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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Piacentino perde il lavoro «perché lento» e si rivolge all'Arcigay - Salvatore, 41 anni: «Per vivere non mi resta che il marciapiede»

Di Donata Meneghelli - "Libertà", 22 Novembre 2004

 

Piacenza - «Sono omosessuale. I miei atteggiamenti effeminati mi tradiscono inevitabilmente. Non ho mai voluto nascondermi. Ma ho vissuto una vicenda che mi ha lasciato dentro una rabbia che non passa. Licenziato perché sono lento? Non ci crederò mai». Licenziato perché omosessuale? La stessa domanda sollevata dal caso Mattiello, ex segretario di Fisichella. Ma se Mattiello ora è stato assunto niente meno che da una Ministra, tante altre storie di vere o presunte discriminazioni restano ai margini, confinate nel territorio del disagio sociale.

Come la storia di Salvatore: 41 anni, originario di Napoli, domiciliato da vari anni a Piacenza, è convinto di essere stato oggetto di una discriminazione sessuale. Non ha carte per dimostrarlo: c'è solo la sua parola, il suo dolore misto a rabbia, «quel tarlo che non mi abbandona» come dice lui. Il volto si fa scuro quando ricorda i momenti in cui è stato maltrattato. Quando l'insulto si è fatto pesante. E irripetibile. «Ho lavorato come addetto alle pulizie e come bidello in una sede universitaria» esordisce. I primi anni tutto bene: «Ci si faceva i regali di Natale, l'ambiente era bello». Gli eventi sembrano precipitare nell'ultimo anno. «Lavoravo da tre anni in una ditta che aveva l'appalto delle pulizie in questa struttura. Ad un certo punto mi licenzia e mi fa assumere da un'altra cooperativa che subentra all'appalto: il mio contratto è di due mesi rinnovabili. Ovviamente mi si dice di stare tranquillo, che mi verrà rinnovato il contratto a tempo indeterminato. In buona fede e all'oscuro di tutto firmo il contratto e con esso la mia condanna».

Alla scadenza dei due mesi viene lasciato a casa. La motivazione? «Sono troppo lento nell'eseguire i lavori. Precisato che mi sono sempre comportato correttamente, se ne accorgono dopo tre anni che sono lento? Ci sono tanti che timbrano il cartellino e poi vanno via! Eppure non li lasciano a casa. Ho sentito con le mie orecchie dire che dovevo sparire perché ero gay». Ora Salvatore è in un momento buio. E non si dà pace rispetto alla vicenda di cui ritiene di essere stato vittima. «E' un pensiero che mi tormenta» dice. «Non voglio il lusso, voglio solo mangiare. Lo giuro su mio padre...( lo ha perso che aveva 3 anni, è stato ucciso «per sbaglio a Napoli», spiega). Per placare questo tormento Salvatore si rivolge all'Arcigay che raccoglie la sua testimonianza perché venga pubblicata su un sito web, poi agli organi di informazione (al nostro quotidiano, a Striscia la Notizia e a Maurizio Costanzo). «Voglio far conoscere la mia storia: il male che mi hanno fatto non può passare sotto silenzio». Ora però Salvatore non può esporsi: «Sto cercando di nuovo lavoro e non voglio che mi guardino con pregiudizio. Ora sono in mezzo ad una strada, e le giuro: la tentazione che ho è tornare a prostituirmi come facevo 5 anni fa, prima di dire basta e di voler fare una vita normale. Ma sul marciapiede non avevo mai avuto discriminazioni. Mi sono accorto che il mondo di giorno è peggio di quello di notte».

 

UFFICIO NUOVI DIRITTI: «OMOSESSUALI CHE PERDONO IL POSTO O NON FANNO CARRIERA MA È DIFFICILE APRIRE UNA VERTENZA»

 

Piacenza - Si chiama “Ufficio nuovi diritti”, si occupa delle nuove discriminazioni sui luoghi di lavoro: dei soggetti che vengono discriminati per l'appartenenza di genere o per il loro orientamento sessuale.

Nato nell'ambito della CGIL, si tratta di uno sportello telefonico (risponde al numero 051.6087177) già attivo alla Camera del Lavoro di Bologna, da circa un anno. Altri ne apriranno nei capoluoghi di provincia della regione perché pare che i casi di nuova discriminazione sul lavoro stiamo emergendo. «Ci sono anche se sono difficilmente dimostrabili», spiega Sandro Mattioli, sindacalista, responsabile del coordinamento regionale del settore Nuovi Diritti che a Bologna nasce da un protocollo di intesa firmato da Cgil con Arcigay e Arcilesbica.

Mattioli fin da subito non nasconde la difficoltà di procedere per vie legali: «Attenzione: nessuno ti licenzia perché sei gay. Non è mai questa la motivazione dichiarata. Di solito la si mette sul piano professionale». Per questo è «difficile intervenire», per questo «la gestione sul piano sindacale è complicata»: «Non apriamo vertenze su un punto che non è facilmente dimostrabile. A meno che una persona non abbia tenuto carte, ordini di servizio e non abbia testimoni». La cosa assurda secondo Mattioli è che «proprio la persona discriminata debba dimostrare gli atti di cui è stata vittima». Viste «le scarse possibilità di successo della causa legale per discriminazione sessuale, noi suggeriamo altre strade sul piano sociale e della legislazione lavorativa». Ma quali sono le denunce e le segnalazioni che arrivano all'Ufficio Nuovi Diritti? «Arrivano una decina di telefonate a settimana (lo sportello telefonico è attivo solo il martedì), e sono per lo più sfoghi. Riceviamo soprattutto casi di transessuali la cui differenza è evidente. A nessuno piace associare il nome del proprio marchio all'omosessualità o al trans, anche nella Bologna che si dice tanto all'avanguardia».

Tra i tipi di discriminazione, oltre al licenziamento o al mancato rinnovamento del contratto, il responsabile regionale parla di «declassamento professionale o impedimento di avanzamento di carriera: un meccanismo simile a quello che avveniva e ancora avviene per le donne». Basta pensare che al Cassero (storico circolo arcigay di Bologna) i ragazzi fanno lavoretti lì, oppure trovano lavori part time per pagarsi da vivere. Non mettono le loro soddisfazioni nel lavoro e nella carriera perché sarebbero frustrate». «Ho lavorato al teatro Municipale di Bologna - ricorda Mattioli riferendosi alla sua esperienza personale - dove valutano la tua professionalità, non la tua preferenza sessuale. Ma in genere c'è un'abitudine diffusa a pensare in chiave moralistica».

 

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