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Aggiornato
Mercoledì 05-Set-2007
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Nacqui nel 1897. La mia famiglia era assai benestante e crebbi agiatamente, nella spensieratezza. Mio padre era un uomo allegro, non si occupava né degli affari, né della casa, né di tutti noi perché diceva di non averne il tempo. Mia madre ci governò finché fu in vita, ma siccome morì piuttosto presto e mio padre continuava a non mostrare alcun interesse per i figli e le faccende spicciole, già da ragazzo potei disporre liberamente del mio tempo e di un discreto vitalizio con il quale mi mantenni senza risentirne. Nessuno mi aveva educato ad amministrare il denaro e mio padre non era certo un esempio di virtù e oculatezza – così non fui prudente, né parsimonioso: dilapidai tutto in poco tempo. Morì anche lui lasciandoci in eredità alcuni terreni agricoli, un po’ di denaro e qualche appartamento. Io e mio fratello vendemmo quello che ci serviva per liquidare i parenti e farci un gruzzoletto. Lui, che era un appassionato di meccanica, con la sua parte ci aprì un’officina, io, che ero un appassionato di cavalli, spesi una fetta consistente della mia all’ippodromo. Mi piacevano le belle donne e i bei vestiti. Offrivo cene e divertimenti, concedevo prestiti e giocavo a carte. Sin tanto che ho potuto non mi son fatto mancare nulla, poi i soldi finirono ed ebbi la fortuna di incontrare tua nonna. Oh, non era una gran bellezza, ma era una donna sana e robusta, aveva un’attività propria, carattere da vendere e soprattutto era sposata, cosa che mi permise di rimanere libero da vincoli, obblighi e responsabilità. Suo marito era sparito lasciandola sola con un figlio e quando la conobbi era pregna di un bastardo. Lei aveva bisogno di qualcuno che gli desse un nome ed io di qualcuno che mi procurasse da vivere. L’accordo era fatto: io avrei rivendicato la paternità di tuo padre, lei avrebbe provveduto a saldare i miei debiti, mi avrebbe vestito e sfamato finché ne avessi avuto abbastanza. Provar vergogna? E perché dovrei? Non sono stato né migliore, né peggiore di tanti. Ho fatto quello che era più conveniente. Sono stato come mi è parso d’essere. Non ho deluso alcuna aspettativa semplicemente perché nessuno mi ha chiesto di fare o diventare altro. Come la maggior parte dei miei amici son partito per la guerra, ho sostenuto la monarchia, ho aderito con entusiasmo al fascismo, ho accettato di buon grado prima i tedeschi e poi gli alleati, con entrambi ho fatto buoni affari, ho votato contro la Repubblica, ho ingannato e tradito il mio prossimo – insomma, come tutti mi son riempito la pancia ogni volta che se n’è presentata l’occasione, ma a differenza degli altri non ho mai finto che le conseguenze m’importassero. A me non è interessato d’arricchirmi, quindi non l’ho fatto e ciò, credimi, è quasi un crimine, perché se t’abbuffi senza accumular ricchezze non diventerai mai un onesto cittadino, una brava persona, sei e resterai un fallito, un parassita… Che assurdità, sono stato disprezzato più per questo che per il resto. In fondo tutti sapevano che avevo una relazione con la donna che tuo padre stava per sposare prima di incontrare tua madre, ma nessuno, a parte lui, se l’è presa – nemmeno tua nonna. Che rubassi parte dell’incasso giornaliero era risaputo, ma d’altronde lo facevamo tutti in famiglia – che male c’era. Ed anche che abitualmente giocavo d’azzardo e frequentavo donnine allegre si sapeva, eppure bastava che non dessi troppo nell’occhio e potevo star tranquillo. L’ipocrisia, a guardar bene, fa proprio comodo - è lei che regge il mondo. Ecco, figliuola, adesso sai le ragioni che hanno scatenato la rabbia di tuo padre, adesso sai perché s’è roso l’anima sino a morirne. Ci hai detestati entrambi ma sappi che le premesse fanno la storia e guardando la vita da questo punto di vista ogni cosa si può accettare, fors’anche comprendere, spiegare – senza diventarne per forza vittime. Per quanto postumo, ti mando il mio saluto: dimenticaci tutti e vai avanti per la tua strada - più libera e serena che puoi.
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