«Gliel’hai detto al tuo babbo che mi piacerebbe intervistarlo?»
«Sei matta? Se gli dicevo “sono a cena dalla capa dei gay… vieni che ci vuole intervistare”, mi levava dal mondo!»
«Pensi che se fai la tua vita senza dare nell’occhio va bene, ma se acquisisci visibilità possa esserne spaventato?»
«Sì.»
“La
letteratura, sin dagli inizi, non ha mai stigmatizzato
l'omosessualità. Anzi l'ha resa parte integrante
del nostro patrimonio artistico, da Saffo alla Woolf,
da Wilde a Pasolini. La svolta è avvenuta con l'affermazione
della Chiesa e del concetto di Stato come organismo forte
e presente nella vita privata dei cittadini. La morale,
le apparenze e il compiacere il prossimo hanno prevalso
sui sentimenti e sui veri desideri dell'uomo. Freud intervenne
in un campo proprio della morale, ma con l'avvento dei
regimi totalitari scomparve ogni forma di tolleranza verso
i diversi, gli outsiders. Nella lotta tra istituzioni
e arte ha sempre perso la seconda, la quale, incurante
di ogni pregiudizio o convenzione, ha espresso il concetto
secondo cui nulla è diverso o peggiore, ma tutto
fa parte delle molteplici sfaccettature dell'esistenza
umana. (...)”
(Brano tratto dalla tesina di Sara: “Da Saffo a
Platinette: l’omosessualità attraverso le
epoche storiche. Cambiamenti ed evoluzione della società
tramite la letteratura, la storia e il diritto.”) |
|
Sara ha 18 anni. Da poco ha conseguito la maturità e in premio le hanno regalato una Polo nuova di trinca. All’esame ha portato una tesina dal titolo “Da Saffo a Platinette” – il senso dell’umorismo non le manca davvero.
Mi ha vista in TV e da allora lei e un suo amico sono diventati miei fans sfegatati. Stento a credere che possano accadermi cose di questo tipo, ma l’evidenza non si discute. Le propongo un’intervista assolutamente informale: una cena pizza e coca, il registratore acceso – come viene-viene, a ruota libera, free.
Si presenta puntualissima: torta super e Fragolino offerto da papà.
Metto in tavola le bruschette. Stefania sceglie come sottofondo un CD di musica balcanica e lei, dopo una frazione di secondo: «Chi è che canta, Padre Pio?»
«Bregovich, non ti piace?»
«Chi???»
«Cambio, ho capito…»
«Scusate, veh, ma se devo mangiare con questa nenia mi vien l’ansia…»
«Che metto?»
«Metti l’ultimo di Pino Daniele…» - suggerisco.
«No, per carità!»
«Facciamo prima: chi ti piace?»
«Le Tatu, Tatu, Tatu e ogni tanto le Tatu…»
Ecco, appunto. Niente Tatu. Optiamo per i St. Germaine. Buon appetito.
Tra una battuta e l’altra, le chiedo quando ha detto ai suoi genitori di essere lesbica.
«Quasi tre anni fa, nel periodo che conobbi Baby, la mia fidanzata. Una mattina mi venne lo zurlo, mi alzai e andai da mi ma’ e le dissi: “O mamma, hai presente Baby? A me mi sa che mi garban le donne…” e cominciò a ridere. “Ma che dici?”, mi fece, ed io: “O mamma, può darsi…” e lei: “Va bene, adesso però lo devi di’ anco a tu’ pa’”. Gli telefonai: “C’ho da dirti una cosa, ci vieni a casa?” – venne. Cominciò quasi a piange’: “Ora mi ci mancava anche la figliola lesbica…”, ma si fece coraggio e più o meno mi disse: “Eh, lo so, via… conosco anche dell’altra gente uguale a te, però mi dispiace. Perché non provi con un ragazzo?” ed io: “O che provo, babbo, se non mi piace, non piace!”. Poi nulla – son stati zitti per un po’. Un giorno m’han detto: “Ma perché non vai a parlarne con uno psicologo?” - “Oh, ma non son mi’a matta, veh?!”. A me mi han sempre detto che uno per andare dallo psicologo deve riconoscere di avere un problema, altrimenti che ci va a fa’? E per me non lo è mai stato. Insomma, alla fine si son messi l’anima in pace.»
Sara e Baby sono quasi coetanee, si sono conosciute in chat. Quando decisero d’incontrarsi, fu suo padre ad accompagnare Sara a Milano.
