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Aggiornato Sabato 29-Set-2007

 

Nonostante la gravidanza, i litigi non divennero né meno frequenti, né meno violenti.

Sua madre, che non lesinava certo ceffoni e rimproveri gratuiti, divenne ancor più aggressiva e Giovanni cominciò a buscarle di santa ragione ogni volta che qualcosa non andava. Era mite, Giovanni, silenzioso e quieto. Mai una bizza, un fastidio, un motivo serio per avercela con lui, per punirlo in quel modo. Si metteva lì con i suoi giochini e se ne stava buono-buono studiando gli umori della madre, i movimenti del padre – aveva imparato che bastava un nonnulla perché si scatenasse l’inferno e lui si teneva pronto: pur barcollando, dato che ancora non riusciva a star ben saldo sulle gambe, non esitava a mettersi in mezzo…

Sedici mesi dopo la sua nascita arrivò l’atteso fratello… femmina. La delusione fu grande, ma non per lui che vedeva in quel piccolo fagotto qualcosa di prezioso – e sacro. Sebbene grassottella e apparentemente sanissima, Licia ebbe subito dei problemi: asma bronchiale che con il tempo divenne cronica. Piangeva continuamente e continuamente chiedeva cibo, si abbuffava e poi ricominciava. Era malata, poverina - e a causa di questa disastrosa e opportunistica considerazione che sollevava da qualsiasi responsabilità e impegno, lo divenne ancora di più. Obesità - sin dai primi mesi di vita.

Il suo stato di salute dimostrava quanto è importante il periodo prenatale, il fatto che, anche se non ancora nato, il bambino sente, capisce e reagisce – a suo modo, secondo le sue predisposizioni e possibilità.

Giovanni si affacciava alla culla e la guardava preoccupato. Se avesse continuato ad essere così insistente e inopportuna, prima o poi ne avrebbe pagato le conseguenze. Non si sbagliava… Giovanni non poteva vedere sua madre accanirsi contro quella creatura che, a suo avviso, era ancor più indifesa di quanto lo fosse lui… Un giorno non riuscì a trattenersi: «Picchia me!», supplicò – e fu accontentato. Da quel momento Licia si risparmiò qualsiasi tipo di punizione, a parte qualche sculaccione abbastanza innocuo, per niente impressionante o educativo, e Giovanni cominciò a buscarle per tutto e tutti, lei compresa.

Risale a quel periodo la passione di suo padre per gli animali esotici: pappagalli, scimmie nane e persino scimpanzé. I pappagalli, siccome non si chetavano un attimo e avevano la disdicevole abitudine di mangiarsi le uova, finirono fuori dalla finestra – senza la gabbia. La scimmia nana, giacché mordeva e non intendeva smetterla, apparve e scomparve nel giro di appena qualche giorno. Lo scimpanzé, invece, faceva un gran figurone in groppa ad Alì, un mastino napoletano buono come il pane che suo padre esibiva pieno d’orgoglio, e visto che andavano d’amore e d’accordo scatenando l’ammirazione di chiunque li vedesse insieme, sopravvisse in casa più o meno tollerato per qualche mese – poi fu venduto fruttando una cifra considerevole che suo padre sperperò nel giro di una notte. Giovanni pianse senza far tragedie – tanto a nessuno gliene importava un fico secco del suo dispiacere, del suo parere.

Contestualmente alla nascita di Licia, suo padre prese la sgradevole abitudine di allontanarsi da casa anche per parecchi giorni, senza darne preavviso e senza dire dove se ne andasse. Sua madre, in preda a dei veri e propri attacchi isterici durante i quali dava libero sfogo alle sue più deliranti fantasie autolesioniste, lasciava le figlie in custodia alla vicina di casa e, armata di fotografie, si gettava all’inseguimento del fedigrafo facendo il giro dei night sin quando lo trovava – normalmente ubriaco e abbracciato a qualche disponibile signora che se solo avesse immaginato in che razza di situazione si stava cacciando se la sarebbe sicuramente data a gambe levate... Senza troppi complimenti i due si fronteggiavano in puro stile hollywoodiano, volavano bicchieri, tavolini e parole grosse, poi, tornati a casa, si riappacificavano giurandosi amore eterno e tutto ricominciava come prima, sino alla primavera successiva quando, risvegliandosi gli "astratti furori" ormonali, non potevano fare a meno di darsi alla pazza gioia e, finita l’estate, immancabilmente se ne pentivano.

Che si decidessero una volta per tutte: ho dentro o fuori – acciderbolina!

Giovanni dedusse che la primavera e l’autunno erano due stagioni infauste e per il resto della sua vita fu ragionevolmente diffidente verso qualsiasi sentimento nato in quelle stagioni.

 

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