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Aggiornato Domenica 04-Mar-2012

 

Bice era senza parole. Prese fra le braccia l’enorme mazzo di rose e di fronte a tanto splendore le parve di essere ancor più sciatta di quello che in realtà era – una minuscola caricatura di donna, l’allegorica rappresentazione della casalinga perfetta. «Dio mio, ma come si possono mandare dei fiori così belli ad una vecchia ciabatta come me?!», disse sentendosi ridicola con quel grembiule macchiato di sugo, inadeguata con quegli zoccolacci da infermiera, addirittura orribile con quei guanti di lattice ancora grondanti di schiuma ed unto.

Rinaldo si era nascosto dietro una siepe – non si sarebbe perso la scena per niente al mondo! Voleva vedere il viso raggiante della sua sposa per poterlo ricordare negli anni, poterne ridere ancora, di tanto in tanto, con i figli e i nipoti. Appiattito fra i rami e il muretto di recinzione, la guardava trattenendosi perché aveva una gran voglia di saltare fuori all’improvviso, gridando, ma tutta quell’eccitazione a poco a poco si trasformò in preoccupazione. Bice se ne stava lì senza far nulla, imbambolata e pallida come se stesse male. «Se non si muove entro trenta secondi dovrò rovinarle la sorpresa…», pensò Rinaldo, ma lei, quasi l’avesse sentito, rientrò in casa sbattendogli la porta in faccia.

Bice tentò di guardarsi allo specchio attraverso le rose, ma tutto quello che riuscì a scorgere furono i suoi occhialoni tenuti insieme con lo scotch ed una babele di capelli grigi e arruffati. Ancor più le parve di non meritare tanta attenzione. Che fosse uno scherzo? Si fece coraggio. Posò con delicatezza il mazzo di rose sul tavolo del salotto, si tolse un guanto e rovistando nel cellophane cangiante trovò una piccola busta azzurra. Trepidante l’aprì…

 

“Venticinque anni ed è ancora come il primo giorno.”

 

Guardò il calendario…

 

Sabato

14 Novembre

(San Giocondo Vescovo)

 

Beh, non le sembrava che fosse il compleanno o l’onomastico di qualcuno, né poteva essere l’anniversario perché era già trascorso da più di una settimana. «Che siano per il venticinquesimo anno di matrimonio?», si chiese alquanto scettica. Che Rinaldo si fosse sbagliato? Ma poteva essersi confusa anche lei, dopotutto non era loro abitudine far festa per simili sciocchezze e poi, dopo tutti quegli anni un errore o una dimenticanza era pur sempre possibile. Bice provò a contare sulla punta delle dita, ma un po’ per l’emozione, un po’ perché s’ingarbugliava sempre con quella storia dei millesimi, non ci riuscì. Allora prese carta e penna e sottrasse dall’anno in corso quello del suo matrimonio e il risultato fu inequivocabilmente ventiquattro. No, ormai era chiaro che suo marito non c’entrava nulla con quella stupida faccenda. E allora? Bice stava perdendo la pazienza. Aveva un mucchio di cose da fare prima che Rinaldo tornasse a casa dal lavoro e ancora non aveva messo l’acqua sul fuoco per fargli da mangiare! Si precipitò in cucina e proprio mentre accendeva il fornello, una seconda supposizione le fece fare un balzo all’indietro: «Dio, un ammiratore! Certo, potrebbe essere un vecchio e timido spasimante che dopo venticinque anni di segreta passione finalmente ha trovato il coraggio di confessarmi il suo amore!» - Bice stava felicemente precipitando in uno stato allucinatorio che la rendeva protagonista di un delirante remake di “Beautiful” nel quale Brooke si aggirava con disinvoltura nella sua cucina, indossava il suo grembiule e come lei, mentre preparava il pranzo a Ridge, pensava a come potersi costruire una doppia vita in modo da non dover rinunciare al marito e insieme poter conoscere e frequentare il misterioso rubacuori…

Il campanello squillò parecchie volte prima che Bice se ne rendesse conto.

Il fornello era arroventato, la pentola traboccava d’acqua, il lavandino ne era pieno sino all’orlo e quei maledetti fiori erano ancora là, abbandonati incautamente sul tavolo del salotto. Bice chiuse il rubinetto, rovesciò un po’ d’acqua dalla pentola nell’altro lavello e la mise grondante sul fornello che sfrigolò a lungo prima di chetarsi, spostò le lancette dell’orologio indietro di mezz’ora e corse in sala per nascondere il mazzo di rose nell’unico mobile che non veniva mai aperto, quello nel quale custodiva il servito buono di porcellana, infine si aggiustò i capelli, si rinfrescò le guance con le mani ancora bagnate ed assumendo un’espressione un po’ ridicola aprì la porta…

