce, prezioso,
piccolo Principe, tanto tempo fa qualcuno mi disse che ti somigliavo,
per anni ho portato in me il dubbio e la speranza d’esserti sorella,
oggi so che non siamo nemmeno lontani parenti… Disegnatemi una pecora,
la mia rosa è in pericolo!
•
•
•
«Buongiorno.»
«Buongiorno a lei, in cosa posso esserle utile?»
«Vorrei un’orchidea.»
«Un regalo?»
«Sì.»
«Lei è davvero fortunata, me ne è arrivata una stamani
che la lascerà senza fiato…»
“Un’orchidea nera!”
«Non è proprio nera, è blu – difficilmente teniamo
fiori così particolari…»
«È un peccato.»
«Già, un vero peccato…»
«Bene, me lo confezioni a dovere perché deve arrivare sino
a stasera…»
«Oh, non si preoccupi, quest’orchidea è molto forte
e non solo in apparenza!»
Ancora
posta…
Ormai
ne sono certo: ti sei barricata in casa (è stata una grave
imprudenza quella di rispondere al telefono, a “Culo d’Oro”
poi, lo sai che quello è peggio di un colino! Complimenti,
comunque, gli hai dato una lezione che se la ricorda finché
campa)!
Ah,
mi sembra di vederti, lì che ti crogiolo nel sangue delle
tue stesse ferite – e piangi e batti i pugni e imprechi e
sprechi… Sì, sprechi, mia cara ed ostinata amica, tante
preziose energie inseguendo il ricordo di un miraggio.
Almeno
tu sognassi (sognare di tanto in tanto fa bene) – e invece
no, devi reggere la parte, interpretare il ruolo della vittima sacrificale,
renderti succube del dolore, ma questa tragedia, mia cara, è
patetica, ridicola, stantia. Amore e morte, morte e amore…
Posso dirlo? Certo che posso, d’altronde non so tenere il
becco chiuso - sei fuori moda e fuori luogo…
Inutile
tapparsi le orecchie, inutile bluffare – nonostante tu abbia
deciso di abbrutirti, eccoti lì: arrabbiata e giusta, talmente
gonfia d’orgoglio che nulla ti potrebbe strappare alla tua
vita e alla tua causa – ebbene, la tua causa è anche
la mia (ahimè, che ho fatto di male?!) ed ora non ho più
voglia di battermi da solo…
E se invece di contare le crepe del soffitto tu venissi a vedere
cosa fa il tuo piccioncino?… Touché!
E se invece di affogare nelle lacrime tu ti cercassi una compagna
con la quale fare un piacevole, rigenerante, simpatico viaggietto?…
Touché!!
E se invece di perdere tempo meditando su come fare per lasciarci
tutti, tu venissi ad uccidere quell’indemoniata di tua madre?
(Con gli amici divido volentieri anche gli amanti, ma una madre
è ben altra faccenda e della tua, ti giuro, posso e voglio
fare a meno – a costo di tornare dalla mia!)
È
necessario il tuo martirio?
Ne vale la pena?
Per chi?
Sì, lo so, non ti stai divertendo.
Sì, lo so, non sono divertente nemmeno io.
Sì, lo so, hai deciso di espiare le tue colpe…
E
allora, d’accordo, l’hai voluto tu… |
Amico,
amico mio, tu hai ragione, tu sai leggere con chiarezza nel mio cuore…
Affonderai la lama e questo è esattamente quello che voglio.
Fra
qualche giorno, mai più finzione… Tra qualche giorno, certo,
proprio come un anno fa…
•
•
•
Li
conservo negli occhi i dolci sorrisi trascorsi nella quiete e nell’abbondanza
della vecchia casa vicino ad Amsterdam… Senza limiti recitavamo
l’amore, senza limiti ci perdevamo una nell’abbraccio dell’altra…
«Ma
questa non è una casa, è una reggia!»
«Uhm, non è male…»
«Non è male???»
«Beh, poteva andarci peggio…»
«Ma va… Corri, vieni a vedere il caminetto…»
«Aspetta, metto dentro le valigie e arrivo…»
«Accidenti, c’è persino la biblioteca… Ma tu
lo conosci il fiammingo?…»
«Uff, ma cosa hai messo nelle valigie?… Che freddo…
Lo accendiamo un bel fuocherello?… Che dici, lo accendiamo o no?…
Ehi, ma dove ti sei nascosta?»
