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Aggiornato Giovedì 11-Ott-2007

 

Harold, aveva un modesto ma decoroso appartamentino in affitto, un buon lavoro in un ufficio commerciale ed una brava e onesta moglie.

Annie usciva tutte le mattine alle otto per recarsi al lavoro, faceva colazione alle dieci bevendo una tazza di orzo senza zucchero, pranzava con le colleghe della sartoria alle tredici, rincasava alle diciassette e sino alle diciotto si occupava delle faccende domestiche. Quindi, se era necessario, fra le diciotto e le diciannove andava per negozi, alle diciannove e trenta metteva in tavola la cena e alle dieci era pronta per coricarsi.

Harold non aveva ragione di lamentarsi. Le sue camicie erano sempre molto ben stirate e mai, in oltre vent’anni di matrimonio, aveva dovuto chiedere la schiuma da barba. Non doveva neppure occuparsi di lampadine fulminate, lavandini intasati e quant’altro. Annie era persino capace di sostituire un pneumatico forato.

Harold non aveva voluto dei figli. Veniva da una famiglia numerosa e a causa di questo aveva sofferto la miseria, la mancanza di spazio, pace e considerazione. Era un uomo metodico e abitudinario, non sopportava gli imprevisti e la confusione. Era un tradizionalista, lui, uno di quelli che sanno sempre cosa dicono e perché. Annie conosceva a menadito i suoi doveri ed uno di questi consisteva senz’altro nel non contraddirlo.

Un giorno, Harold, prese qualche ora di permesso per andare a vedere con gli amici la finale del torneo. Ad una cert’ora se ne tornò a casa salutando amichevolmente i vicini con un pizzico di buon umore in più perché gli Snookers avevano vinto. L’ultima volta era accaduto quindici anni prima (o erano sedici?) e lui a quel tempo non tifava ancora per loro.

Infilò la chiave nella serratura e con disappunto scoprì che la porta era aperta…

«Annie?... Annie… ANNIE!», urlò – ma solo quando entrò in salotto si rese conto di quanto, improvvisamente, tutto fosse divenuto straordinario…

La stanza era finita a testa in giù! Il tavolo se ne tava in equilibrio perfetto sulle gambe di tre sedie, sulla quarta c’era il televisore acceso, capovolto, la stampa con il naufragio del Bounty era girata verso la parete, un’orribile bambolina di biscuit penzolava per i piedi, soprammobili, piatti, tutto era sparpagliato sul pavimento e… anche la cucina era sottosopra, ed anche il tinello! Harold si precipitò al piano superiore ed anche lì, tutto, ma proprio tutto era finito gambe all’aria. Persino il water era stato smontato e rimontato - al contrario! Ma Harold indietreggiò inorridito solo quando vide il mobilio della camera attaccato al soffitto e andò su tutte le furie solo quando si accorse che per impedire alle coperte di venir giù erano state malamente spillate al materasso a sua volta saldamente inchiodato alle doghe del letto. Sì, questo era troppo, veramente troppo anche per lui che non perdeva mai la calma!

Tornò al piano di sotto, compose il numero del distretto di polizia e guardandosi intorno per essere sicuro di non avere le allucinazioni, attese una risposta. La centralinista fu molto paziente: «Pronto?... Pronto, chi parla?... Pronto!», continuò a ripetere senza stancarsi, ma Harold non la sentiva, se ne stava a bocca aperta, immobile, la cornetta pigiata contro l’orecchio, in mano un’istantanea saltata fuori da chissà dove… Annie baciava qualcuno. Un uomo. No, una donna!

Era accaduto qualcosa che andava contro ogni logica, che non aveva ragione, precedenti, che era inimmaginabile, inspiegabile. Harold vide tutta la sua vita capovolta, rigirata come un calzino e come un calzino steso ad asciugare, sbattuta in faccia ai vicini, al quartiere, al mondo intero!

Il suo cervello smise di funzionare.

La polizia risalì a lui rintracciando la telefonata. Quando irruppe nella casa lo trovò come pietrificato. Per poterlo portare via dovettero recidere il cavo del telefono.

Dopo trent’anni la cornetta era sempre lì, attaccata al suo stupido orecchio.

 

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