
Non avevo capito nulla. Pensavo - mi hanno indotto a credere di esserne capace, di poterlo fare. Dicevano che ero libero, ma libero non sono stato mai, nemmeno quand’ero soltanto un gamete in corsa per soddisfare un capriccio. Vinsi. Arrivai, contro ogni logica, ogni pronostico. Ebbi poi ciò che era necessario per abbandonare la nuda carne che mi proteggeva, cresceva. Gambe, braccia, occhi, polmoni - per mettermi a gridare, pieno di spavento e dolore. Da allora, ho vissuto al solo scopo di fuggire la morte, come se la morte fosse altro rispetto alla vita, come fossero clausole disgiunte dello stesso contratto - una affidata all’attimo, l’altra appesa per i piedi alla perdurabilità del tempo.
Menzogne.
Vivere per eternarsi - in uno e mille baci, in una e mille offese, violenze, in un susseguirsi convulso di gesti privi di eroismo, nobiltà, con l’unico obiettivo di aggiungere qualche tacca al proprio orologio biologico.
Ubbidire, senza fare, senza farsi domande. L’ho fatto. Non me lo hanno nemmeno dovuto chiedere.
Questo siamo? Organismi che generano altri organismi, che affermano e difendono se stessi come se nulla contasse di più, senza l’ombra di un dubbio? Non vi è, in questo, qualcosa di terribile, di profondamente sbagliato, rovinoso? Certo.
Guardo il mio corpo imputridire e solo ora riesco a percepirlo in armonia con la terra che ho contribuito a impoverire - e tuttavia, per quanto i miei fluidi potranno adesso restituirle un po’ del nutrimento che le ho estorto, resterò in debito.
Non è vero che la morte pareggia i conti.
Non è vero che l’esistenza continua nella carne dei figli. Le cellule non hanno arbitrio, il DNA non veicola il patrimonio intellettuale ed emotivo, non conserva la memoria dei giorni. Siamo, finiamo come il vino scadente: annacquato davanti a un piatto di zuppa, sgradita. Saperlo mi offende.
Se solo avessi immaginato avrei potuto fare di più, o meglio, magari altro. Avrei preteso di proseguire gli studi, ad esempio, li avrei approfonditi senza mai annoiarmi o trovarli insignificanti, avrei girato il mondo per capirlo, avrei cercato di trasmettere le mie conoscenze, avrei rinunciato a tutte le cose inutili che ho fatto e di cui mi sono circondato, non avrei patito per la loro mancanza, soprattutto non avrei causato sofferenza per ottenerle. Avrei potuto, ma lo avrei fatto?
Lascio invece di me quello che sono stato: uno come tanti, forse come tutti - un approssimativo, un qualunquista. |