«Sono qui! Vieni a vedere!!!»
(…)
«Allora, che te ne pare?»
«Mai visto nulla di simile… Dormiremo qua?»
«Sì.»
«In questa stanza?»
«Certo.»
«Con il caminetto acceso?»
«Beh, se vogliamo evitare di congelarci…»
«Ma è magnifico… MA-GNI-FI-CO!!!»
«Lo sapevo che ti avrei accontentata… Sì, credo proprio
che sarà una vacanza indimenticabile.»
«Comincio a crederlo anch’io…»
«Ma adesso basta giocare… Vieni che dobbiamo fare un mucchio
di cose…»
«Capirai… Cosa?»
«L’albero di Natale, ad esempio… E poi disfare le valigie,
tagliare la legna, preparare qualcosa per cena, accendere il fuoco…»
«Peggio che a casa… Sei un’inguaribile stacanovista,
ma io ho un’idea migliore…»
«Giù le mani, scansafatiche! Senti, facciamo così:
tu ti occuperai soltanto dell’albero, però, mentre vado a
cercarne uno, prometti che disferai almeno le valigie?»
«Affare fatto…»
Finalmente
sole… Appena arrivammo cambiò espressione, mi parve subito
più bella, più donna e bambina al tempo stesso… Di
quei giorni mi manca soprattutto la giocosità con la quale li vivemmo,
la loro straordinaria semplicità.
Ha
smesso di nevicare. Ho staccato il telefono – ha suonato instancabilmente
tutta la notte. Non so chi ha chiamato e non voglio saperlo. Ho finito
il mio appetitoso cocktail di farmaci. E da domani dovrò fare a
meno anche dei sonniferi.
Il
cerchio si chiude, si chiude davvero…
•
•
•
«Come stai?»
«…»
«Siamo alle solite, vero?»
«Sì, ancora.»
«Cos’altro è successo?»
«Non lo so… La prima volta se n’è andata ma poi
è voluta tornare ed io l’ho riportata a casa. La seconda
mi ha detto che era stanca di nascondersi, di provare vergogna, che voleva
tornare a sentirsi “normale” – fui paziente, finsi tolleranza
e comprensione… La lasciai andare e lei tornò dopo una settimana
piena d’arroganza e succhiotti sul collo. La terza non disse niente
– dieci giorni dopo me la ritrovai nel letto, sconvolta, distrutta.
Ci amammo selvaggiamente, giurò e spergiurò, m’implorò
di crederle: non se ne sarebbe più andata perché non amava
altri che me ed era vero com’è vero che è andata via
un’altra volta, che da due giorni la cerco senza riuscire a trovarla…»
«Tempo fa ti dissi come la pensavo, ti avvertii – ma non c’è
peggior sordo di chi non vuol sentire, vero? Va beh, acqua passata…
E adesso cosa pensi di fare?»
«Vorrei tornare indietro, ma… Tutto inutile, maledizione,
è tutto inutile… Lei dice che non mi sopporta più,
che è stanca, che “vorrebbe” ma è troppo difficile,
che mi odia perché non riesce a fare a meno di me, che mi ha tradita
mille volte e mille altre lo farebbe perché lei ha altri interessi,
lei vuole altro dalla vita e… Dio mio, non ce la faccio, non ce
la faccio più…»
«Tu sei l’unica che può mettere fine a questo massacro…»
«Dovrò decidere io per entrambe?»
«Temo di sì – lei è in grado di sopravviverti,
ma tu, se non ne esci alla svelta, rischi di pagare un prezzo troppo alto…»
Sapevo
che sarebbe comparsa improvvisamente alle mie spalle… L’ombra
del mio boia scivolava lenta e cantava, cantava…
Sarebbe
tornata, certo, e non avrebbe avuto pietà…
«Signorina,
mi scusi, proprio non so come dirlo, ma… Vede, su, in casa sua…
Ho provato a fermarla, ma… Insomma, non ha voluto saperne di andarsene!»
«Quando?»
«Non so, un’ora, forse due ore fa… Mi spiace, davvero…
Forse avrei dovuto avvertire la Pol…»
«No, no, per carità, non si preoccupi, ha fatto benissimo
– ci penso io, stia tranquilla.»
