Olindo aveva quasi finito il giro, gli rimanevano tre coppie d’uova e un bel mazzetto di cipolle raccolte verso la fine dell’estate – pensò che non sarebbe stato difficile piazzarle ma quando bussò alla saracinesca abbassata dell’ultimo alimentari che intendeva visitare e non ebbe risposta, si rese conto che forse tanto facile non era, non a quell’ora, almeno. Decise quindi di tornare a casa dove avrebbe acceso un bel fuocherello e si sarebbe cucinato due uova al tegamino prima di coricarsi.
La cura dell’orto e del pollaio non era un gran lavoro – con quella stagione e in quel periodo dell’anno sarebbe stato meglio dedicarsi ad altro ma Olindo non s’era occupato che di questo. Certo, se c’era da fare qualche lavoretto ci provava, ma le sue capacità manuali non erano un granché e chi si era rivolto a lui, visti i risultati, in seguito aveva preferito rivolgersi ad altri o provvedere per conto proprio. E pensare che quand’era giovane aveva lavorato per un certo periodo nella bottega di un artigiano, ma che colpa ne aveva lui se per tutto il tempo aveva raschiato persiane e finestre? E così, gratta oggi, gratta domani, aveva imparato solo a portar via dal legno vecchie vernici e questo, di certo, non gli serviva a molto.
Olindo aprì la porta di casa, accese un mozzicone di candela che aveva previdentemente lasciato vicino all’uscio e nel posare le uova e le cipolle accanto al caminetto, si accorse d’avere solo tre o quattro ciocchetti di legna. Li guardò a lungo e la tristezza s’impossessò di lui. Non aveva più fame. Il giorno dopo sarebbe passato dalla signora Bice, avrebbe ritirato il pane raffermo per le galline e avrebbe provato a venderle le uova – lei ne faceva un gran consumo, grazie a Dio, e forse, chissà, quel buon uomo di suo marito gli avrebbe regalato un po’ di legna.
Olindo aveva freddo. Si sentiva inutile e sempre più spesso gli pesava quella miseria, malediva il giorno in cui era rimasto solo ad occuparsi dei campi e del bestiame – poi erano arrivate le prime industrie, c’era stato l’esodo dalle campagne, la concorrenza spietata degli allevamenti in batteria e delle colture intensive, un’epidemia di afta che negli anni Settanta gli aveva portato via le ultime mucche e a poco a poco aveva dovuto vendere la terra, lentamente aveva visto la sua vita precipitare nell’indigenza, negli acciacchi e nella solitudine.
Si sdraiò vestito raggomitolandosi fra le coperte umide e la certezza che presto avrebbe riscosso la sua misera pensione sociale gli diede un po’ di sollievo.
Sbirciò distrattamente dalla finestra e sorrise pensando che forse quel giovanotto là fuori avrebbe avuto un destino migliore. Soffiò sulla piccola fiammella e senza accorgersene si addormentò.

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