Ti
ho vista in una fotografia. Quasi non mi ricordavo com’eri fatta
- eri fatta bene, bene davvero.
Dicevo?
Ah, sì - quella foto...
Di persona o su carta, guardandoti, si ha sempre l’impressione che
tu sia appena uscita da un letto. Odori di sesso - il tuo o quello di
un’altra era la stessa cosa per te e questo non mi è mai
dispiaciuto, al contrario, lo trovavo eccitante, trasgressivo.
Ricordo
perfettamente la tua fronte sudata, grondante in carezzevoli rigagnoli
tutti sparsi lungo i nervi tesi del collo - erano scivolosi itinerari
di godimento. Li guardavo precipitare dal tuo seno al mio e ne andavo
pazza. T’inarcavi come un’atleta sul punto di sparire oltre
l’asta, stagliata nel cielo al culmine del salto, nello sforzo innaturale
di fermare l’attimo, rimanere sospesa. Si trattava di battere un
record e tu, in un certo senso, ci riuscivi - ogni volta.
Dicevamo?
Già, la fotografia...
Guardandoti
si capisce che alla tua nuova amante piaci molto quando scivoli giù
dal letto, quando ti drizzi sulle zampe come una bestia inorgoglita per
mostrare senza alcun pudore l’eroico sfinimento, la trionfale vittoria
del tuo corpo nudo sul tempo e l’impossibilità di compenetrarsi.
Se
tu fossi stata un uomo ti avrei odiata, forse uccisa - ma tu sei una donna
ed io alle donne permetto tutto, anche di possedermi.
Un
mare di liquidi - ecco, mi pareva che viverti fosse come stare immersi
in un mare caldo, denso, disidratante. I tuoi occhi, le tue labbra, la
tua pelle - non c’era un solo angolo della mia vita che tu non avessi
occupato con la tua straripante sensualità ed io ti naufragavo
dentro senza trovare altro che un mare di liquidi. Eterna mia deriva -
io ero esausta e vinta dopo l’amore, tu fuggivi via dalle lenzuola
e la vestizione del guerriero altro non era che una sottile astuzia per
cancellarmi dal cuore quel rimasuglio di paura e diffidenza che ancora
un poco mi proteggeva dal tuo irresistibile assedio. Naturalmente cedetti
alle tue profferte d’amore, alle tue sapienti lusinghe - e l’abluzione
cominciata quasi per gioco si trasformò in un autentico annegamento.
Annegavo nei tuoi umori, nel tuo muco. Ricordo bene il tuo sapore, il
tuo odore tra una boccata d’aria e l’altra... La natura ti
ha resa sopportabile facendoti simile, nel gusto e nella sostanza, ad
una noce di cocco - frutto esotico che si apprezza per la sua caratteristica
insipidità e freschezza, soprattutto quando ci si trova intrappolati
in quella noiosa stagione che precede l’autunno...
Un
mare di liquidi, dicevo, ma per me, là in mezzo, non c’erano
isole cui approdare ed una noce di cocco è poca cosa, non può
sorreggerti, te la porti appresso ogni volta che vai a fondo...
Così,
guardandoti in quella foto, ho capito di non avere rimpianti e vederti
stampato in faccia, fermato nel tempo, quello che eri, mi consola persino
un poco. No, mia cara, nessun pentimento. Ormai sei solo un pensiero evanescente
che, di tanto in tanto, ricorre - quasi senza ragione.

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