Lo
sapevo, mi ripetevo che lo sapevo, che era tornata… Mentre salivo
le scale cercavo di fermare il batticuore, la rabbia e la paura –
cercavo la forza per non cadere nel baratro dei ricordi, della compassione,
della pietà… Pregavo Iddio perché mi desse il coraggio
di affrontarla, gli dicevo che era ingiusto, che tutto questo era atroce
e lui non aveva il diritto di punirmi così, e per cosa poi, cosa
avevo fatto di tanto cattivo… Le gambe mi reggevano a fatica e la
voce che udii non mi sembrò la mia…
«Bene,
cedo che il tuo parrucchiere ha fatto miracoli.»
«L’ho cambiato, non mi piaceva più.»
Se
ne stava immobile, guardandomi dritta negli occhi – irreale e sconosciuta
come il cadavere di un lontano parente del quale si è dimenticato
persino il nome…
«La
tua presenza in questa casa non è gradita, spero te ne renda conto.»
Quelle
parole, Dio, di chi era quella voce così ferma e decisa –
chi, al posto mio, recitava così bene le mie menzogne?…
«È
colpa tua se non posso fare a meno di te!»
«Levati dai piedi…»
«Ah, ah, ah, ridicola, sei assolutamente ridicola! Vorresti farmi
credere che non te ne importa più nulla di me?… Ah, ah, ah,
divertente, davvero molto divertente! Ma non mi convinci, sai? Guardati!
Non lo vedi che senza di me sei meno di niente?»
Non
ricordo. Improvvisamente mi sentii risucchiare in un vortice e tutto girava,
tutto perdeva consistenza: un susseguirsi frenetico di colori e suoni
misti a vertigini e brividi di freddo… E poi caldo, tanto caldo…
Un fuoco mi bruciava dentro, correva impazzito lungo le vene ed io lo
sentivo correre e non riuscivo a capire, non riuscivo a fermarlo…
Correva, correva… Fermati, fermati o mi scoppierà il petto!…
«Mi
fai male, lasciami!… No, ma che fai… AIUTO, QUALCUNO MI AIU…»
(…)
«Fermatela – fermatela!»
(…)
«Presto, un’ambulanza – PRESTO!!!»
(…)
«Lasciatemi, lasciatemi…»
Quando
riuscii ad aprire gli occhi, ero legata ad un letto. Ricordo il buio ed
un odore pungente di etere, escrementi e vomito - voci lontane, parole
sussurrate forse in un’altra stanza. Una terribile, impietosa risposta
mi attendeva in fondo ad ogni domanda: quel vuoto nel quale rimbalzavo
inerte… In una confusione che non so descrivere, il dolore del corpo
e insieme quasi l’inconsistenza di esso, si mescolava al respiro
e ad un senso di svuotamento… Mi sentivo incorporea, altro da me,
sparpagliata nell’aria come il bisbiglio di quelle voci o l’alitare
emozionato d’una madre che attraverso lo stetoscopio ascolta il
suo piccolo sé divorarle il ventre…
«Come
sta, dottore?»
«È ancora sotto l’effetto dei sedativi… Non penso
che si riprenderà facilmente – ha subito un forte shock.»
«Come pensate d’intervenire?»
«La terremo sotto osservazione per il tempo necessario e comunque
dovrà rimanere a disposizione delle autorità.»
«E l’altra?»
«Beh, tutto sommato le è andata abbastanza bene: tanto spavento,
un labbro rotto, ecchimosi varie e un paio di costole incrinate. Poteva
andarle peggio, mi creda, viste le circostanze molto peggio… Perdoni
l’ironia, ma è la prima volta che mi capita un caso come
questo.»
«Uhm… Posso vederla?»
«Non sarebbe permesso, ma se fa in fretta e cercherà di non
stancarla, chiuderò un occhio.»
Uno
spiraglio di luce tagliò in due la stanza… Strinsi forte
i denti nel tentativo disperato e inutile di sparire, di morire…
«Ciao,
mascalzona.»
«…»
«Come ti senti?»
«Non lo so… Cos’è successo?»
«Niente, stai tranquilla, adesso devi pensare solo a rimetterti
in piedi…»
«Rimettermi in piedi…»
«Sì, al resto penseremo io e il tuo avvocato.»
«???»
«Non devi preoccuparti, lei sta bene – vedrai che tutto si
aggiusterà.»
«Io… io…»
«Sta calma, non ti agitare… dottore! DOTTORE !!!»
