![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
Contattaci! |
Aggiornato
Martedì 04-Set-2007
|
Le stagioni non mi sorprendono più e nemmeno mi stupisce il dolore. Raramente ormai mi coglie impreparata - sto imparando a non ascoltarlo. Cambiano le cause, gli effetti – ma lui è il medesimo. Talvolta preesistente, persistente. Se non lo ignori a poco a poco ti ammorba, uccide. Non torno in autobus da nessun posto e nemmeno ci vado. Qui dove abito non ci sono architetture al neon, modulari, né tubi d’acciaio, cavi sospesi, tralicci, fiamme libere nel cielo e fumi bianchi o neri, luci gialle che cancellano la notte, lunghe strade quattro corsie asfalto lucido e rifrangenze, palazzoni alveare, quartieri dormitorio. La zona industriale ha ancora una parvenza di umano - tra un capannone e l’altro villette, campi, boschi, piccoli centri abitati, stradine sterrate... Lucca. All’interno dell’arborato cerchio il tempo si è fermato: stesse pietre di sempre e chi vi abita pure - nulla è cambiato. Nei secoli fedeli - all’immobilità. Mummie viventi o quasi - rassicuranti, persino affascinanti nei loro abitini firmati, nelle loro automobili fiammanti, nel loro trascinarsi frettoloso e distratto da una bottega all’altra, nell’ostentazione di una discendenza nobiliare che non c’è. Tutti. Operai o Principi. No Global o bancari. Blasé. Razza superiore che dall’alto scruta e giudica – non s’interroga, non pensa. A che serve? Lascio il centro storico medievale e l’arborato cerchio, la passeggiata signorile un tempo percorsa da carrozze e torpedoni, li circumnavigo con calma. E’ sera, non corro il pericolo di essere schiacciata da un tir, posso sfrecciare a quaranta all’ora e dalla cabina del mio Apino gustarmi la quiete, la pioggerella sul parabrezza, quest’aria colorata, falsamente festosa, natalizia. La circonvallazione è un viale alberato stupendo che inanella la città, la separa dal resto e insieme la contiene. Si ha l’impressione che se non vi fosse si sparpaglierebbe tutta intorno - le alte torri come bastoncini Mikado: un po’ qua, un po’ là. Da un lato il fosso, gli spalti erbosi, poi le mura, imponenti, di là le torri, appunto, belle, sfacciate – dall’altro la periferia: estensione tentacolare senza antichità da esibire, sviluppo edilizio primi Novecento, ville Liberty protette da piccoli giardini trascurati, muri in cemento, cancellate arrugginite, parcheggi, piazzali, la stazione, lo stadio, qualche distributore. Più oltre, nell’interno, edicole, farmacie, bar, centri commerciali proporzionati, caseggiati popolari, condomini anonimi, scalcinati, palazzine ricoperte di vetri a specchio, ponti e svincoli autostradali che par d’essere in America, che hanno devastato l’ambiente, non servono a niente e gli indigeni non impareranno mai a percorrere - tracce inequivocabili del boom economico, conseguenza vergognosa di piani regolatori scellerati, abusi, mazzette, appalti miliardari, interessi clientelari – promesse elettorali puntualmente mantenute. Raggiungo la provinciale e vado verso casa: ricomincio a respirare. Allegri e improvvisati alberelli intermittenti nei giardini, campi, tutto intorno le colline: vedo le Pizzorne, dietro me le Apuane, là il Monte Serra che divide il versante Lucchese da quello Pisano… se proseguissi in linea retta arriverei a Firenze. Adoro viaggiare di notte, da sola, se non finisse mai potrei andare in capo al mondo… Spengo il motore, la radio, le luci. Da dentro l’abitacolo guardo verso il mio terrazzo, a lungo, come se vi fosse qualcuno ad aspettarmi – non c’è, non c’è mai stato, eppure, inspiegabilmente, ogni volta è questo quello che faccio. Scendo, entro in casa, accendo la luce. Morghy mi viene incontro, Cleo è già nella ruota. Mi tolgo il cappotto, vado in bagno, mi riprometto di fare l’albero, domani, di dare una pulita – so che non lo farò. E penso. Penso al mio amore lontano. Alle mie amiche lontane. A quello che hanno scritto, fatto. Sorrido. M’infilo il pigiama, entro nel letto, fumo l’ultima sigaretta, spengo la luce, mi giro su un fianco e m’addormento. La vita è intermittenza. Attimi di luce e buio, buio e luce, luce e buio, buio e luce… eterno Natale dell’anima.
|