«Ma dov’eri?», esordì Rinaldo.
«In bagno. Come mai sei in anticipo?», chiese Bice incamminandosi verso la cucina.
«In anticipo?»
«Se mi davi un colpo di telefono per avvertirmi era meglio. Ora aspetti.»
Rinaldo era frastornato. Guardò l’orologio, se lo portò all’orecchio e seguendola in cucina esclamò: «Ma io non sono in anticipo, sei tu che sei in ritardo!»
«Non dire stupidaggini, tu arrivi sempre verso le tre, tre e un quarto al massimo…»
Rinaldo vide che l’orologio a parete segnava le due e trentacinque: «Dev’essere fermo…» - disse fra sé avvicinandosi per controllarlo, ma la lancetta dei secondi si muoveva normalmente - «Che strano, staranno finendo le pile…»
«Te l’avevo detto io che quell’orologio non andava bene.»
«Che vuoi che ti dica, Bice, se è guasto ne compreremo un altro!». Rinaldo era contrariato, aveva fame ma soprattutto non capiva il comportamento di sua moglie. Decise d’indagare. Le andò vicino, le diede un bacio sulla guancia e scuriosando nella padella dove Bice aveva messo a soffriggere una cipolla sminuzzata, chiese: «Novità?»
A Bice venne il sospetto che Rinaldo si fosse accorto di qualcosa, non era da lui essere così affettuoso: «Ma che ti prende oggi, sei strano…»
«Strano? Io? Ma no, ti sbagli… È che sono di buon umore, lo sai che quando ci sono giornate così limpide e fredde divento ottimista!»
«Ah, sì? Beh, non me lo avevi mai detto e comunque, sino ad oggi, questo tempo ti ha sempre reso ansioso… Ti spiacerebbe spostarti? Devo apparecchiare.»
Bice lo guardava di nascosto e Rinaldo faceva altrettanto nascondendosi dietro il giornale: «Insomma, novità?» - le chiese nuovamente versandosi un bicchiere di vino.
«No, nessuna.»

Ma come? Forse Bice lo stava prendendo in giro, forse anche lei aveva in serbo una sorpresa per festeggiare le loro Nozze d’Argento. Ah, ecco cosa stava accadendo: all’improvviso sarebbero saltati fuori i parenti e ci sarebbe stato un gran baccano! Rinaldo decise di stare al gioco e alzando progressivamente la voce come se si rivolgesse a qualcuno che si trovava in un’altra stanza, aggiunse: «Alllooraaa, visto che non ci sono novitaaà, posso star tranquillo – io!»

Bice lo osservò attentamente sporzionando nel suo piatto una doppia razione di spaghetti. Quell’espressione non le piaceva: o era ammattito o sapeva tutto ma aspettava che fosse lei a dirglielo. Decise di affrontare l’argomento partendo alla lontana, come se non l’avesse minimamente turbata: «Beh, qualche novità, a dire il vero, c’è…» - Rinaldo sollevò lo sguardo dal piatto rimanendo con la forchetta a mezz’aria - «Stamani è passato Olindo per ritirare il pane raffermo. Gli ho comprato tre coppie d’uova e un mazzetto di cipolle. L’ho visto un po’ giù e allora gli ho regalato una cariola di legna…»
«Uhm, hai fatto bene, ma questa non mi sembra una novità…» - e si riempì la bocca di spaghetti per evitare di ridere.
«Già…» - Bice non sapeva da dove cominciare - «Poi ha telefonato il Commendator Angelini ma non doveva essere una cosa importante perché non ha lasciato messaggi…»
«A proposito del Commendatore, ricordami di portargli la sua bombetta stasera – l’ho trovata sui gradini di un negozio di fiori durante l’ultimo giro, prima di venir via, deve averla persa…»

Che il misterioso ammiratore fosse il Commendator Angelini? A Bice venne un mezzo accidente. Trasecolò, impallidì, vacillò. Rinaldo si alzò per sorreggerla e le chiese preoccupatissimo cosa diavolo avesse…

«Oh, niente d’importante Rinaldo, non ti devi agitare, però, vedi, mi è accaduta una cosa davvero strana… Aspetta, ti faccio vedere…». Bice era sconvolta. Se quei fiori glieli aveva mandati il Commendatore anche Rinaldo lo avrebbe capito e sarebbe successa una tragedia, forse quella sera stessa! Andò in salotto, prese il mazzo di rose e tornata in cucina, con le lacrime agli occhi per la paura e il senso di colpa che le opprimeva il cuore, glielo mostrò. Rinaldo andò fuori di sé dalla gioia ma Bice era troppo impegnata ad immaginare scenate di gelosia per rendersene conto. Passarono parecchi minuti prima che Rinaldo entrasse in confusione totale: Bice non era affatto felice e nessuno era saltato fuori all’improvviso facendo un gran chiasso. Bice balbettò un timido: «Non capisco, Rinaldo…» e lui, allibito più che mai: «Non c’è niente da capire, Bice. Sono fiori, venticinque rose per festeggiare le nostre Nozze d’Argento!»

Bice crollò a sedere portandosi appresso Brooke, Ridge e le rose: «Rinaldo, sei in ritardo d’una settimana e in anticipo di un anno.»
«Sei sicura?»
«Ho fatto i conti prima che tu arrivassi.»

«Che vuoi che ti dica, devono essere finite le pile anche a me…» - e finalmente scoppiarono a ridere senza riuscire a fermarsi.

 

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