Il
suo volto mi spiava da sotto il sangue, trasfigurato e crudele. Eppure,
sebbene quasi non lo riconoscessi, mi parve di ritrovarvi la dolcezza
di un tempo… Sangue, quanto sangue – non sapevo che avesse
quel colore, non immaginavo che fosse così denso… Me lo sentivo
appiccicato addosso, ne sentivo l’odore, il sapore, e lei, da là
sotto, continuava a prendersi gioco di me, continuava a provocarmi!
D’un
tratto non seppi più nemmeno come mi chiamavo…
•
•
•
A volte capita di commettere errori più gravi e numerosi del
solito, senza riuscire a smettere, ma vi è un limite a tutto, tutto
ha termine – poi arriva il momento di tirare le somme, fare i conti
con le proprie responsabilità, pagarne le conseguenze. È
così che sono entrata nel magico mondo degli psicofarmaci. Non
so se merito quello che sto vivendo, se la pena è commisurata alle
colpe, non so nemmeno se sono pronta a voltare pagina, se sarei capace
di farlo, se ne avrei la forza. Sto cercando di capirlo.
Ogni
mattina preparo il mio patibolo, ogni giorno rovisto nella ferita –
perché vivo, delirante o indifferente, e cerco in me un equilibrio
nuovo, nuove certezze e punti fermi sui quali ricostruirmi, un riferimento
dal quale ripartire, ma ancora c’è rimpianto e rabbia, dolore
– ancora mi avventerei sul suo viso per cercarvi la donna che ho
amato e forse non è mai esistita…
Comincio
a star male sul serio: sudo e puzzo, ho crampi allo stomaco, tremo...
Ecco, così, se sopravvivrò, potrò dire di sapere
cos’è una crisi di astinenza… Bel vanto, non c’è
che dire…
•
•
•
«Rispondo io, non ti alzare! (…) Pronto?...
Sì, dica pure a me… Ah, perfetto!... Appena si sentirà
meglio l’accompagnerò personalmente… Certo, passerò
dal suo ufficio… D’accordo. La ringrazio, avvocato. A presto.
(…) Gran bel tipo il tuo avvocato… Che dici, lo invito a cena?»
«Ci mancherebbe anche questa… Che ha detto?»
«La denuncia è stata ritirata, ma devi ancora chiarire alcuni
punti oscuri e fare un paio di firme.»
«È andata?»
«Eh, già, mia cara, a quanto pare ce l’abbiamo proprio
fatta! E per festeggiare stasera si va a danser!!!»
«No, ti prego, non mi sento ancora pronta per uscire.»
«Poche storie, pigrona! C’è un sacco di gente che non
vede l’ora di stringerti la mano e poiché da ora in poi nessuno
oserà contraddirti, sarò veramente lieto di farti da accompagnatore!»
«Spiritoso…»
«E non solo, domani ti porto al mare!»
«Lascia stare…»
«Ma sembri uno straccetto slavato, urge un energico restyling!»
«Non ho nessuna intenzione di uscire…»
«Uhm… Oggi hai preso le medicine?»
«Sì.»
«Strano, a parte il tuo comportamento che mi conferma che stai benissimo,
per il resto non si direbbe proprio… A me il polso! (…) Hai
di nuovo la febbre…»
I
giorni passavano, lenti, monocromi. Psicofarmaci e ricadute, dottori,
avvocati e il mio buon amico che non mi lasciava mai, premuroso e comprensivo
come solo lui poteva esserlo.
I
giorni trascorrevano nel doloroso rimpianto dei momenti più belli…
«Ecco
qua, c’è abbastanza legna per riscaldare tutto il Nord Europa…
Uhmmm, che profumino! Non mi dire che hai preparato il caffè???»
«Certo, non sono così sfaticata come sembro.»
«Alleluia, domani nevica!»
«Antipatica.»
«Dai, vieni a vedere se ti piace quest’alberello…»
«Un po’ storto.»
«Che fai, ti vendichi?»
«Non lo vedi che pende?…»
«In effetti…»
«E gli addobbi?»
«Già, gli addobbi… Va bene: beviamo il caffè
e poi andiamo in città – ce n’è di magnifici
da queste parti!»
«Andiamo ad Amsterdam adesso?»
«Lo vuoi fare o no, l’albero?»
«Certo che lo voglio fare, che domande, ma...»
«E allora sbrighiamoci che non vedo l’ora sia finito!»