«È stato bravo. All’inizio non volevano che si dormisse insieme prima che compissi diciotto anni. Ora invece… Mia madre dice che siamo come sorelle… Sie, sorelle! Glielo farei vede’… Poi una volta m’ha fatto un discorso strano: che se volevo de’ figlioli, con l’inseminazione artificiale li potevo ave’… Eh, si vede che era in un momento mistico…»
Ci racconta di non aver progetti per il futuro, che le piacerebbe studiare architettura del giardino o qualcosa di simile che non ho capito, ma per seguire i corsi universitari dovrebbe andarsene e lei a casa sua ci sta proprio bene. Che è combattuta tra avvicinarsi a Baby o andarsene diametralmente dalla parte opposta. Poi, all’improvviso: «Trattami bene nell’intervista, sennò addio fans club! Oh, ma ci pensate, sono a cena con la capa de’ gay!» - e giù tutte a ridere - «Perché, scusa, non lo sei?»
«Ma, veramente…» - guardo Stefania, ha le lacrime agli occhi - «C’è qualcuno che quando lo vedrà scritto gli verrà un travaso di bile…» - sussurro - «Tanta fatica per diventare “capi dei gay” ed una, senza aver fatto nulla e soprattutto senza volerlo, in un certo senso si ritrova ad esserlo, per qualcuno – è il colmo… Il “Fans Club della Capa dei Gay”, il “Cicci Fans Club”! Troppo divertente. Racconta un po’ come ti ho conquistata…»
E lei, senza farsi pregare: «La adoravo già prima, perché “Cinzia Ricci la Capa dei Gay” era un mito, ma quando ci siamo incontrate mi ha invitata a prendere un gelato e da quel momento è diventata il massimo!»
«Perché, se ti avesse detto “andiamo a berci una birra”?»
«Eh, no, veh! Ma con il gelato, sì, m’è proprio garbata!»
È il momento della torta, poi il caffè che Sara rifiuta energicamente: «Non fumo, non bevo e non prendo caffè - sono una bimba ammodino, io!». Le chiedo se più tardi andrà a ballare. «Neanche morta. Torre del Lago a quest’ora è da matti, bisogna lasciare la macchina in culo ai lupi, c’è il mondo…»
Ciaccoliamo un po’ del sito, di Borderline, del fatto che molte storie che ho raccolto giacciono nel cassetto senza che le possa pubblicare. Se ne stupisce e un po’ si vergogna di sé. Le rispondo che non ci sono vicende umane stupide, insignificanti, ordinarie. Non deve sentirsi da meno solo perché non ha tragedie da raccontarmi. È dubbiosa ma orgogliosa che le dia importanza.
Stefania le chiede a bruciapelo se a scuola sanno che è lesbica.
«All’inizio solo qualcuno, poi, da quando sono uscite fuori le Tatu, l’ho detto a tutti, tanto… Non lo so cosa mi venne in mente, pensai: “Ma guarda un po’ loro lì, allora non è poi così strano…”. Ci sono tre domande che mi fanno tutti, sempre le stesse precise e identiche, anche se un po’ dipende dalla confidenza che c’è. La prima: “Ma tu’ pa’ e tu’ ma’ lo sanno? Che han detto?”. La seconda: “Chi fa l’omo?”. E poi, la terza, se c’è un po’ più di familiarità: “Ma a letto che fate?”. Alla prima rispondo: “O che devan di’, mica mi possono ammazza’!”. “Chi fa l’omo”? L’omo nessuno, ma che domande! Se s’ha bisogno d’un omo che senso ha anda’ con una donna? E alla terza dico di usare un po’ di fantasia, son quelle lì le cose, che vuoi che si faccia?! La gente è toga davvero…»
«Comunque non hai incontrato grandi difficoltà, risposte negative…»
«No, a parte qualche amica che magari le è venuto in mente da quel momento che la guardavo strana… Devo solo stare attenta ad una tipa perché se glielo dico, tempo un quarto d’ora lo sa tutto il paese e proprio non è il caso. A casa mia, a parte mi’ pa’ e mi ma’, tutti gli altri sono proprio tradizionalisti. Ai miei nonni, se lo vengono a sapere, o gli viene un colpo, o addio eredità!»
Scherza sempre.
“(...)
Attualmente la condizione degli omosessuali in tema di
diritti sociali è caratterizzata da molti problemi
che nascono essenzialmente dall'ostruzionismo della chiesa,
la quale minaccia addirittura di scomunica i parlamentari
chiamati a decidere sulla politica da adottare sui matrimoni
gay, ad esempio.
In molti paesi europei le unioni civili tra persone dello
stesso sesso sono riconosciute, l'Italia è ancora
molto indietro in questo senso anche se la Toscana ha
recentemente riconosciuto la parità tra coppie
etero e non.
