«Nome?»
«Isolde, Signora.»
Miss Redgrave, che era stata assunta da poco e non la conosceva, pensò: «Che razza di nome…» - quindi, senza riuscire a nascondere un certo disappunto per l’aggravio di lavoro che il suo arrivo le procurava, lo trascrisse in bella calligrafia sul registro e l’accompagnò in una stanzetta il cui arredamento, in vero assai austero, era composto da due lettini separati da un solo comodino, una abatjour, una libreria con scrittoio, un tavolino, due sedie, uno specchio, un attaccapanni ed un armadio abbastanza grande posto proprio a lato di una finestra.
«Più tardi arriverà la sua compagna di stanza, anche lei in ritardo. Abbia l’accortezza di tenerne conto quando sistemerà le sue cose. Ah, dimenticavo (ma già lo saprà): la Direttrice esige che provvediate alla vostra toilette prima dell’ora dei pasti, quindi, alle tredici e alle diciannove in punto, desidera avervi tutte in sala da pranzo.»
Isolde annuì e salutò con un lieve inchino Miss Redgrave che si allontanò alquanto stizzita, quindi chiuse la porta e si precipitò alla finestra schiudendola per far entrare un po’ d’aria. Era una piovosa mattina di Novembre. Il freddo e l’umido riempirono in un attimo la stanza ma Isolde si tolse il cappotto, socchiuse gli occhi e inspirò avidamente. Finalmente si sentì meglio e poté disfare le valigie. Nell’armadio ripose con cura gli abiti, le scarpe e alcuni oggetti personali che non desiderava mostrare. Posò il romanzo che stava leggendo sul comodino e sistemò su un paio di scaffali i libri scolastici. Nel cassetto dello scrittoio ripose in buon ordine una penna stilografica, una boccetta d’inchiostro color seppia, un tampone e un plico contenente carta da lettere e buste filigranate, perché, anche se non aveva nessuno a cui scrivere, sapere di poterlo fare qualora ne avesse avuto l’occasione, le dava un gran sollievo – infine, esausta, decise di riposarsi qualche istante ma senza volerlo si addormentò.
«Signorina, ha per caso deciso di ammalarsi?» - Miss Redgrave si affrettò a chiudere la finestra - «Sappia che questo non è il modo più conveniente di comportarsi, pertanto La prego di avere in futuro maggior rispetto di sé e degli altri!» - Isolde cercò di scusarsi ma era ancora troppo intontita per riuscirvi, tanto da non accorgersi che nella stanza, oltre a Miss Redgrave, c’era una terza persona - «In quanto a Lei, colgo l’occasione per rammentarLe che la Direttrice impone alle sue ospiti la massima osservanza delle regole ed una disciplina ferrea sulla quale non transige. Consiglio ad entrambe di ricordarlo.»
Le due ragazze rimasero immobili davanti a Miss Redgrave e quando finalmente se ne fu andata i loro sguardi s’incontrarono…
«Isolde De La Valle?»
«Sì, Winwright De La Valle.»
«Io sono Karin…» - le porse la mano - «Karin Blake…» - ma Isolde che la guardava dritta negli occhi non se ne avvide e Karin dovette ritrarla a sé - «Le spiace se riapro? Questa stanza è così piccola che si ha l’impressione di soffocare…», Isolde annuì. Karin aprì la finestra e lasciò che qualche goccia di pioggia portata dal vento le bagnasse le gote arrossate. «Lo sa che Lei ha un nome davvero bello?», ma Isolde non rispose. Quella ragazza l’aveva incantata a tal punto che non poteva far altro che guardarla. «Spero che i suoi pensieri siano almeno piacevoli…» - Karin si girò verso di lei e sorprendendola in quello stato non poté fare a meno di ridere - «Senza dubbio piacevolissimi!» - Isolde avrebbe voluto giustificarsi ma Karin non gliene diede il tempo - «Beh, sarà meglio approfittare della toilette prima che sia impossibile farlo…»
I bagni erano in comune con le altre ragazze le quali, perennemente affaccendate nei loro pettegolezzi, finivano sempre per assediarli quasi tutte insieme. Anticiparle era stata un’ottima idea. Isolde e Karin poterono indugiare a lungo davanti allo specchio e attraverso questo più volte si sorpresero intente ad osservarsi, silenziose, incomprensibilmente attratte una dall’altra. In entrambe crebbe un’inquietudine, un languore struggente. Avrebbero voluto avvicinarsi, toccarsi, ma la paura di farlo e la vergogna di averlo persino pensato le ridestò appena in tempo. Quando rientrarono nella loro camera erano talmente sconvolte che non si accorsero della finestra ancora aperta e accaldate com’erano, di lì a poco ebbero i primi sintomi d’un raffreddore incipiente.
A tavola continuarono a guardarsi, tremanti. Quasi non mangiarono e la Direttrice, preoccupata dal loro perdurante rossore, da quell’inappetenza accompagnata da frequenti starnuti, ordinò che si mettessero subito a letto e che fosse loro servito latte bollente arricchito con miele e brandy. Miss Redgrave le accompagnò, le aiutò a coricarsi, misurò loro la temperatura riscontrando qualche linea di febbre in entrambe, quindi, dopo averle redarguite per quella finestra lasciata incautamente ed ostinatamente aperta ed averle intimato di bere tutto il latte prima che s’intiepidisse, le lasciò sole.
Isolde e Karin avrebbero voluto mettere un po’ d’ordine nelle loro emozioni, ma quasi subito crollarono in un sonno profondo che ebbe almeno il merito di rasserenarle. Verso sera si svegliarono. Fu servito loro brodo di pollo, purea di patate e aspirine. Mangiarono lentamente, lessero anche un po’ prima di spengere la luce, ma non si dissero una parola, semplicemente continuarono a guardarsi di nascosto.
Il mattino seguente, sebbene al raffreddore si fosse aggiunto un fastidioso mal di gola e un po’ di tosse, la febbre era sparita portandosi via gli strani pensieri del giorno prima. Si sentirono sollevate e di buon umore, tanto che risero di loro stesse e della loro imprudenza ripromettendosi di non esporsi mai più al vento gelido di novembre.
«Signorina Winwright?» - Miss Redgrave bussò con discrezione alla porta, senza aprirla.
«Sì?»
«La Direttrice desidera parlarLe, è in grado di alzarsi?»
«Sì, certamente.»
«Allora La prega di raggiungerla nel suo ufficio, subito.»
Isolde guardò Karin. Pensò alla retta che non era stata pagata. Immaginò un rimprovero umiliante. O forse, peggio, che se ne sarebbe dovuta andare.
«Stai tranquilla – vedrai che non è niente d’importante.» - Karin le posò una mano sulla spalla e Isolde ne sentì con sollievo il calore - «Lo so, tu e la tua famiglia non state attraversando un buon momento, ma non preoccuparti, la Direttrice è severa e intransigente ma non è cattiva – i miei la conoscono bene, è una brava persona…» - l’avvicinò a sé e la baciò sulla fronte - «Vai ora, altrimenti avrà ragione di arrabbiarsi.»
Isolde era impaurita molto più di quanto fosse ragionevole esserlo. All’improvviso sentì che quell’incontro avrebbe cambiato la sua vita.
«Si sieda. Purtroppo non ho buone notizie da darLe, la prego pertanto di essere forte e di contare sull’affetto assolutamente disinteressato che di recente mi ha legata a Sua madre ed oggi mi lega a Lei, con dolore…»
Isolde rabbrividì…

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