Giù
in strada c’è vita… Natale, lontano, triste Natale…
A
volte mi pare di sentire i canti pieni di gioia dei bambini, altre risento
le risate divertite di mio padre e lo vedo ancora mentre scarta i miei
regali e quelli della mamma... Accovacciati sul tappeto del salotto, davanti
al caminetto acceso, passavamo la notte intera a parlare – e scherzavamo,
discutevamo sino al mattino senza mai stancarci, spensierati come fanciulli…
Ma
quella notte mi parve stanco, greve. Si alzò, attizzò il
fuoco e si sedette sul divano riordinando con dei leggeri movimenti delle
dita i miei riccioli arruffati. Rimanemmo in silenzio, stranamente malinconici
e cupi, rapiti dall’agitarsi crepitante delle ombre intorno a noi,
commossi da quell’atmosfera così serena e familiare.
Mi
strinse le mani e disse: «Non dimenticare mai questi momenti, non
lasciare che il tempo li scolori – un giorno, quando li avrai perduti,
ne capirai il senso e l’immenso valore. Ti regalo per tutto il tempo
che verrà la magia e l’incanto di questa notte. Abbine cura,
bambina mia, e sappi che, qualsiasi cosa accada, non ti lascerò
mai, ti sarò sempre vicino…»
Fu
il suo ultimo Natale.
Venti
giorni più tardi un infarto se lo portò via…
•
•
•
«Domattina vado in città molto presto,
devo sbrigare alcune faccende importanti… Vuoi venire con me?»
«A che ora hai intenzione di alzarti?»
«Verso le sette, forse prima.»
«Troppo presto, non ce la farò mai!»
«Allora sarò silenziosissima…»
«Cosa devi fare?»
«Devo spedire un po’ di corrispondenza e poi voglio telefonare
al mio editore… Lo sai quant’è apprensivo, se non gli
confermo che il lavoro procede e sarà pronto come da accordi entro
Marzo o Aprile, potrebbe avere una crisi isterica e allora tanti saluti,
fine della bella vacanza!»
«Ah, vedo che rinunci al mio ottimo caffè per queste sciocchezze!»
«E se in cambio del tuo impagabile caffè portassi del panettone
farcito al cioccolato ed una bottiglia di champagne?»
«Beh, per un panettone farcito al cioccolato ed una gigantesca bottiglia
di champagne, potrei anche rinunciare al tuo buongiorno…»
Ma
in realtà il mio programma era un altro: volevo che fosse un Natale
speciale, volevo ricreare intorno a me, per lei, quell’atmosfera
tanto amata che aveva riempito la mia infanzia. Affittai un costume da
Babbo Natale e passai l’intera mattina per le vie di Amsterdam alla
ricerca di un regalo degno del mio amore, della donna che amavo…
Il resto è storia, un declivio di pazzia senza fine…
Guardando
dalla finestra, tra la folla che assediava il corso all’ora di punta,
ho visto una figura riconoscibile fra mille, un corpo tenacemente aggrappato
a sé. Il mio amico… No, non mi sono ritratta, non mi sono
nascosta dietro la tenda… Non avrebbe avuto senso farlo… Se
ne stava lì, immobile, con lo sguardo conficcato nel mio, senza
sorridere, salutare, pietrificato, un poco incurvato dal vento e dal freddo
– un po’ invecchiato, forse. Aveva in mano una busta. Malamente
avvolta al collo, una sciarpa a quadri rossi. Mi è parso stanco,
triste. Si è abbottonato il bavero del cappotto e, chinato il capo,
mi ha voltato le spalle. Allora l’ho seguito con lo sguardo, passo
dopo passo, sin tanto che ho potuto. Ha voltato l’angolo, risucchiato
dal fragore, dal nevischio, nelle luci colorate delle vetrine, dal mio
respiro appiccicato al vetro come un biglietto d’auguri venuto male
ed è sparito oltre il tempo, fra le lacrime…
Sì,
ho pianto - e ancora non riesco a smettere.
Continuo
a stare male, anzi, ad essere sincera più passano i giorni e peggio
mi sento… Maledetti farmaci – dovrebbero aiutare, guarire
e invece ammazzano! Questa è una follia, una stramaledetta, assurda
follia…
Ho
preparato i barbiturici. Sono pronta.
