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Aggiornato Venerdì 21-Dic-2012

 

Mostrami di quanti e quali privilegi ti servi e saprò dove siede il tuo grosso e grasso culo, quante e quali braccia sostengono il tuo governo, sfamano i tuoi figli, vivono o muoiono perché a te occorre, o piace. Una specie di piramide a gradoni. Più si sale e più lo spazio si assottiglia. Ognuno lo sa ma spinge ugualmente verso l’alto, vuol salire, non gli importa il prezzo che dovrà pagare e quello che altri pagheranno a causa sua. Il disprezzo e l’indifferenza seguono leggi fisiche precise – piovono corpi ed escrementi, sempre più giù. Un colpetto col piede e via, ancora più in basso. Chi se ne frega – morte tua, vita mia.

Il 3,3% della popolazione italiana possiede almeno il 45% della ricchezza del paese, il 12% vive al di sotto della soglia di povertà (ma sappiamo che la percentuale è sottostimata). Il 55% della ricchezza se lo contende chi sta nel mezzo: l’84,7% degli italiani sgomita e affila i coltelli – c’è chi li usa. L’aumento degli indigenti accresce le possibilità di accedere alla fetta di torta che rimane, partecipare alla spartizione significa lasciarsi alle spalle quella massa di stupidi e incapaci – che crepino pure, ma lo facciano senza rompere le palle.

Un sistema ampiamente sperimentato nei paesi cosiddetti del terzo mondo o in via di sviluppo, ma ancora imperfetto, da noi. Qui, perché lo diventi, occorre che la base s’infoltisca, ma non troppo, il giusto perché la reazione, se c’è, sia numericamente insignificante, possa essere sedata, spazzata, nascosta sotto il tappeto. Il processo è in corso, comunque. Inarrestabile perché nessuno è disposto a rinunciare a qualcosa, a discutere un’alternativa, rimboccarsi le maniche. Senza potere non ci sono vantaggi, impunità, senza soldi non c'è potere - e chi ne ha un po', poco o tanto che sia, piuttosto che perderlo ammazza o si fa ammazzare. Tutti vogliono tutto, tutti sono disposti a tutto pur di non finire più in basso ed è questo, appunto, che rafforza il sistema. I bisogni (reali o indotti) e l’avidità, lo alimentano, sostengono. Entrambi generano corruzione ed individualismo, ferocia. Tutti arricciano il naso, qualcuno protesta anche vivacemente, poi ognuno fa spallucce, chiude gli occhi, si tura il naso, quindi si serve – si riempie il piatto, arraffa quel che può.

Quanti fra voi sanno cosa significa saltare un pasto, magari due o tre – e non per una dieta? Quanti contano i giorni consapevoli che presto non avranno più l’acqua, il gas, la luce, una linea telefonica per non perdere l’ultimo contatto con il mondo? Quanti sono costretti ad indebitarsi per comprare un pezzo di pane? Certamente non chi è senza lavoro, nessuno concede prestiti a chi non può restituirli. Quanti si guardano intorno con smarrimento, coscienti di essere ad un passo dalla morte civile, consci che nessuno porgerà loro una mano, li tirerà fuori dall’abisso nel quale stanno precipitando mentre la TV parla di ripresa economica, d’incremento dell’occupazione, di articoli di lusso che vanno a ruba, del tutto esaurito nelle stazioni sciistiche, di olimpiadi e concerti alla Scala? Pochi, troppo pochi – e la maggior parte ormai sono solo numeri buoni per le statistiche, ombre acquattate fuori dai negozi, anime scarne, ordinate e silenziose, ricattabili, comprabili, piene di vergogna.

Non solo di barboni, profughi e extracomunitari, alcolizzati e tossici, prostitute e piccoli criminali è fatto l’esercito di derelitti che popola rumoroso ma inoffensivo i vostri incubi. Ci sono anche persone simili a voi ed altre, forse migliori, certamente speciali. Uomini e donne che avrebbero tanto da dare e insegnare, tanto da dire e scrivere – più di chi già lo fa, spesso a sproposito, senza merito, valore.

Il mio compassionevole pensiero, questo Natale, non va solo alle donne di tutto il mondo che valgono meno di un maiale, una mucca o un cammello, che ci vestono e riempiono la tavola di cibi prelibati in cambio di una ciotola di riso o uno stupro, ai bambini e alle ragazze che hanno mani piccole adatte al confezionamento dei nostri inutili gadget, agli esseri umani che costringiamo a procurarci quel che ci occorre per alimentare il nostro assurdo sistema economico, politico e sociale - il mio pensiero, quest’anno, va a quel 12% di cittadini italiani e, soprattutto, a chi si accinge a raggiungerli.

Per gli altri non ho ragione d’essere impensierita – e poi, da qua sotto, quasi non li vedo più.

C. Ricci

 

(9 Dicembre 2005)

 

Perché si scrive un editoriale come questo? Per scuotere - almeno un po', un pizzico appena, poco poco, un minuscolo brusio o anche un urlo di rabbia, contro di me, magari, ma... QUALCOSA! Il silenzio è così assordante - talvolta faccio fatica a sostenerlo.

