Sin
da piccolissima, fra le varie letture d’ordinanza per l’infanzia
ne avevo altre senza dubbio inadeguate... Tutti i maschi di casa divoravano
montagne di riviste e fumetti pornografici - i luoghi preferiti per la
“lettura” di queste opere eccelse erano, neanche a dirlo,
i bagni. Mio padre puntualmente le dimenticava sul lavandino, mio nonno
e mio zio le ammucchiavano in terra accanto al buco sul quale, probabilmente,
nemmeno si chinavano. In entrambi i casi le donne di casa non si scapicollavano
per evitare che le trovassi, per cui ho scoperto prestissimo, prima ancora
d’imparare a sillabare, di cosa sono capaci gli adulti - prima ancora
di scoprire che Babbo Natale non esisteva, sapevo che i bambini non nascevano
sotto i cavoli e che in tutte quelle porcherie non vi era nulla, proprio
nulla di quello che tentavano di darmi ad intendere a scuola, al catechismo
ed anche in famiglia (tanto erano schizofrenici tutti quanti)! In mezzo
ad una così totale mancanza di morale non potevo che inventarmene
una mia, ma a dire il vero non mi sono sforzata - è venuta fuori
da sé, spontaneamente. Così, se da una parte ero perfettamente
cosciente di come andava il mondo (lesbismo eterosessuale compreso), dall’altra
vivevo in una dimensione fantastica, vellutata e scintillante nella quale
vestivo i panni di un guerriero impavido e romantico, potevo essere me
stessa - insomma, inconsapevolmente rimettevo le cose al loro posto secondo
gli unici schemi che conoscevo. Ma quanto la realtà e la fantasia
erano distanti...
Mi prendevo delle cotte struggenti che duravano per mesi, alla fine delle
quali mi sentivo sempre più isolata e diversa. A parte la maestra
(a sei anni me ne innamorai, un classico), la prima fu Teresa. Era la
figlia maggiore dei nostri dirimpettai. Appena potevo correvo nello stanzino
o sul terrazzo e da lì osservavo con evidenza e insistenza la sua
casa nella speranza di vederla... facevo di tutto per farmi notare e lei
(suppongo che fosse intenerita dalle mie ridicole attenzioni) mi salutava
con un cenno della mano, sorrideva - il cuore mi scoppiava, saltavo sul
mio cavallo e fieramente la portavo via con me. L’amore si dissolse
come neve al sole il giorno che seppi delle sue nozze - credo di averla
odiata ed il dolore fu lancinante. Poi toccò a Michela, una nuova
lavorante nella bottega dove mia madre trascorreva almeno un pomeriggio
alla settimana per farsi fare la sua stupida e complicata “cofana”
che mio padre immancabilmente tentava di strapparle dalla testa. Se c’era
una cosa che detestavo erano tutte quelle sciocche signore impegnate a
farsi belle, i loro inutili discorsi - soprattutto non sopportavo che
mi scambiassero per un maschietto e poi, per rimediare, perdessero tanto
tempo a dirmi quant’ero carina, quanto assomigliavo a mia sorella
(che era il mio esatto contrario) e tutte le altre stupidate che si dicono
e chiedono ai bambini dimenticando che mica sono scemi! Una tortura. Ma
arrivò Michela e all’improvviso accompagnare la mamma e persino
farsi fare i capelli divenne un evento straordinario al quale non potevo
assolutamente mancare. Ricordo le sue unghie che maldestramente mi massacravano
la cute... un male boia vissuto con stoica sopportazione. Anche questa
infatuazione passò.
La prima vera pulsione sessuale con inequivocabile reazione fisica la
ebbi guardando alla televisione Asha Putlic (chissà come si scrive),
ricordate quella cantante indiana che negli anni Settanta ebbe un discreto
successo con un paio di Lp e poi sparì nel nulla? Davanti allo
schermo, bocca aperta, battito cardiaco accelerato, una gran confusione
in testa - mi parve di essermi fatta la pipì addosso, corsi in
bagno... Seduta sul cesso, sgomenta e un po’ spaventata di fronte
a quella reazione inattesa e sconosciuta, ebbi la netta percezione che
in me vi fosse qualcosa di sbagliato. Mi sentii in colpa. Smisi i panni
del guerriero, improvvisamente mi ritrovai in un corpo che non conoscevo
e non riconoscevo, un corpo che non corrispondeva all’immagine che
avevo di me - né i miei sentimenti corrispondevano all’immagine
che ne avrei dovuto avere. Pensai di farmi suora - e anche questo è
un classico con buona pace di chi sostiene che il cattolicesimo non condiziona
pesantemente e negativamente le coscienze. Per fortuna mi passò.
Le scuole medie sono state drammatiche. Appena arrivata la prima cosa
che ho fatto è stata innamorarmi di Paola, una ragazza più
grande di me di un anno - mi sembrava un’adulta dentro i suoi abiti
firmati, altera e distante come solo quelli appartenenti ad una casta
superiore possono esserlo. Passavo le mattinate a cercarla con lo sguardo
nei corridoi, le ore di ricreazione affacciata alla finestra spiandola
in cortile. Le mie compagne scrivevano biglietti d’amore ai loro
compagni di banco ed io che potevo fare? Non solo ero una femmina, ma
nemmeno appartenevo al suo ceto sociale – non avrei mai avuto l’occasione
di conoscerla, frequentarla, figuriamoci dichiararle il mio amore... Più
cresceva la sofferenza e l’isolamento e più capivo cosa mi
rendeva differente, scoprì che potevo contare solo su me stessa,
che ero l’unica risorsa che avevo. Cominciai a spremermi come un
limone, tirai fuori tutto quello che avevo tranne la mia omosessualità
e un poco alla volta, io, una delle poche che collezionava insufficienze
come fossero figurine, mi ritrovai a capo del gruppo dei secchioni: le
menti più brillanti della mia classe si radunarono intorno a me,
alla mia personalità, alle mie idee, stupiti dalla mia creatività,
lieti della mia compagnia. Capì che non tutto era perduto, che
avrei dovuto portare pazienza e poi, un giorno...