•
•
•
«Non puoi continuare così… Va
bene, ti senti in colpa, ti senti una bestia, ti senti stupida, ma pensi
davvero di averla perduta per quello che le hai fatto? Ebbene, mia cara,
l’unica cosa che hai perso in questo schifo di faccenda, è
l’occasione di privarti definitivamente della sua devastante presenza!»
«Non torturarmi.»
«Sei tu che torturi me! Non ti posso vedere ridotta in questo stato.
Non si può assistere impassibili allo sfacelo fisico e morale delle
persone che amiamo e tu non puoi pretendere che io lo faccia!»
«D’accordo, hai ragione tu.»
«Eh, no, per Dio, questo tipo di ragione si dà agli asini
o ai pazzi, non agli amici! Ma lo sai cosa sta combinando? Lo sai?»
«No, e non desidero esserne informata.»
«Troppo facile, mia cara, troppo comodo! Non me ne starò
fra quelli che fanno finta di nulla per compiacerti o, peggio, per compiacere
lei…»
«Ti prego…»
«Scopa, ecco cosa fa – si sta ripassando tutti i figli dell’alta
società!»
«Sta zitto!!!»
«Li vuole di buona famiglia in modo da farsi introdurre nei migliori
ambienti… Una puttana d’alto borgo, ecco cos’è!»
«TACI! Per amor di Dio, TACI!!!»
«È per amor di Dio che non taccio – è per amor
tuo che non posso più star zitto! Ma quale psicologo e psicologo,
ce l’ho io la terapia giusta per farti ragionare: prova a immaginarla
mentre si fa montare dal figlio del tuo editore e vedrai che miglioramento!»
«???»
«Sì.»
«Dio…»
«E tutto questo lo sai perché? Dimmi, tu che nascondi la
testa sotto la sabbia e ti ritieni responsabile e dici a me di star zitto
– perché? Meglio puttane che lesbiche, ecco il perché!»
«Basta, ti prego…»
«Lo sanno tutti che eravate amanti, che l’hai circuita, che
l’hai adescata e poi te la sei portata a letto! Mostro! Lo sanno
tutti che s’è fatta incantare dal tuo successo, che l’hai
costretta alla solitudine e all’isolamento… Lo sanno tutti
che sei una lesbica, che le fai schifo come le fanno schifo tutte le donne,
che sei malata e dovresti essere rinchiusa in un istituto per deviati,
per invertiti! Pensa, hai persino tentato di ucciderla perché si
voleva rifare una vita, ma lei non ti ha denunciata per pietà,
per pietà di te! E adesso ringraziala, se ancora il vomito non
ti ha strozzata, se ci riesci, ringraziala!!!»
«Mi amava, capisci, e a suo modo ancora mi ama…»
«Stronzate. Non è per amore che s’insozza l’amore
– e comunque, anche se così fosse, chi le dà il diritto
di distruggere la tua vita, chi e in cambio di cosa? Ma vada a farsi fottere
e non rompa più i coglioni!»
«Io…»
«Perdonami, ti prego, perdonami – come al solito ho perso
la testa, ho esagerato, ma non ne posso più, tutto questo è
bestiale e ingiusto, Dio mio, così bestiale e ingiusto… Qualcuno
lo dovrà pur dire, dannazione. Tu puoi farlo e allora, ti prego,
rompi il silenzio – spezzalo anche per me.»
Io
non ho nulla da perdonarti, amico mio, proprio nulla. Perdona tu, piuttosto,
la mia mancanza di coraggio, perdona il silenzio nel quale ho costretto
la verità, le nostre vite… Perdonatemi tutti, ma anch’io
ho paura e a volte ne ho così tanta che finisco per dubitare d’ogni
cosa, che preferirei morire piuttosto che continuare a vivere all’ombra
di quest’enorme menzogna.
•
•
•
Tutto è silenzio, adesso. La stanza, gli oggetti, i ricordi
– un’ecatombe. Ammetto la sconfitta, ma nessuna battaglia
è stata davvero combattuta. Di finzione in finzione, la fantasia
supera la realtà, la precede e annuncia…
L’ho
sognata – non ho smesso una sola notte di farlo – e le parole,
i colori, le luci, i suoni e persino gli odori, si ricongiungono uno all’altro,
uno dopo l’altro, come in un mosaico i tasselli di un abbozzo di
figura…
Lo
squallore, mia cara, questo ti regalo: lo squallore d’essere affini
a chi deploriamo – simili al nostro carnefice, al nostro persecutore…
“Non
dimenticare mai questi momenti, non lasciare che il tempo li scolori –
un giorno, quando li avrai perduti, ne capirai il senso e l’immenso
valore. Io ti regalo…” lo squallore e la crudeltà di
questa notte, bambina mia, perché di entrambe sia la colpa e per
entrambe autentica l’espiazione.