E' proprio riferendomi alla mia città che voglio
concludere il mio discorso. Lucca, città tranquilla,
chiusa, apparentemente senza gravi problemi, ha dentro
di sè il seme del razzismo e dell'omofobia. L'espressione
di questo male si è manifestata in alcuni atti
di violenza contro gli omosessuali, atti che ricordano
le squadracce fasciste, tutto viene insabbiato e forse
la verità si saprà tra quarant'anni. Da
queste vicende ho capito il potere che ha la storia. Il
ricordo di ciò che è stato, dei fatti incresciosi
che caratterizzano la storia di ogni paese deve guidarci
a non commettere più gli errori che i nostri predecessori
hanno fatto, ma a migliorare la società per tutti
e non solo per certe elitès che, sotto l'apparenza
pulita e civile, nascondono pregiudizi e opinioni errate
su chi è diverso da loro.”
(Brano tratto dalla tesina di Sara: “Da Saffo a
Platinette: l’omosessualità attraverso le
epoche storiche. Cambiamenti ed evoluzione della società
tramite la letteratura, la storia e il diritto.”) |
|
A questo punto la domanda sorge spontanea: «Ma tu davvero riesci a vivertela bene la tua omosessualità?»
«Sì. Sono stata male solo all’inizio, quando i miei si sono raccomandati di tenermelo per me. “Non si dicono ‘ste cose qui, non van dette!” – ma poi mi hanno lasciato fare, sono persone abbastanza intelligenti. D’altronde non ho mica ammazzato nessuno. Sai, pensavo che una cosa come questa non potesse accadere, poi vennero fuori le Tatu e capì che si poteva di’ (anche se loro non lo sono mica, fanno finta). Non fraintendermi, lo sapevo che c’era l’omosessualità ma era un po’ come una parola vuota, mi sembrava quasi che fosse impossibile che ci fossero delle lesbiche in carne ed ossa, oltre me, vicino a me. Comunque io mica mi vergogno, le difficoltà sorgono quando ti rapporti agli altri…»
«Prima di prendere coscienza della tua omosessualità e dirlo, in che modo sentivi che ne parlavano a scuola, a casa…»
«In nessun modo, che mi ricordi, o almeno non ci facevo caso. Poi, quando mi accorsi che mi piacevano le ragazze, cominciai a farci attenzione e allora mi resi conto che il lesbismo difficilmente era trattato, anche adesso, in TV - le rare volte che succede lo è in maniera diversa rispetto agli uomini. Forse per i gay è più facile, sono più visibili, accettati. Un gay non fa strano come una lesbica, c’è meno imbarazzo nel parlarne, nell’ammetterne l’esistenza.»
«Pensi che avresti maggiori difficoltà se divenisse di pubblico dominio che sei lesbica?»
«Non lo so, non penso, lì per lì, magari… ma che devan fa’? Io non posso mica cambiare per loro! E poi vorrei dei bambini, ma come si fa a crescere un figliolo, in queste condizioni…»
«Farlo (se cambia la normativa) e crescerlo, in sé non sarebbe nulla di eccezionale, il problema è l’ambiente intorno che spesso non è disposto ad accettare l’autoderminazione delle donne in generale, figuriamoci se lesbiche con velleità materne…»
«Infatti, ma è anche vero che ormai le cose cambiano da un anno all’altro. Mio cugino, ad esempio, ha sette anni e ti giuro che discute già di queste cose senza pregiudizi.»
«Ammetterai, però, che il merito è dei suoi genitori che evidentemente forniscono risposte adeguate. Se qualcuno in famiglia avesse reazioni aggressive, omofobe, probabilmente non sarebbe così pacifico…»
«Accidenti, ma come si fa? Io mi voglio sposa’ seria, con il vestito bianco, il catering e tutto il resto! Non capisco perché se due persone si voglin bene non possano farlo come tutti vell’altri! È un’ingiustizia, no? Baby, invece, ha detto che si vuol sposare in tuta… E poi, t’immagini che scena? Mi’ pa, mi’ ma’, su pa’ e su ma’ seduti accanto durante la cerimonia? Ah, a questa non vorrei proprio doverci rinunciare!»
Fantasie di una diciottenne che non ha pretese, vuole solo avere gli stessi diritti degli altri.
«Che dovrei fare, secondo loro? Andare in Francia e fare il Pacs che poi quando torno nessuno me lo riconosce? Ma che vordi’? Tutte le altre forme di matrimonio vanno bene (compresa la poligamia islamica) e quelle fra persone dello stesso sesso no? Ma che razza di società è questa?»
Una porcheria?
«Insomma, io penso che ci creiamo un sacco di rogne inutili… I gay, le lesbiche, gli etero, non sono gruppi a sé, io la vedrei più tranquilla: tutti insieme, appassionatamente – e festa finita, senza farsi tante seghe.»
Già, Sara. Glielo dici tu o glielo dico io?

|