Sapevo, scrivendolo, che qualcuno si sarebbe sentito offeso, tirato in causa. Bene, significa che "sente" le proprie responsabilità e forse soffre la propria impotenza, non sempre sopporta la propria indifferenza o il proprio individualismo. Chi non si chiama fuori, non dovrebbe arrabbiarsi, offendersi. Non queste belle e non così rare persone punzecchio. Certo, accostare le mie parole a quelle di Ruini, come qualcuno ha fatto, dire che almeno nelle sue vi è un messaggio di pace e speranza che nelle mie non c’è, mi pare un "tantino" fuori luogo, ma... Nessun messaggio di pace o speranza, è vero - come potrei? Non vedo nessuna delle due cose, e non sono affatto ottimista - mi spiace. Opinioni - le mie. Dal basso. Da chi è prossimo a raggiungere quel 12% e vede precipitare la sua vita nell'abisso. Non so per quanto ancora potrò sostenere i costi di una vita a malapena dignitosa, certamente ininfluente. Per quest'anno, almeno, il sito resterà on-line - il prossimo, chissà. Per ancora un po' potrò lavorarci, poi, chissà. Intanto riscaldamento razionato, i pasti saltati ormai sono una consuetudine. Il mio punto di vista, ripeto. Dal basso. So di cosa parlo e a chi mi rivolgo. Conosco gli incubi di cui scrivo, sono i miei, gli stessi di ognuno - che ne abbia consapevolezza o meno. E' la paura e insieme la percezione di una deriva generale che non risparmia nessuno. Non tutti reagiscono allo stesso modo, usano i mezzi che hanno a loro disposizione per non finire in un angolo, non tutti sentono il bisogno di farsi sentire e non tutti hanno qualcosa da dire - non conta che lo si condivida o apprezzi. Non posso far altro. Non ho alcun potere se non quello che le parole, a volte, danno, hanno. Le ho e un po' so usarle - me ne servo, non le spreco. Nessuno parlerà per me se non lo farò io - accidentalmente la mia voce riassume quella di molti, troppi altri. Per me, e per loro - di riflesso, ci metto la faccia, il nome, ogni risorsa, tutta la mia vita - ma il prezzo è davvero altissimo. Nessun eroismo, però - e nemmeno c'è autolesionismo. Avevo ed ho due sole "scelte": starmene zitta e buona, rintanata nel mio buco a morire lentamente, o da qui fare l'unica cosa che posso: scrivere, denunciare, cercare di mostrare una parte, seppur parziale, limitata, di quello che i più non vogliono vedere.

Nessuno sta qua sotto perché gli piace, si diverte, gli conviene - sta qua perché qui si trova e se qui non si trovasse, magari, chissà, riderebbe di quelli come me, li considererebbe degli sciocchi, degli incapaci e, se provassero a scuoterlo, se bussassero alla sua porta con le loro irritanti parole, richieste, li accuserebbe di essere dei rompiballe, degli sterili o distruttivi disfattisti – lamentosi retorici demagoghi a caccia di facili consensi e notorietà. Anche lui penserebbe: "Ma cosa ne sanno di me e dei miei incubi?" e anche lui chiederebbe loro alternative, proposte concrete... Non so gli altri, ma io ce l'ho, naturalmente - facili facili, e senza nemmeno scomodare i singoli o il volontariato.

Sapete quanti soldi risparmierebbe e guadagnerebbe il nostro paese se solo investisse in "moralità", in equità sociale? Il solo ritiro dall'Iraq e un ridimensionamento della spesa militare basterebbero da soli a coprire i costi per garantire a chi ne ha bisogno il minimo indispensabile per non ritrovarsi sulla strada, costretto ad elemosinare o chiedere prestiti per mangiare, pagare le bollette... Occorre che dica perché questi ed altri soldi non si trovano, non ci sono? Perché non s'investe nell'istruzione pubblica dirottando i fondi, già modesti, su quella privata? Occorre che dica che non viviamo in uno "stato di diritto" e che, fatti i dovuti distinguo con altri periodi, siamo governati da un regime (sistema) che ha gli stessi obiettivi e interessi di tutti i regimi che si sono imposti in questa ed ogni altra epoca? Ma non sono uno storico, non sono un sociologo, un politico o chiunque può esibire pezzi di carta, rivendicare ascendenze e appartenenze particolari, elitarie - sono solo un niente, un nessuno, nemmeno un numero per quelle statistiche che, a ragione, mi raggelano. Posso solo dire la mia, finché dura - finché saprò o me lo permetteranno. Posso solo fare domande e non accontentarmi delle risposte "pronto uso" che il sistema ha confezionato per me, per noi. Posso ancora scavare altrove, con le mie mani - e raccontare quello che vedo, scopro, capisco. E' poco? Sì - di più, però, da qua sotto non è possibile. Ecco perché esiste questa zona d'ombra, questo buco nero.

A chi ne è fuori direi una sola cosa: tieni stretto quello che hai e sii onesto per quanto puoi e sai - il mondo, visto e vissuto da qua, è quanto di peggio tu possa immaginare. Risparmiatelo ma, per favore, non chiudere gli occhi, non fingere che io non ci sia, non pensare che il mio unico scopo sia dare fastidio, non chiedermi perciò di smetterla, sparire - fai il bravo: se non puoi aiutarmi, almeno sta zitto, non pigiare col tallone tentando di schiacciarmi sotto la tua personale visione del mondo. Morirò, stai certo - ma permettimi di farlo quando pare a me o al buon Dio, non quando piace a te.

Chissà se sono riuscita a spiegarmi.

 

 

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