Disegnatemi
una pecora, ve ne prego – la mia rosa sta morendo…
Ebbene,
mia cara, ecco quanto occorre tu sappia…
Domani,
25 Dicembre, alle ore 19.00, nella chiesetta proprio davanti a casa
tua, la donna di cui sai, convola a giuste nozze con il figlio di
un noto imprenditore, il quale, giacché se la scopa già
da un pezzo, ha certamente trovato conveniente questo frettoloso
quanto riparatore matrimonio.
Tra
poco verrò da te, so che ti vedrò e poi piangerò
come un bambino pensando a tutto il male che ti sto facendo…
Ma sia ciò che deve e non se ne parli più…
Non
lasciarmi, amica mia – in caso contrario, che Dio abbia pietà
di noi. |
Il
cuore mi scoppia, sembra quasi che voglia uscire dal torace per andarsene
a spasso da solo… Ho rimesso in funzione il telefono e la segreteria.
Non rimane molto tempo. Scriverò due righe a mia madre e al mio
dolce compagno d’avventure…
Siamo
cresciuti insieme, insieme abbiamo scoperto le nostre verità, insieme
decidemmo che non ce ne importava nulla del mondo e della sua pazzia,
credemmo veramente di poterlo cambiare.
Un
tempo eravamo due aquiloni liberi nel vento, ora siamo soltanto due vecchi
amici che si aggrappano disperatamente alla terra per non esserne privati,
o sopraffatti.
Per
quanti secoli ancora l’ignoranza e il preconcetto ci impedirà
di elevarci sopra noi stessi, per quanto ancora negheremo l’evidenza?
Non
torturate i vostri figli – non è colpa loro se siete diversi
da quello che avreste voluto essere. Lasciate che crescano liberi. Lasciateli
sorridere di quel che vogliono, lasciateli amare come meglio credono –
non è affar vostro il loro cuore e non da voi dovrebbero difendersi…

DRRRIIINNN…
«C…ciao,
sono io… Speravo di trovarti in casa, ci contavo, invece…
Ho così tante cose da dirti, ma proprio non so da dove cominciare…
Perdonami, amore mio, perdonami… Sono stata una stupida e mi vergogno
profondamente di tutto quello che ho fatto… Adesso vorrei soltanto
che tu mi fossi accanto, vorrei che tu mi portassi via da quest’inferno…
Vorrei ricominciare daccapo, con te, ancora, ancora insieme… Ti
amo, ti amo come e forse più di prima, non posso fare a meno di
te, la mia vita non ha senso da quando… Riproviamoci, ti prego…
Dimenticheremo, vedrai e tutto tornerà meraviglioso – ricordi?
Ti scongiuro, ti supplico – devi credermi, questa volta puoi farlo,
sono cambiata… Io… Io…»

«Aeroporto?»
«Sì, mi dica.»
«Vorrei sapere se ci sono due posti liberi su uno dei prossimi aerei
in partenza.»
«Destinazione?»
«Non ha importanza, signorina – il primo in partenza con due
posti liberi, oggi.»
«Un attimo, prego… Dunque, il prossimo aereo con due posti
liberi parte questa sera alle ore 19.00… Una vera fortuna, i signori
che avevano prenotato hanno rinunciato al volo proprio dieci minuti fa…»

«Quando
ascolterai questo messaggio probabilmente ti sarà rimasto appena
il tempo per preparare i bagagli e raggiungermi all’aeroporto…
Ho prenotato due posti sul volo delle 19.00 perché l’idea
di lasciarti solo mi era insopportabile, quindi, muovi le chiappe! Butta
in valigia il passaporto e quant’altro ti sembra necessario, ma
soprattutto cerca di far presto, lo sai che detesto aspettarti... Ah,
dimenticavo (reggiti forte)... ho deciso di accontentarti: romperò
il silenzio, scriverò un racconto lesbico... Sì,
hai capito benissimo - e niente pseudonimi! Dai, spicciati lumacone!»

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