Sbattuta fuori dalla scuola più per compassione che per merito,
mi ritrovai subito a dover fare i conti con il mondo dello sfruttamento
minorile, del lavoro nero e sottopagato. Avevo 14 anni e avrei fatto qualsiasi
cosa per poter continuare a studiare ma occorreva che lavorassi... Per
quasi due anni ho cercato di far coincidere questa nuova vita con le mie
pulsioni, i miei sentimenti, il mio talento. Le festine in cantina, la
discoteca la domenica pomeriggio, le avances dei coetanei - un incubo
dal quale non sapevo come uscire. Conobbi Kornelia, una pittrice tedesca
di 22 anni e me ne innamorai segretamente, poi toccò a Leonella,
l’insegnante di disegno al corso serale del Liceo Artistico che
frequentai con scarso profitto per un annetto, infine, un giorno, passai
accanto ad una Galleria d’Arte, decisi che era arrivato il momento
di entrare, sentì che se l’avessi fatto la mia vita sarebbe
cambiata...
Conobbi Valentino, un pittore omosessuale che aveva l’età
di mia mamma. Fu amore reciproco, immediato - amore puro, incondizionato.
Il 1979 stava per concludersi - avevo 15 anni, lui 40. Mi accolse nella
sua vita. M’insegnò l’arte, l’amore per la musica
e la bellezza, mi dimostrò che non ero sola, che eravamo tanti
e importanti, che era difficile ma non impossibile, che avrei dovuto pazientare
e poi, un giorno...
Decisi di forzare la mano al destino e con spirito scientifico diedi inizio
alle mie sperimentazioni.
Scelsi fra gli amici maschi che avevo quello con il quale mi trovavo meglio.
Carlo aveva più di trent’anni, vita libera e libertina, mentalità
aperta e casa in Sardegna - lo raggiunsi ed ebbi la mia prima esperienza.
Avevo sentito racconti terribili sulla perdita della verginità,
ero pronta a tutto - invece andò tutto bene, non dico che fu “come
toccare il cielo con un dito”, ma nemmeno fu drammatico, né
particolarmente sconvolgente. Me ne tornai a casa alleggerita - non ero
anormale.
Subito mi misi in caccia di una donna. Tutte le amiche che frequentavano
Valentino erano eterosessuali, luoghi diversi per incontrarne di nuove
possibilmente lesbiche non ne conoscevo e poi, comunque, la trafila sarebbe
stata troppo lunga - non mi restava che provare con gli annunci... Vi
risparmio la valanga di lettere insulse e volgari che ricevetti, ma fra
queste una mi parve accettabile. Vinsi il timore (sapevo che stavo facendo
cose quantomeno pericolose, che rischiavo grosso, ma ero determinatissima)
- la chiamai. Poco dopo c’incontrammo e quello stesso giorno ebbi
la mia prima volta... Ancora ricordo gli odori, la luce e ancora mi prende
il vomito. È stata un’esperienza traumatica, terribile. Lei
non ha responsabilità ed io fui talmente brava che non solo andai
sino in fondo ma nemmeno si accorse che stavo vivendo la cosa peggiore
che potesse capitarmi, talmente brava che, nonostante l’età,
le parve evidente che avessi molta esperienza! Tornai a casa con lo stomaco
e l’anima sottosopra. Non riuscivo a levarmi dal naso il suo profumo,
se ci pensavo mi venivano i conati. Cominciò a tempestarmi di telefonate,
voleva rivedermi. Cominciò a venire a Lucca, tutti i giorni. Povera
Elvira, come facevo a spiegarle che mi faceva schifo, che piuttosto che
tornare con lei sarei andata in capo al mondo, carponi, sui ceci? Che
questa reazione probabilmente l’avrei avuta con chiunque altra si
fosse trovata al posto suo, che lo sbaglio l’avevo fatto io, che
quello non era il modo? Deve avermi presa per matta e dopo un mesetto,
non ottenendo risposte ne soddisfazione, smise di tormentarmi.
Tirai le somme. Con uomo era andata discretamente bene, con una donna
era stato un disastro rivoltante, ma il problema sussisteva perché
comunque degli uomini continuava a non importarmi nulla, le donne invece
ancora mi attraevano, per loro provavo sentimenti forti e mi emozionavano,
mi facevano sognare e dannare. Feci spallucce e mi dissi: “Vai a
dritto, Ricci, che tu lo voglia o meno questa è la tua strada -
il resto, vedrai, si aggiusterà” e così è stato...
Da quel giorno mi ci sono voluti altri 12 anni prima di dare una svolta
decisiva alla mia vita. Dai 16 ai 28 anni è stato un calvario,
poi ho accettato la solitudine come fosse il male minore e allora ho smesso
di far danni, di coinvolgere uomini e donne nella mia disperazione, nella
mia disperata ricerca dell’amore. E tutto si è aggiustato.
Eccomi qua. Ammaccata ma viva, finalmente serena, pacificata - alle prese
con altre “prime volte”, in attesa che anche queste passino
e poi ricominciare...
Adoro la vita. Ho avuto molto e molto ho vissuto. Tornassi indietro? No,
non vorrei tornare indietro - sto bene qua, esattamente dove sono adesso.

|