Chiederti
se si muore?
- Dolce crudeltà –
Certo, ma a un’altra ora. |
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Così
lavora il pazzo suicida:
Uccide di sé la vita
Per sanare in sé la morte. |
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…Cosa
v’importa di cadaveri
E guanti e fratelli adottati –
E delle mie attese
Che v’importa? |
“E
mentre le palpebre si schiudono come grandi cuori assetati di sangue,
ecco che per amore ti do l’immortalità – uccidendoti.
Tu – che per paura non parli, che sbigottita sgrani gli occhi –
tu – che amo e desidero con tutto me stesso – non potrai sfuggire
alla generosità della quale sono indegna mente e dolce abbraccio.
Ecco il dono migliore: una lama sottile e poche stille di sangue a suggellare
in eterno il batticuore. Non temere, non t’agitare – sarà
bello dopo ed ora non fa male…”
Ciò
accadde e nulla poté fermare quel gesto omicida, l’infinita
follia d’essere più che un amante, d’essere, attraverso
il sacrificio dell’amata, l’amore stesso – incarnato
e palpitante in due cuori che sono uno.
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Arianna
tendeva il suo filo
Dal bandolo al primo lembo.
A ritroso, amore mio, a ritroso –
È così dolce lasciarsi morire. |
Molti
anni erano trascorsi.
Il
tempo si era fermato quel giorno ed anche la vita. Senza alcun pudore
ogni cosa avevo preso ad ingiallire e odorava di muffa e s’era coperta
d’un pesante strato di polvere giacché nulla veniva spostato
e mai, da allora, si aprì la finestra. Le tende serrate a perpetuare
l’eterno riposo della giovane sposa – quadri, mobili, fotografie,
profumi e belletti: un tutt’uno uniforme senza più identità,
né storia.
Gli
ultimi giorni che l’uomo ebbe a scolpire per sé, gli
parvero assai più lunghi del solito. L’immobilità
rassicurante di quel tempo senza tempo, cominciò a vacillare e
in lui s’insinuò un’ansietà ch’egli non
riusciva a ricordare.
Le
ultime ore furono davvero terribili. L’innocuo ticchettio di
un vecchio orologio da taschino rallentò la sua corsa, si amplificò
tanto da somigliare al rintocco greve di una campana che suona a morto,
ma egli non aveva mai pensato alla morte e quell’oscuro presagio
lo stupì, spaventò. Certo, si era preparato sin dal primo
momento ad una sicura partenza, quindi aveva preparato la valigia, si
era infilato il paltò e si era seduto nell’ingresso appoggiandosi
il bastone, i guanti e il cappello sulle ginocchia. Aveva atteso paziente
il tempo di partire, sulle sue labbra non si era mai spento lo strano
sorriso di chi sta per andarsene, nel suo sguardo senza vita correva l’immagine
continuamente ripetuta di un orizzonte vuoto al quale si giunge dopo un
lungo viaggio cominciato chissà dove, ma non aveva mai sentito
il fischio del treno, né mai il brusio del mondo gli era parso
così vicino al suo orecchio, minaccioso.
Ma
durante gli ultimi minuti la bocca assunse un’espressione
contorta, una smorfia disarticolata come se i denti avessero, in un masticare
lento, quasi impercettibile e apparentemente indolore, cominciato a mangiare
ciò che gli stava intorno – a partire dalla lingua. Le pupille
si dilatarono e ben presto divennero un profondo buco nero dal quale qualsiasi
mostruosità o meraviglia avrebbe potuto effondersi o implodere,
senza fragore.
Così
fu.
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Stanotte
la luna
È pallida in volto
Come una Madonna
“Chi parla di miracoli mente,
Una sola occasione ancora
È menzogna e burla –
Ma io sono solo un bestemmiatore”
La Madonna aveva un amante.
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L’uomo
si alzò e raggiunse la stanza ove orrore e contemplazione avevano
brindato allo stesso calice. Una crepa implacabile irruppe lasciando dietro
di sé fitte screpolature. Nessun polverio si levò, né
l’uomo udì scricchiolii o colpi sordi alla porta.
Sul
letto una veste nuziale di seta annerita, dentro, ancora immobile nell’atto
disperato di levarsi, un corpo d’ossa e pelle avvizzita, ancor più
grigia e misera della vita che vi era trascorsa. Dalle profondità
del cuscino, due abissi di tenebra spiavano quel presente del tutto identico
ad ogni passato e futuro. Improvvisamente egli se ne avvide. Si precipitò
alla finestra e nell’aprirla un’orda di luce gli crollò
addosso trasformandosi nella sua ombra.
L’ossessivo
ripetersi niente altro fu che uno scrigno prezioso nel quale egli aveva
protetto e glorificato le sue inestinguibili vanità.
Lo
scrigno finalmente s’aprì soffocandogli l’ultimo, inutile
respiro.

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